Le notti bianche, Fedor M. Doevstoevskij
Sempre siano lodate le edizioni da 0,99 centesimi della Newton Compton. Ammettete di avere una carrellata di quei libricini, tanto anche se negate nessuno vi crede. Menzogneri.
Insomma, proprio di questa economicissima edizione sono entrata in possesso perché la poracceria non è morta (altro che cavalleria, che ormai è sepolta).
Per la rubrica “cose inutili”, trovo molto azzeccata ed evocativa anche l’unica immagine presente nella copertina: una panchina vuota. Brava Newton Compton.
Trama: “Le notti bianche”, un romanzo brevissimo -appena centocinquantaquattro pagine in questa particolare edizione- ma denso di significati, di concetti, di solitudine e di amore.
Il protagonista è un sognatore, un uomo solo, un pensatore anonimo; incapace di relazionarsi e di mantenere le amicizie, il nostro personaggio incontrerà un giorno una giovane donna che lo farà capitolare dal primo istante: superando la sua timidezza estrema infatti entra in contatto con la donna e i due diventano subito amici; iniziano così le loro notti bianche, notti passate a parlare del loro passato e del loro futuro, di amore e di delusione, notti di speranza e di passato.
E’ il momento delle confessioni: non avevo mai letto nulla di Dostoevskij. Shame on me, lo so, ma recupererò visto che il mio primo approccio con lui è andato così bene.
Devo dire che il caro Fedor ha uno stile incredibilmente piacevole, con poche righe ti fa entrare non solo nel “mood” del romanzo ma rende subito chiari i tratti principali dei personaggi.
Essendo io una persona che di sociale e socevole ha ben poco mi sono ritrovata a capire e compatire il protagonista sconosciuto, il quale si ritrova a rendersi conto di tutto quello che gli è mancato per anni. Una donna, un’amore, una compagnia…
E proprio quando si abitua a tutto questo, quando si aggrappa all’idea di aver finalmente trovato tutto quello che gli era sembrato irraggiungibile… Nansten’ka gli viene portata via, e con lei tutta la felicità e le speranze che aveva portato nella vita del sognatore, che ora tornerà alla San Pietroburgo della fantasia.
Riflettendoci sono arrivata a pensare che forse uno dei punti di forza di questo romanzo è il fatto che il lettore può riconoscersi, ad un certo punto della storia. Io mi sono ritrovata nel protagonista, ma ho riconosciuto il dolore della perdita che il protagonista prova quando Nastenka sceglie il suo forestiero. Ho ritrovato la consapevolezza di essere stata messo da parte, illusa e poi scartata che avevo provato anni fa.
E a voi cos’ha riportato questo romanzo? Delusioni d’amore o soddisfazioni d’amore? Un vecchio amante? Siete anche voi dei sognatori?