Pubblicato in: Senza categoria

Serialmente parlando: #Stranger Things.

 

 

In questo momento sono a metà tra la commozione e l’estasi.
Ho appena finito di guardare l’ultima puntata di “Stranger Things”, serie tv approdata su Netflix il 15 luglio e che io ho guardato in una giornata sparandomi una puntata dopo l’altra, incapace di smettere.

Stranger Things is the new Black, altrochè. 

Questo dovrebbe farvi capire che quando una serie prende -e questa cavolo se prende- non ci si può staccare un attimo.

Trama:
“Il 6 novembre 1983 ad Hawkins, Indiana, il dodicenne Will Byers sparisce in circostanze misteriose. La polizia, la madre di Will e i suoi amici si mettono sulle sue tracce. Il giorno dopo una misteriosa bambina dotata di strani poteri arriva in città, dando il via a una serie di eventi che rischiano di mettere in pericolo l’intera città.”

Questa è la trama in via molto generale, le sottotrame si snodano e si intersecano tra loro per tutte le otto puntate incastrandosi così bene e in modi così inaspettati che non si può veramente smettere di guardarla; per fortuna, in più, ci sono continui colpi di scena che rendono la visione avvincente, non come alcune trame che, alla seconda puntata, hai già capito tutto e passi il resto del tempo ad annoiarti e a prendertela con l’incompetenza dei protagonisti.

Ci sono la madre ed il fratello di Will che una volta capito che qualcosa non va con la sparizione del bambino non si arrendono, muovendo mari e monti per trovarlo. Ci sono i bambini che avendo capito che Eleven è l’unica che può aiutarli a ritrovare Will continuano le ricerche per conto loro, stando ben attenti che “gli uomini cattivi” non li trovino.
La sorella di Mike, Nancy, si ritrova in un triangolo amoroso: da una parte il suo ragazzo, Steve, diversissimo da lei che però prova un sentimento sincero, e Jonathan, il ragazzo strano, il ragazzo emarginato, con il quale si ritroverà ad indagare arrivando ad andare con lui “a caccia di mostri”.
C’è poi lo sceriffo triste, che ha visto sua figlia morire di cancro e che è stato lasciato dalla moglie, ci sono i genitori assenti di Mike, ci sono “gli uomini cattivi” e il loro inquietante laboratorio…

Quello che rende così bella e nostalgica la serie è sicuramente l’atmosfera degli anni ’80 e, ovviamente, i continui richiami e citazioni che qui abbondano ma mai in modo pretenzioso o fastidioso: non fanno mai pensare ad una serie citazionistica che di suo non mette nulla. I gli ideatori, Matt e Ross Duffer, sono riusciti a fare un lavoro splendino mixando idee originali con momenti che, chi gli anni ’80 li ha vissuti e chi li ha soltanto amati, non può non apprezzare.

Tantissimi sono i riferimenti a Stephen King e alle sue opere. Sarà che sto leggendo IT proprio in questo periodo, ma i riferimenti ai clown all’interno di questa serie per me si riferivano tutti al caro Pennywise! La ragazzina con i super poteri invece mi sembra a metà tra Charlie (L’incendiaria) e Carrie (dell’omonimo romanzo): entrambe coraggiose, forti, che cercano una vita in un mondo che le ha sempre prese a schiaffi, e ovviamente tutte e tre hanno poteri incontrollati e incontrollabili.

Altri riferimenti sono a Stephen Spielberg e in particolare al film sull’extraterrestre più famoso e piu adorabile del mondo: E.T. Dalle corse in bicicletta alle parrucche bionde fatte indossare per i travestimenti, non si può non pensare all’alieno almeno una volta durante la visione.

I ragazzini protagonisti si riuniscono continuamente per dare vita a campagne epiche con il gioco da tavolo Dungeon’s and Dragons, e durante le loro partite vengono menzionati personaggi da “Il signore degli Anelli” e “Lo Hobbit”, mentre quando parlano di Eleven e dei suoi poteri fanno continui riferimenti agli X-Men.
I protagonisti, poi,  sono i tipici ragazzini da trama classica: c’è il grassottello saggio e tenerissimo, Dustin, chiamato odiosamente “sdentato” dai bulletti della scuola, c’è il ragazzino nero divertente e agitatissimo, Lucas, un po’ testa calda del gruppo, e c’è Mike, il il capo banda, un ragazzino normalissimo dal cuore buono. 

(Ci sarebbe anche Will, ma di lui non si sa una mazza!)

Ci sono delle menzioni d’onore da fare qui, okay? Okay.

Prima tra tutte Wynona Rider che è perfetta per questo ruolo di madre single un po’ hippie e un po’ pazzoide che dopo la scomparsa del figlio diventa -comprensibilmente- isterica. Personaggio bellissimo il suo, una madre che non si arrende, non cede a entità piu grandi di lei che cercano di ingannarla e di farla desistere dal cercare ulteriormente il suo bambino.

Altra menzione d’onore va a Millie Brown, la ragazzina che interpreta Eleven. All’inizio non mi aveva colpita particolarmente, anche perché nelle prime puntate dirà due parole in croce, (a parlare sono i suoi occhi, sempre), ma poi non può che esserci amore nei suoi confronti.

