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Craniotomia, solitudine e libri belli

Buonasera miei cari spelacchiati, come state?

Io ultimamente mi sento un po’ accartocciata. Un fiore rattrappito. Una carta accartocciata.
Abemus ultima parola sul mio cavernoma, Anselmo, che risiede nella mia capoccia: è da rimuovere tramite craniotomia; ho sentito tre neurochirurghi diversi, e mentre uno si è dimostrato veramente antipatico e con un parere discorde, gli altri due non hanno avuto dubbi: sono giovane e quasi sicuramente Anselmo mi provocherà altre emorragie cerebrali nel corso della mia vita. E la prossima volta potrei non essere così fortunata da non riportare deficit.
Quindi DAJE, prendete l’apriscatole che la mia capoccia è la vostra scatoletta di tonno!

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Come sto affrontando questa cosa?
Principalmente piangendo, in secondo luogo bestemmiando in maniera particolarmente colorita; devo ammettere che mi escono imprecazioni di cui vado abbastanza fiera.

Vorrei essere una di quelle donne super power, una che non vede l’ora di farsi togliere Anselmo per metterlo in un barattolo sul comodino e fargli un dito medio tutte le mattine, e invece io mi ritrovo ad avere la nausea mangiando una mora sulla mia brioche ai frutti di bosco; perché, per chi non lo sapesse, un cavernoma ha la forma esatta di una mora.

Ma diciamo che si tira avanti, anche se il Batterino non c’è perché è all’estero a suonare e quest’estate ci stiamo vedendo veramente poco, anche se le sedute con la psicologa mi riducono in una poltiglia di mascara colato (non so perché io mi ostini a truccarmi quando vado in terapia), anche se i miei amici non sanno cosa dire e finiamo sempre con il parlare di loro e dei loro problemi perché ovviamente non si ferma il mondo solo perché io verrò operata al cervello. 

Ma ora basta piagnistei, che è sta roba, qua dovrebbero essere servite cose cretine e non lamentele, dunque balziamo su altri argomenti come delle rane balzano dove pare a loro.

Domani comincerò a lavurà in gioielleria, sono aperte le scommesse: quanti disastri combinerò in sole quattro ore? Secondo me come minimo venticinque. Mi immagino già io che inciampo e finisco con la testa in una vetrina, o io che mostro orologi di cui non so niente e li faccio cascare per terra.
“No no era tutto voluto, vede? Nemmeno un graffio sul vetro!”

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Sto finendo “Alta fedeltà” di Nick Hornby e devo dire che mi ha tirato fuori a forza dal blocco del lettore.
Il protagonista, Rob, è così da prendere a sberle che non potevo mettere giù il libro: necessitavo di una scena in cui venisse preso a pugni da qualcuno. Non vi dirò se questa cosa succeda o meno, però Rob, Madonna mia, anche meno.
Lui ha trentacinque anni e un negozio di vinili, ed è una rottura di balle vivente:I Genesis gli fanno schifo, i Pink Floyd li odia, i Nirvana sono sopravvalutati, è in crisi esistenziale e per cercare di stare bene fa stare male gli altri; non so Rob dicci tu, andiamo al Jova Beach Party e siamo tutti felici? No, così, per sapere.

Poi è un pezzo di sterco pure con chiunque gli stia intorno, con i suoi amici, con le donne con cui esce, con la sua povera ex ragazza di cui è ancora innamorato ma non sa come affrontare i suoi sentimenti, perfino con i clienti che entrano nel suo negozio riesce ad essere altezzoso e antipatico.

Però porcaccia la miseria, questo libro non si può mettere giù perché scorre come l’acqua di una fontana in estate, e ci sono delle frasi bellissime, e Rob sa di essere una capra sottoforma di essere umano quindi torna in contatto con le sue ex solo per farsi dire cosa andava e cosa non andava e capire come migliorare. Quindi sì, è una persona fastidiosa, però in un certo senso gli si vuole pure bene. Mannaggia a lui.

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Certo, c’è una parte sulla morte che leggere in questo preciso momento della mia vita mi ha fatto annodare lo stomaco in maniera piuttosto violenta, però miei cari spelacchiati io questo libro non posso che consigliarvelo.

