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Ciance sparse- Il villain del giorno: un sacchetto di plastica alle 7:30.

Questa mattina quando mi sono svegliata e ho alzato la palpebra destra per capire come fosse la situazione mi sembrava tutto normale, allora ho alzato anche la palpebra sinistra e ho dato inizio alla mia mattinata andando a tostarmi il pane da col miele; solo che io non è che spalmo il miele sul pane come le persone normali, io sono praticamente Winnie The Pooh: infilo la mano fino all’avambraccio nel vasetto di miele e poi lo lecco. 

Insomma, ho fatto colazione guardando Grey’s Anatomy, mi sono truccata guardando Grey’s Anatomy, ho imprecato perché non volevo andare a lavorare mentre guardavo Grey’s Anatomy… Sembrava una mattina normale. Tranquilla addirittura.

Non sapevo che da lì a poco avrei incontrato un nuovo villain del mio arco temporale. Un malvagio che minaccia di distruggere la città… Beh no, non la città, ma il mio labile stato mentale sì.

Mi sono appropinquiata alla fermata del bus sapendo cosa mi aspettava: una tratta di 15 minuti seduta su un sedile un po’ scomodo e con macchie non meglio identificate -e meglio cercare di non identificarle- con un libro e i miei auricolari scassati nelle orecchie, di solito un viaggetto piacevole e tranquillo.

Ero del tutto ignara che era proprio su quel bus che avrei incontrato la mia nemesi del giorno.

Mi sono seduta contromano con la testa china sul libro quando…
FRUSH-FRUSH-FRUSH
SCIAAAAAFFFFFF
CRRRRSSSHHHH 

Mi immobilizzo, fiutando il pericolo. O meglio, il fastidio:
FRUSH-FRUSH-FRUSH
SCIAAAAAFFFFFF
CRRRRSSSHHHH

Mi volto lentamente verso la fonte di cotanto frastuono alle sette e mezza di mattina.

Età media: seicento anni.
Aspetto: molto simile a uno stegosauro.

FRUSH-FRUSH-FRUSH
SCIAAAAAFFFFFF
CRRRRSSSHHHH
SCROSH SCROOOOSHHHHHHHH
STRAAAASCCCCC

Lei ravanava in un sacchetto di plastica. 

Senza estrarre niente, lei non faceva altro che frugare lì dentro. Credo muovesse solo la mano all’interno del sacchetto senza alcuna motivazione perché non ha tirato fuori niente per quindici minuti, ma quello è stato il sottofondo del mio viaggio.

Certo, ci sono cose peggiori al mondo tipo un tumore al cervello e l’epilessia, le tasse, e la pipì che ti scappa appena ti metti in viaggio, però regà quel suono io ancora lo sento. Mi ha mangiato il cervello per venti minuti.
Se appoggio un orecchio a una conchiglia non sento il mare, sento FRUSH-FRUSH-FRUSH
SCIAAAAAFFFFFF
CRRRRSSSHHHH

*
Ebbene miei cari spelacchiati, come state? Questi sono i fastidi di una persona che è epilettica in senso metaforico, letterale e pure un po’ scemo. Narratemi cose che vi danno fastidio la mattina (a me infastidisce pure il rumore del mio cucchiaino mentre mescolo il tè), sfogatevi liberamente qua, rendiamo i commenti un luogo di scoperta di cose irritanti!
Ora torno a guardare Grey’s Anatomy ma se qualcuno regge un sacchetto potrei colpire lo schermo.
Hasta la pastaaaaa!

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Pronto soccorso, vomito e blatte.

“Buonasera, mi dica.” mi dice il medico all’ingresso.
Io mi lascio cadere sulla sedia marrone “Buonasera, guardi…non per essere melodrammatica ma credo di stare morendo.”
Eh, che fantasia. E’ la dodicesima a dirmelo stasera. Che cos’ha?”
“Ha presente quella sensazione da luce bianca e violini celestiali? Ecco, quella. L’ho già vista, non è mai finita bene.”

