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Ciance sparse: reminescenze di una commessa perplessa


Buonasera miei piccoli, bislacchi Spelacchiati, come state? Come butta? Yo!
…Sembro giovane e giovanile? No perché qua ormai sono tutta incartapecorita, mi sembra di avere duecentotrentadue anni. Sarà che nella mia fetida città sono tornati ad esserci quattro gradi, piove, c’è umidità e vorrei solo andare in letargo, non so.
Oggi stavo guardando per la seicentesima volta il telefono in attesa del messaggio dall’Inps in cui mi dicono che mi è arrivata la Naspi, e invece niente. Neanche mia madre che mi manda un messaggio così, per salutarmi. Nada. Il vuoto cosmico. Un cellulare di una tristezza agghiacciante.
E mentre aspetto la Naspi ormai da mesi mi è venuto da ripensare a quando io ero una persona normale e lavoravo, ero una cittadina produttiva e utile alla società.

Perché io me le ricordo, quelle clienti.
Quelle che trasudavano ricchezza. 
Un’aurea di riccaggine, la emanavano proprio dai pori della pelle. 
Io emanavo esaurimento nervoso e psicosi invece.
Arrivavano lì e cominciavano a stendere il collo all’insù, ma tantissimo, reclinando anche un po’ la testa all’indietro per far vedere benissimo orecchini e collana. 
Una posa completamente innaturale che ti veniva da chiedere “signora, ma sta bene? Ha una paralisi? Vuole un massaggio?” perché stendevano sto cazzo di collo fino all’inverosimile, su, sempre più su, fin dove osano le acquile.

Chissà se qualche uccello si è mai posato loro sul naso.

Ma cosa dovrà mai vedere da lì?
Beh loro erano le clienti-brontosauro. 

I Colli Lunghi. 

Dall’alto della loro stesura, che ancora un po’ e cadevano all’indietro, si aggiravano imperiosamente per il negozio guardando solo i cartellini dei prezzi. Sotto i duecentomiliardi di euro non andava bene niente.
“Io voglio solo il meglio.”
“Ahh caspita, noi vendiamo solo il peggio del peggio, pensi un po’, dovrà andare altrove. Ci impegnamo proprio per vendere la merda.”

Però sono anche quelle che dopo aver provato le cose più costose, quelle che tiri fuori dalla vetrina una volta all’anno e preghi che un granello di polvere non si posi proprio lì sopra, allora dicevano “non mi piace, ma già che ci sono compro una cosina per mia figlia” e si pigliavano la bassa bigiotteria. Neanche l’acciaio o l’argento, proprio quelle tre robe orride che avevamo in negozio.

Poi c’erano i Raptor.
Signore che non si capisce bene quali tesori dovesse contenere la loro borsetta a mano ma se la stringevano al petto con così tanta forza che sembrava che avessero delle piccole ali ripiegate al posto delle braccia.
Signora, giuro che non le ruberò la crema idratante per le mani.
Poi cominciavano a correre qua e là per il negozio e saltare sui banconi per cercare noi che ci eravamo raggomitolate lì sotto al riparo…

Poi va beh, loro.

Gli infaticabili simpaticoni.
Ma lei è in vendita?” e giù di grasse risate.
Guardi, io sorrido gentilmente perché non è legale staccarle una falange a morsi, ma se potessi… Se solo potessi….
COGLIONE

I mariti sono una categoria a sé.
Non importa se debbano fare un regalo alla fidanzata per l’anniversario o alla moglie per il centocinquantesimo compleanno, loro non sanno niente.
Non sanno chi sia la loro compagna. Penso non ne conoscano nemmeno il nome, a sto punto.
Benissimo mi dica, cosa stiamo cercando come regalo?”
“Eh, non so… Non saprei mica…”
“Beh ma sua moglie di solito indossa oro giallo? Oro bianco? Possono piacerle delle pietre preziose?”
E ti guardano, spauriti, come se tu avessi parlato in un’antica lingua del diavolo.
Non so proprio…
Okay andiamo per gradi, indossa di più le collane, gli anelli o gli orecchini?”

Occhi vuoti, vacui, stanno rivivendo il Vietnam che non hanno manco vissuto.
“… Andiamo sul sicuro e prendiamo una collanina d’oro con un ciondolo che piace a lei? Sicuramente apprezzerà. Oppure possiamo stare su un sempreverde punto luce, magari una parure collana e orecchini.”
Ormai sono persi, non sanno più cosa stai dicendo, cos’è l’oro? Cosa sono le pietre preziose? Cos’è questo negozio, come ci sono finito?

Categoria a sé la fanno gli anziani
“Signorinaaaaahhh!”
“Un secondo e sono da lei!”
“Signorinaaaaaaaaaaaaaahhhh!”
“Arrivo subito, faccio pagare la signor-“
SIGNORINAAAAAAAAAAAAAAHHHHH

Al che molli l’intera cassa al cliente precedente perché ne hai già pieni i maroni e ti dirigi da ‘sto anziano signore che “devo fare un pensierino per mio nipote, avete qualcosa sotto i sei euro e venti?”
E vorresti solo picchiarlo. Solo quello chiedi alla vita. Ma non potendo farlo ti dai all’autolesionismo.
Regà come credete mi sia venuto tutto quel casino al cervello? Così, cercando di uccidermi dopo una conversazione del genere sbattendo la capoccia contro un bancone.

Ma poi “signorina” cosa, cosa cazzo vuoi, COSA C’EEEEEEE? Oppure, peggio ancora, quelli che per chiamarti fischiano. Io non ho mai avuto l’ardore di farlo ma mi sono sempre ripromessa “al prossimo che fischia io canto e vediamo che bel duetto viene fuori.”