Detto ciò vado a cercare di dormire (in realtà continuerò ad ascoltare Nek fumando la mia sigaretta elettronica) che domani devo vendere gioielli.
Come sempre lascio la parola a voi, miei prodi.

Hasta la pasta.

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Tag: 25 domande sui libri!

Ma buongiorno miei cari (o economici, devo ancora capirlo) Spelacchiati, come va? Come state? Sentite odore di libertà vigilata? Avvertite la Fase 2 nell’aere? Sentite anche voi quel senso di “non cambierà un cazzo ma con un nome diverso“? Anche voi vi domandate tra quanto si tornerà alla fase 1 perché nessuno sarà in grado di mettere in atto le regole di igienizzazione e distanziamento?
Ma magari mi sbaglio ragazzi, magari sono solo una bisbetica malpensante (quelle poche volte che penso penso pure male, che disgraziata che sono).
Vorrei prima di tutto ringraziarvi dal più profondo del mio cuoricino nero e duro come la pietra perché i vostri commenti sotto l’ultimo post oltre a farmi morire dal ridere mi hanno rincuorata molto: non sono l’unica che punta all’estinzione dell’umanità! Grandi. Vi amo.

Oggi vi beccate un tag libresco grazie a Il Blog di Tony che mi ha very gentilmente taggata e che ringrazio assai!

tag sui libri

Regole:

1- Nomina almeno 5 blog a cui fare le domande. 

2- Cita sempre chi ha creato il Book Tag: Racconti dal passato. 

3- Nomina e ringrazia il logo che ti ha nominato

4- Usa come immagine quella sopra

E ora vi sorbite le mie risposte!

  1. Come scegli i libri da leggere?
    Come per le bacchette, non è il lettore a scegliere il libro, è il libro a scegliere il lettore… O almeno a me spesso sembra sia proprio così, quando me ne sto davanti alla libreria per decidere cosa leggere ripenso alle trame e seguo l’ispirazione che mi coglie sul momento.

2. Dove compri i libri: in libreria o on-line?
Io i libri li compro ovunque, onestamente. Libreria, online, bar delle stazioni, bancarelle, negozi dell’usato con la sezione libri, eventi libreschi, potessi comprarli anche dal panettiere e al bar lo farei (e poi finirei effettivamente sotto ad un ponte).

3. Aspetti di finire la lettura di un libro prima di acquistarne un altro oppure hai una scorta?
*Ride istericamente con un tic all’occhio*
Ragazzi, io sono come uno scoiattolo con le ghiande, accumulo libri nella mia tana come fanno questi roditori con le ghiande.
Non so se mi basterà una vita a leggere tutti quelli che ho accumulato e che continuerò comunque imperterrita ad accumulare.

4. Di solito quando leggi?
Non ho un vero momento da lettura ultimamente, se il libro mi prende molto la domanda giusta è “quando non leggi?”. In genere primo pomeriggio e tarda serata sono appuntamenti fissi coi libri, poi con la mia simpatica insonnia a volte sto su tutta la notte.

5. Ti fai influenzare dal numero delle pagine quando compri un libro?
Assolutamente sì, quando si tratta di libri le dimensioni contano.
Mi piace leggere romanzi molto lunghi così mi ci posso immergere come se fosse una Jacuzzi, e parlando di pecunia mi sembra più sensato spendere grano per un libro di ottocento pagine che per uno di duecento.
Sara dePaperoni, piacere.

6. Genere preferito?
Forse classici, ma leggo tutto ciò che non siano romanzi rosa e young adult.

7. Hai un autore preferito?
No ma i primi autori che amo che mi vengono in mente sono Paul Auster, J.R.R.R.R.R.R.R.R Tolkien e Donna Tartt.

8. Quando è iniziata la tua passione per la lettura?
Mmh.
Non lo so. Non riesco a pensare a un momento della mia vita in cui non ci fossero libri o fumetti con me, grazie ai miei genitori. Partendo da quei libretti quadrati delle fiabe, passando per Topolino e Geronimo Stilton, sbarcando su Harry Potter e poi prendendo il volo con tutto il resto.