E poi mi piace molto il triangolo Nancy-Steve-Johnathan. Non sono assolutamente personaggi approfonditi per ora (spero nella seconda stagione) ma le loro scene sono comunque tra le mie preferite della serie. Perché sono una romantica inside. Tral’altro #teamJohnathan tutta la vita ma se Steve bussasse alla mia porta non ci resterei male. Tutt’altro. 

Se niente di tutto questo vi ha convinti sappiate che la colonna sonora è molto bella e molto curata, così come lo sono le luci, la fotografia, i cambi scene… Tutto, insomma. Tutto riporta agli anni ’80, resi splendidamente anche grazie a tutte le tecnologie che sono stati in grado di usare per rendere al meglio le atmosfere.

E poi vengono citati i Clash, e si sa che se vengono citati i Clash in una serie, quella serie è bella.
E’ una regola, una legge dell’universo.
C’è chi mette in discussione la sfericità della Terra, ma nessuno metterà mai in discussione il binomio Clash-Bella Serie. Mai. Nessuno.

Correte a guardare Stranger Things, prima che un Demagorgon esca dal muro di casa vostra e trascini in una dimensione parallela.

Pubblicato in: Senza categoria

Serialmente parlando: Penny Dreadful!

Una donna con una relazione straordinaria con il mondo dei demoni, un lupo mannaro, un vecchio con una figlia rapita dai vampiri e come se non bastasse Frankenstein e Dorian Grey.

Di cosa sto parlando?

Di Penny Dreadful, meravigliosa serie tv cominciata nel 2014 su Showtime, scritta e creata da John Logan (che ha scritto moltissimi film di successo, da “Il Gladiatore” a “Sweeney Todd”).

Descrivere questa serie scritta e diretta magistralmente è difficile.

Penny Dreadful è gotica, grottesca, a tratti horror ma comunque capace di trasmettere una dolcezza quasi dolorosa in più e più scene; l’amore, sempre presente nonostante tutto, di qualunque amore si tratti -non corrisposto, impossibile, a distanza- ma sempre infelice è ritratto con una delicatezza totale, soffice, dolce. 
Eppure a prevalere sono atmosfere lugubri, demoniache presenza da combattere e azione. 

Nella prima stagione infatti la poco allegra combriccola dovrà fronteggiare un nemico senza tempo: il capo dei vampiri e la sua immensa famiglia, rei di aver rapito la figlia del signor Malcolm, Mina, migliore amica di Vanessa Ives. A loro si aggiungeranno il Dottor Frankenstein -che intanto deve fronteggiare la sua coscienza dopo aver creato ed abbandonato la sua Creatura-, il signor Ethan, americano misterioso che dovrà difenderli e Sambene, il servitore africano del signor Malcolm.
Nel corso delle puntate facciamo conoscenza di un giovane aristocratico dalla pelle perfetta, modi perfetti e perfetti occhi azzurri. Elegante e cortese, con una casa enorme le cui pareti sono interamente tappezzate di ritratti, lo scopriamo essere Dorian Grey.

I personaggi sono sicuramente il punto forte della serie. Complessi, con luci molto luminose ed ombre molto, molto oscure, cercano di stare a galla in una vita che invece tenta di trascinarli a fondo; infelici cronici, incurabili forse, che non si arrendono nemmeno a Lucifero in persona.
Dialoghi incredibilmente forti si mischiano a momenti più leggeri creando questo mix da cui è impossibile staccarsi.

La fotografia è un’altro grande punto a favore del telefilm: mai banale riesce a trovare sempre spunti interessanti puntata dopo puntata, e l’attenzione ai dettagli fa sicuramente la differenza. Per quei cinquanta minuti noi spettatori siamo catapultati interamente nella Londra vittoriana, senza errori.

E poi le scene sono di un impatto visivo ed emotivo molto forte, sia nella prima che nella seconda stagione: il ballo insanguinato mi resterà nella mente per molto tempo.

Coloro a cui non è piaciuta sostengono che sia troppo lenta e noiosa. Che sia lenta, è lenta. Concordo. In dieci puntate si arriva a piccoli passi dove si deve arrivare, quindi se cercate una serie “tutto e subito” allora forse potrebbe non piacervi troppo. 

Una menzione d’onore per me va ad Eva Green che in questo ruolo è semplicemente magistrale. I suoi ringhi sono qualcosa di agghiacciante e spaventoso, la sua espressione quasi perennemente corrucciata fa trasparire tutta la complessità del suo personaggio e
quei rari sorrisi a viso disteso sono una boccata d’aria fresca dalla sensazione quasi oppressiva che talvolta si prova durante la visione. Deve vincere tutto. EVA GREEN FOR PRESIDENT.

Poi beh, che dire, Josh Hartnett e i suoi muscolazzi sono sempre un bel vedere, questo dovrebbe già farvi propendere verso la visione.

Insomma, se siete stufi di tutta l’accozzaglia Young Adult che ci propinano e cercate una serie ben fatta, ben recitata, ben qualunque cosa e non vi fate impressionare da sangue o vampiri inquietanti allora Penny Dreadful fa per voi!

Saluti spelacchiati!