Va beh non terrò conto dei genitori con prole al seguito che se ne sbattono altamente le natiche di cercare di dare un’educazione ai marmocchi quindi lasciano che quelli spiaccichino completamente la faccia sui vetri, li lecchino, tocchino ogni vetrina possibile -tanto mica deve pulire lei DOVE HO PULITO TRENTA SECONDI FA– e ficchino pure le mani nelle vetrine appena le apro.

Ma piccoli lestofanti, volete vedere come si rimane monchi? Così, fallo di nuovo, metti quella tua manina qua dentro e prova a prendere un anello mentre servo la signora, PROVACI DI NUOVO. P R O V A C I. 
“Eh sono un po’ vivaci!”
Eh lei è un po’ una testa di cazzo, chissà da chi hanno preso! Ma tranquilla che ci penso io, un solo gesto secco e via un po’ di ossa del metatarso, lasci fare.

Insomma, questi meravigliosi ricordi me li porterò con me nella tomba, penso che non potrei mai dimenticarmi il nervoso che la clientela riusciva a farmi salire; e infatti ho avuto una crisi epilettica a lavoro, chissà come mai. CHISSA’.
E voi invece? Nuovi avvincenti racconti su clienti deficienti o altamente bislacchi ne avete? Narratemi tutto che mi fate schiattare con i vostri commenti, mi ribalto ogni volta; se sono con Mr Batterino mi guarda un po’ stranito e ormai mi chiede “è il blog?” e io annuisco solamente. Tra l’altro Mr Batterino sa dell’esistenza di questo blog ma nient’altro, non ha accesso a questo luogo di perdizione in cui mi sento libera come un fringuello di dire scemenze. Nessuno saprà mai di questo posto meraviglioso, è il mio luogo segreto di benessere.
Bene ragazzi, lascio la palla a voi e come sempre
HASTA LA PASTAAAAAAAA

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Autore:

Simpatica come una piaga da decupito e fine come un babbuino che si gratta il sedere. Se vi va di scambiare quattro chiacchiere, mandarmi mail minatorie o proporre una bevuta insieme: pensierispelacchiati@gmail.com

9 pensieri riguardo “Ciance sparse: reminescenze di una commessa perplessa

  1. Io ti adoro Sara. Io mi scaravento giù dalla sedia ogni volta. Davvero, ti prego, scrivi queste perle e pubblicale in un libro. Una raccolta di racconti comici. Per favore, per il bene dell’umanità che sa ancora cosa vuol dire farsi due risate con delle battute intelligenti. Mi ricordo quando parlavi di queste “signore” (le vecchie) 😂
    Complimenti per aver tollerato tutto questo anche quando stavi messa peggio 👏🏻 Ti devono dare il nobel 🏆 per aver mantenuto la pace quando c’era da uccidere tutti.
    Sara, sei mitica 🫶🏻
    Tantieee care cosiness, buona seratasss 💃🏻

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  2. Ehhh, la mia compagna lavora a contatto con la gggente vera, quindi te ne potrebbe raccontare di ogni! A me la prima cosa che viene in mente è che lei spesso fornisce indicazioni molto precise a questi analfabeti funzionali circa dove devono andare ed essi… se ne vanno da altre parti! Del tipo, lei dice di andare a destra e prendere l’ascensore, loro vanno a sinistra e si ficcano nei bagni! Cosette così… 😉

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  3. Ma questi mariti non cercano il regalo, cercano una persona che scelga il regalo al loro posto.
    SIGNORINAAAAAAAAAAHHH è praticamente un meme!😂
    Non faccio un lavoro propriamente aperto al pubblico, ma mi sono pisciata sotto quando, nel periodo Covid, arrivavano questi distinti signori che con maschio vigore davano una bella zampata virile al dispenser del disinfettante e questo, risentito, gli sparava un getto di disinfettante dritto, dritto sulla giacca. Poi erano tutti occhioni supplichevoli in cerca di rassicurazioni sui possibili rimedi alle loro giacche sputazzate, ma ehi ben vi sta, non si maltrattano i dispenser!

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  4. A sto giro ho rischiato di farmela addosso dalle risate! 🤣😂🤣 Anch’io lavoro a contatto con il pubblico, soprattutto al telefono, e siccome l’ambito è la cremazione, ti lascio immaginare le perle.

    Te ne racconto una a mo’ di esempio: “Signorina, io NON voglio essere cremato, come faccio?”.
    “Niente, lo dice con i suoi parenti ed è a posto”.
    “Non mi fido. Perché io li ho visti i forni, erano nelle viscere dell’ospedale, mi hanno portato, ma io mi sono ribellato e mi hanno riportato su, in camera”.
    “No, guardi, non è possibile. I forni all’ospedale non ci sono”.
    “MA IO LE DICO CHE LI HO VISTI!”
    Ecco… Questo è il genere di assurdità che ogni tanto tocca gestire. 🙄
    PS: comunque, se scrivi un libro, hai già una lettrice. Io. 💖

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  5. Racconto divertente e dato che anch’io ho esperienza avendo avuto da gestire 2 profumerie che per 18 anni mi hanno tolto il sonno.Capisco la situazione ed ero molto paziente per cui mi rodevo il fegato tutti i giorni e ne avrei da raccontare perché oltre la profumeria avevo il banco bijoux , cosmetica, calze e collants, lingerie osé e pelletteria, insomma avevo da passare il tempo oltre a stare tutti i giorni a lucidare e pulire .Avere da fare con la gente e controproducente per i nervi e la salute mentale😤.Hai descritto veramente come certa gente ci distrugge in un nano secondo…Mi sono ricordata aneddoti che se li raccontassi non ci crederesti, hanno dell’ assurdo… Grazie per le risate … Buona Notte 🥰👍🌹!

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