9. Presti libri?
Lasciamo perdere, va.
STO ANCORA ASPETTANDO CHE ME NE TORNINO DUE, MIEI VISCIDI AMICI

10. Leggi un libro alla volta oppure riesci a leggerne diversi insieme?
Sono una mente troppo semplice (leggasi: stupida) per leggerne più contemporaneamente a meno che non siano generi completamente diversi (tipo una biografia e un romanzo, o non fiction in generale e fiction).

11. I tuoi amici/familiari leggono?
Mia mamma leggeva molto, e anche mio nonno. Nessun altro però, quindi non capiscono la mia passione ma la assecondano. Come si fa con i pazzi.

12. Quanto ci metti mediamente a leggere un libro?
Non ho una media, dipende da duemila fattori, tipo il mio umore e quanto mi prende il libro. Posso metterci mezza giornata come due mesi.

13. Quando vedi una persona che legge, ad esempio sui mezzi pubblici, ti metti immediatamente a sbirciare il titolo del suo libro?
Assolutamente sì, e se approvo elargisco sorrisi e magari pure qualche commento sul libro, altrimenti mi limito a scuotere mestamente la testa.
Nel periodo di “50 sfumature di grigio” o “After” avevo sviluppato tantissimo i muscoli del collo, ero diventata un toro.

14. Se tutti i libri del mondo dovessero essere distrutti e potessi salvare uno soltanto quale sarebbe?
Non so se potete capire il panico in cui mi gettano domande come questa.
Io dico la saga di Harry Potter sia perché ha un valore affettivo ENORME sia perché c’è di tutto in quella saga e mi sembra di poterla rileggere all’infinito.

15. Perchè ti piace leggere?
Perché sono un’asociale, misantropa, perennemente infastidita dal mondo che mi circonda e dalla gente ordunque mi rifugio nel mondo dei libri.

16. Leggi libri in prestito (dagli amici o dalla biblioteca) o solo libri che possiedi?
Biblioteca compagna di una vita. Con i libri di amici vivo con il terrore di rovinarli (non che gli altri si pongano questo problema con i miei, di libri. Grrr.) ma è sempre un dramma riportare indietro quelli che mi sono piaciuti.

17. Qual è il libro che non sei mai riuscito a finire?
I Pilastri della Terra.
Ragazzi… che due maroni.
Prima o poi lo finirò ma cazzo tre volte l’ho iniziato e tre volte l’ho mollato prima di pagina duecento con le balle cadute al pavimento.

18. Hai mai comprato un libro solo perché aveva un bella copertina, e cosa ti attrae in una copertina di un libro?
Quando ero una ragazzetta che leggeva young adult sì, le copertine più cupe mi attiravano come una lampadina attira le falene, ora che devo gestire le mie finanze in maniera oculata e oculistica non posso permettermi di comprare strunzate.

19. C’è una casa editrice che ami particolarmente e perché?
Mmh. Vorrei leggere tutto il catalogo Adelphi, quindi direi quella.

20. Porti i libri dappertutto (ad esempio in spiaggia o sui mezzi pubblici) o li tieni al sicuro dentro casa?
Purtroppo li porto ovunque per poi pentirmene quando in qualche modo finisco col rovinarli, mannaggia a me.

21. Qual è il libro che ti hanno regalato e che hai gradito maggiormente?
L’edizione della Mondadori diviso in tre libri de I Miserabili, forse. Ma anche Shantaram da mia sorella e Cara Zelda, Carissimo Scott

22. Come scegli un libro da regalare?
Adoro regalare libri ma è molto difficile; se io e il festeggiato abbiamo gusti simili gli regalo qualcosa che a me è piaciuto tanto (“Dio di illusioni” di Donna Tartt l’ho regalato più volte, sempre molto apprezzato) se no cercando di seguire le sue passioni.

23. La tua libreria è ordinata secondo un criterio, o tieni i libri in ordine sparso?
Come ogni cosa nella mia vita è lasciata completamente allo sbando.

24. Quando leggi un libro che ha delle note, le leggi o le salti?
Dipende. Da che dipende? Da che punto guardi il mondo tutto dipendeeee
Scusate, volevo dire che dipende da un po’ di fattori: quanto sono lunghe le note? Quanto sono importanti ai fini della lettura? Ho voglia in questo momento di stoppare l’azione nel libro?

25. Leggi eventuali introduzioni, prefazioni o postfazioni del libro o le salti?
In genere le leggo a meno che non siano pipponi autoreferenziali dell’autore delle prefazioni/postfazioni.

Voilà, madames et monsieurs, spero di non avervi annoiata e che queste domande! Invece di taggare cinque blog io taggo chiunque abbia voglia di farlo, sia qui sotto nei commenti che sul vostro blog, in caso ovviamente linkatemi il vostro post che sono curiosa delle vostre risposte!
Alla prossima, Spelacchiati!

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Autoregali libreschi

Bom, ve la butto qui così questa foto delle mie zampette ricoperte da libri fighi.
Sono quattro autoregali che mi sono fatta per il mio compleanno, libri che volevo da una vita e che e che al momento (fino al 30 giugno) saranno disponibili -insieme a tutto il catalogo tascabili- col 25% di sconto in tutte le librerie che vendono Einaudi.
BUTTATEVI A CAPOFITTO, MIEI PRODI, e soprattutto fatemi sapere cosa comprerete!

  • Infinite Jest, di David Foster Wallace:
    Sono a pagina 50, è un libro stranissimo. Non avevo mai letto nulla di Wallace, ho voluto iniziare col botto: devo abituarmi perché è destabilizzante, ma mi sta stregando.
    “In un futuro non troppo remoto e che somiglia in modo preoccupante al nostro presente, la merce, l’intrattenimento e la pubblicità hanno ormai occupato anche gli interstizi della vita quotidiana. Le droghe sono diffuse ovunque, come una panacea alla noia e alla disperazione. Finché sulla scena irrompe un misterioso film, Infinite Jest, cosí appassionante e ipnotico da cancellare in un istante ogni desiderio se non quello di guardarne le immagini all’infinito, fino alla morte. Nella caccia che si scatena attorno a questa che è la droga perfetta finiscono coinvolti i residenti di una casa di recupero per tossicodipendenti e gli studenti di un’Accademia del Tennis; e ancora imbroglioni, travestiti, artisti falliti, giocatori di football professionistico, medici, bibliofili, studiosi di cinema, cospiratori.”

  • L’Arminuta, di Donatella di Pietrantonio:
    Ragazzi, l’ho finito in un giorno e mezzo.
    Adoro il modo in cui è scritto, come la Pietrantonio accosta le parole nelle frasi riuscendo a evocare tanto con poco.
    Ci sono romanzi che toccano corde così profonde, originarie, che sembrano chiamarci per nome. È quello che accade con “L’Arminuta” fin dalla prima pagina, quando la protagonista, con una valigia in mano e una sacca di scarpe nell’altra, suona a una porta sconosciuta. Ad aprirle, sua sorella Adriana, gli occhi stropicciati, le trecce sfatte: non si sono mai viste prima. Inizia così questa storia dirompente e ammaliatrice: con una ragazzina che da un giorno all’altro perde tutto – una casa confortevole, le amiche più care, l’affetto incondizionato dei genitori. O meglio, di quelli che credeva i suoi genitori. Per «l’Arminuta» (la ritornata), come la chiamano i compagni, comincia una nuova e diversissima vita. La casa è piccola, buia, ci sono fratelli dappertutto e poco cibo sul tavolo. Ma c’è Adriana, che condivide il letto con lei. E c’è Vincenzo, che la guarda come fosse già una donna. E in quello sguardo irrequieto, smaliziato, lei può forse perdersi per cominciare a ritrovarsi. L’accettazione di un doppio abbandono è possibile solo tornando alla fonte a se stessi. “
  • 4,3,2,1 di Paul Auster:
    “A volte per raccontare una vita non basta una sola storia. Il 3 marzo 1947, a Newark, nasce il primo e unico figlio di Rose e Stanley: Archie Ferguson. Da questo punto si dipanano quattro sentieri, le quattro vite possibili, eppure reali, di Archie. Campione dello sport o inquieto giornalista, attivista o scrittore vagabondo, le sue traiettorie sono diverse ma tutte, misteriosamente, incrociano lei, Amy. Paul Auster ha scritto una sinfonia maestosa suonando i tasti del destino e del caso: un libro che mette d’accordo Borges e Dickens, un’avventura vertiginosa e scatenata, unica e molteplice come la vita di ognuno. “
  • Walden, Vita nei Boschi, di Henry David Toureau:
    “Nel luglio 1845 Henry Thoreau, a ventotto anni, lascia la sua città natale e va a vivere sulle rive del lago Walden, in una capanna da lui stesso costruita, e vi rimane oltre due anni. Nella quiete dei boschi coltiva il suo orto, legge, osserva gli animali, passeggia nella natura o fino a qualche villaggio vicino, scrive, fa piccoli lavori in casa, nuota. Thoreau vuole “marciare al suono di un tamburo diverso” e cerca la libertà immergendosi nei ritmi della natura. Testo seminale della consapevolezza ambientalista e caposaldo della controcultura americana, “Walden” è il resoconto autobiografico di questo esperimento di vita solitaria, la cronaca quotidiana di un ritorno alla semplicità, una dichiarazione d’indipendenza dalla pochezza morale di una società dedita all’accumulazione di ricchezza.”

E per chi cerca smalti che non costino un patrimonio ma che durino parecchio senza sbeccarsi alla prima occasione io mi sto trovando alla grande con quelli di Naj Oleari: 8 euro, colori classici e bellini più qualche colore pazzerello, e siamo a posto per l’estate.

Voi cosa state leggendo invece, ragazzuoli miei?

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Tag, “se fossi..?” Intelligente? Eh, bella domanda.

Buongiorno spelacchiatini e spelacchiatine, come state?
Oggi vi propongo un tag che, perdonatemi, non ho idea di dove io abbia pescato. Ce l’avevo tra le bozze da un millennio, in caso sappiate chi l’ha inventato ditemelo pure che lo aggiungo subbbbito.
Volevo ringraziarvi, miei romano prodi perché i vostri commenti ai miei post sono sempre azzeccati, a tema, ispiranti e di enorme consolazione e appoggio per me. Insomma, siete gli spelacchiati del mio cuoricino.
Passiamo al tag prima di diventare troppo smielati, va, che non è una cosa da me.

  • Se fossi un oggetto da collezione? Probabilmente sarei una biglia: assolutamente inutile e di scarsissimo valore, rotonda, con cui si può giocare. Poi si dice “sei stupida come una biglia”, niente di più appropriato.
  • Se fossi una pietra? Un normalissimo ciottolo. Grigio, ruvidino, mimetizzato nell’ambiente.
  • Se fossi una musica? Una lagna, quindi qualunque cosa di Calcutta.
  • Se fossi una canzone? Di recentissimo mi è stata dedicata “Sweet but Psycho”. Fate voi.
  • Se fossi un fiore? Non ne ho idea, probabilmente sarei un’erbaccia, di quelle difficili da estirpare. 
  • Se fossi un giorno? Mi è sempre piaciuto il mercoledì, ma probabilmente sarei un lunedì: una giornataccia che non vedi l’ora passi.
  • Se fossi un mese? Ottobre.
  • Se fossi una stagione? Autunno. Parigine, gonne, maglioni… il mio outfit preferito.
  • Se fossi un film? “La verità è che non gli piaci abbastanza”. evvaffanculo
  • Se fossi un libro? La Bibbia. Nah, non è vero. Forse “Ragazzo da parete”.
  • Se fossi un cibo? Probabilmente una pizza, un po’ bruciacchiata ai bordi aggiungerei.
  • Se fossi un animale? Un pinguino, ovviamente.
  • Se fossi una città? Friburgo, Germania. Solo perché mi è piaciuta tanto, è piccolina, molto verde e c’è un sacco di birra a poco prezzo.
  • Se fossi una parte del corpo? Sarei un gomito, senza alcun dubbio.
  • Se fossi un gesto? Sarei un dito medio.
  • Se fossi uno strumento sarei un theremin; lo conoscono in pochi e lo sanno suonare in dieci probabilmente.
  • Se fossi un’emozione? ANSIA&PREOCCUPAZIONE.
  • Se fossi un odore? La puzza di chiuso di una stanza in cui non entra nessuno da almeno quindici anni.
  • Se fossi un indumento? Calze autoreggenti, senza dubbio.
  • Se fossi un evento atmosferico? Sarei uno sharknado.
  • Se fossi un accessorio? Mah, penso che sarei un orecchino.
  • Se fossi un’orario? Sarei le due di notte.
  • Se fossi un personaggio storico? Maria la Sanguinaria.
  • Se fossi un’articolo di arredamento? Mah. Forse una lampada da terra, di quelle vintage.
  • Se fossi un animale marino? Oh, questa è facile: sarei un tricheco o un dugongo, senza dubbio
  • Se fossi un uccello? uno struzzo
  • Se fossi un numero? Lo zero, come Renato.
  • Se fossi un personaggio di una serie tv o un film? Sarei un personaggio alcolizzato, vagamente saggio. Forse Tyrion Lannister o qualcosa del genere.

Che dite, sono stata abbastanza seria?
Sto cercando di aggiornarmi ora che WordPress è cambiato ma sto facendo una fatica incredibile a capire tutto quanto, sento la vecchiaia che incombe su di me. Voi fatemi sapere se il tag vi è piaciuto e se viv va rispondete a tutte o a qualche domanda, così ci conosciamo tutti meglio!

Alla prossima!

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Librando: L’incubo di Hill House, Shirley Jackson

Bene, penso mi trasferirò a Torino in pianta stabile. 
Potete già chiamarmi Sara Ronaldo, conto di accaparrarmelo nel giro di sei mesi di stalking selvaggio. Sarò la sua ombra.
Per chi si fosse perso la notizia visto che ne hanno parlato solamente tutti i giornali, telegiornali e praticamente ogni persona sulla faccia della Terra, Cristiano Ronaldo è passato alla Juventus.
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Io preparo le ovaie.

Parlando di cose vagamente più serie&interessanti… Libri. Anzi uno solo, di libro.
Era da tantissimo che non finivo un libro in due giorni netti. ShirleyJack.jpgSì, avrei dovuto studiare come una pazza in questi due giorni netti (ciao Linguistica Inglese B) e invece ho passato ore e ore a Hill House ad ascoltare risatine sommesse, fruscii nel bosco e porte che nel cuore della notte sbattono come se qualcuno stessecercando di buttarle giù.
Di cosa sto parlando? Del romanzo di Shirley Jackson, il famoso “L’incubo di Hill House“.

Trama:
Chiunque abbia visto qualche film del terrore con al centro una costruzione abitata da sinistre presenze si sarà trovato a chiedersi almeno una volta perché le vittime di turno non optino, prima che sia troppo tardi, per la soluzione più semplice – e cioè non escano dalla stessa porta dalla quale sono entrati, allontanandosi senza voltarsi indietro. A tale domanda, meno oziosa di quanto potrebbe parere, questo romanzo fornisce una risposta. Non è infatti la fragile e indifesa Eleanor Vance a scegliere la Casa, prolungando l’esperimento paranormale in cui l’ha coinvolta l’inquietante professor Montague.
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Io di romanzi horror, mi duole ammetterlo, ne ho letti pochini per ora. Un po’ di Stephen King, un po’ di Lovecraft, qualcosina di Wulf Dorne (che non mi piace per niente), e qualche romanzo dimenticabile regalatomi di tanto in tanto; già con la mia scarsa conoscenza però posso dire he questo romanzo è molto diverso dagli horror più comuni.
Le persone a cui L’incubo di Hill House non è piaciuto dicono “non fa paura, non succede niente”. E hanno ragione, succede ben poco di terrificante. Quasi niente sangue, zero scene cruente, niente mostri né apparizioni improvvise.

Ma ugualmente io, per citare Aldo, Giovanni e Giacomo, “mi stavo cacando sotto.”

“Cosa?”

“Mi stavo cacando sotto!!”

Lo leggevo con l’ansia addosso, come se fossi anche io in quella casa dagli angoli storti, le pareri impercettibilmente inclinate, zone in cui fa cosi freddo che Pingu levate, in quella casa che ti osserva, ti segue e rimane in attesa, pronta a colpire. È un libro basato sulle atmosfere: porte che lasci aperte con mobili a tenerle ferme e ritrovi chiuse, rumori lugubri, una domestica che definire inquietante è un mero eufemismo… Insomma, di cose per fare pauricchia ci sono, ma penso che moltissimo faccia anche la scrittura della Jackson che con un lessico torbido e uno stile non troppo arzigogolato riesce a fare miracoli.

Per dire quanto mi abbia coinvolta vi dico che l’altro giorno me ne stavo sdraiata sul divano immersa nella lettura quando il mio stupido cane ha fatto cadere la scopa all’improvviso: ho fatto un balzo di almeno venti centimetri, ancora un po’ e finivo attaccata al soffitto come Spiderman.
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Arresto cardiaco sventato per miracolo.

Mi ha ricordato un po’ “Annientamento” perché  per tutto il romanzo noi seguiamo Eleonor e la sua percezione della realtà, percezione che però sembra diventare sempre meno affidabile man mano che la casa si manifesta, un po’ come la ricercatrice della trilogia X.

Passiamo ad un po’ di spoiler cosi chi l’ha letto può dirmi la sua.

A me il finale è piaciuto TANTISSIMO.
So che ci sono diverse interpretazioni, ma quella che mi piace di piu e a cui sono arrivata da sola, quindi la piu naturale per me, è che Eleonor sia lo spirito della casa, lo sia sempre stato e sempre lo sarà. Una Eleonor a-temporale, murata viva come suora in passato e murata viva adesso -metaforicamente- in casa con la madre malata, fuori dal mondo, incapace si adattarsi alla vita con altre persone. Strana, infetta anche lei, condannata a quella casa e salvata da quella casa che le offre finalmente un posto tutto suo.

Theodora e Luke premio “persone più fastidiose del mondo” edizione 2018. Lei è una roba insostenibile. Corre, ridacchia, strilla, fa battute deficienti… Ma un valium? Un po’ di xanax? Un cappio al collo e un saltino giù dalla torre?

Non mi è ben chiaro il ruolo della domestica in tutto questo. Perché è così fissata con gli orari? Perché parla solo con la moglie del professor Montague? Perché rabbrividisce nel sonno quando succedono cose a Hill House? 

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Bene, vado a cercare casa a Torino, alla prossima, spelacchiati! Voi fatemi sapere se l’avete letto, se l’avete divano, se volete leggerlo o se avete altro della Jackson, io credo che alla prima occasione mi comprerò Lizzie e La Lotteria.

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Breve aggiornamento e libro in lettura!

Ma quanto è bello stare in casa in biancheria intima con il condizionatore a mille mentre fuori fa così caldo che anche il sole sta sudando? Posso passare così tutta l’estate?
Stasera invece dovrò vestirmi, e anche decentemente perché -rullo di tamburi- ho un appuntamento. Un quinto appuntamento, per la precisione. Con la stessa persona, ovviamente.
Andremo in un ristorante super elegante, se sentite qualcuno urlare “ansia” a squarciagola correndo su e giù per la strada… sarò io. 

Va beh. Terrò per me tutte le paranoie che mi stanno assalendo e condividerò con voi la mia lettura del momento, invece: “La cena” di Herman Koch. Esatto, finalmente lo sto leggendo! Tra l’altro per il mio compleanno me l’hanno regalato due persone diverse quindi ora ho due copie, entrambe con una dedica super carina quindi nope, non ne venderò una. 
Mi sta piacendo tanto, è scritto moooolto bene e il modo in cui si sente la tensione salire pagina dopo pagina mentre ci si avvicina al clou del romanzo fa capire quanto la sua scrittura sia stata studiata al dettaglio. E bravo Ermanno!
Ah, se volete leggerlo… NON LEGGETE LA TRAMA DA NESSUNA PARTE, MEN CHE MENO IN QUARTA DI COPERTINA. Fossi nel signor Koch mi incazzerei a bestia perché spoilerano tutto in due righe.
Limitatevi a sapere questo: “Due coppie sono a cena in un ristorante di lusso. Chiacchierano piacevolmente, si raccontano i film che hanno visto di recente, i progetti per le vacanze. Ma non hanno il coraggio di affrontare l’argomento per il quale si sono incontrati: il futuro dei loro figli.

Basta, torno a studiare tedesco come se non ci sia un domani perché l’esame si avvicina galoppando e io ancora non so come minchiazza declinare gli aggettivi. 

Hasta la vista!