Lui sbadiglia “Non li segua che poi devo fare la pratica di decesso, un sacco di scartoffie. Mi racconti un po’, possibilmente in fretta, che diamine ci fa qui?”
Io entro in ansia da prestazione “Avevo Anselmo, tumore al cervello. Operato un anno fa. Anselmo aveva un’amichetta isterica: Epy, epilessia. Oggi ha deciso di farmi visita quattro volte. Niente convulsioni, solo l’esperienza deluxe senza il lato spettacolare. Sensazioni strane, nausea, svenimenti… solite cose, ma per 4. Mai avute così tante.”
“Mmh, deluxe è dir poco. Altro?”
“Emorragia cerebrale passata, due cicatrici nel cervello più quella da intervento. E’ un tris interessante, non crede?”

Lui mi ignora “Vomito?”
“Beh, se deve farlo chi sono io per impedirglielo?”

Mi fulmina “Ha avuto vomito?”
“Sì, dopo due crisi. A proposito, se conosce qualcuno per rifare il bagno…”
“Segni vitali?” 
“Mah, l’unico segno che faccio ormai è quello della croce.”
“Mmmh. Le macchine per la risonanza sono già occupate, e lei non sembra necessitarne con urgenza. Facciamo che stasera rimane qua, d’accordo? Qui dietro, così se dovesse succedere qualcosa interverremo rapidamente. Ecco, le do un telo e una barella. Si sdrai lì.”
Guardo il telo. Guardo lui. Guardo il telo come se fosse contaminato da Chernobyl.
“Cosa ci dovrei fare?
” chiedo con un certo orrore misto a raccapriccio.
“Vomitarci sopra.”
“…Lei è serio?”
“Più serio di un infarto. È igienico.”
“Igienico? Il prossimo passo sono le sanguisughe? Senta, se qualcuno mi vede vomitare su un telo per favore mi uccida. Non posso avere un sacchetto, come le persone normali?”
“Su, non faccia la difficile. Dopo tutto quello che ha passato, un po’ di vomito non la ucciderà.”
“Quindi il concetto è: se non sono a un passo dalla bara, va bene qualsiasi schifo? Perfetto. Allora adotto le blatte di casa e gli insegno a fare i pancake.”
“Ecco, brava. Vada a sdraiarsi, se ha un’altra crisi ci chiami, se incontra Dio gli dica di farmi alzare lo stipendio.”
“Okay ma non veda questa promessa come un buon motivo per lasciarmi andare lassù, va bene? Preferirei restare su questa terra ancora un po’. Devo dare fastidio ancora a molte persone.”

“Oh, non ne dubito. Se deve vomitare chiami l’infermiera, d’accordo? Se lei se la sente la accompagnerà in bagno.”
Alla fine ci sorridiamo entrambi, perché è una giornata di merda per tutti e due. 

Per lui perché mi vedrà vomitare.

Per me perché ho solo un telo per farlo. 

*

Buongiorno Spelacchiati, come state? Questo è ciò che è successo qualche giorno fa, devo dire che andare in pronto soccorso è sempre un’esperienza quantomeno interessante.

Io ora sto meglio, anche se per i miei standard “meglio” non è esattamente rassicurante. Diciamo che “sto”. Per fortuna ora ho una settimana di ferie perché l’ufficio fa una meravigliosa chiusura estiva (anche perché non c’è nessuno dei nostri clienti) quindi vedrò di far calmare il mio cervello a suon di schiaffi.

Voi come state? Siete finalmente in ferie?! Dove siete, cosa fate, ditemi che mentre mi leggete siete sdraiati su una spiaggia o vi state arrampicando sul cucuzzolo di una montagna!

Hasta la pastaaaa

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Ciance sparse: racconti di avventure epiche di insetti spericolati.

Il tutto nato da un incontro troppo ravvicinato con una cimice.

Immaginatevi questo bar, un posto semplice, carino, un po’ rozzo, in stile irish pub. Tutto in legno scuro: bancone, sgabelli, tavolini, sedie, panche… C’è pure un minuscolo camino in un angolo. 
All’inizio fuori c’era stata un’insegna luminosa, ma la proprietaria, una coccinella di una certa età, tarchiata e tostissima di nome Lady Puntini, aveva dovuto toglierla perché tutti i clienti -mosche, zanzare, falene e simili- finivano con l’incantarsi lì fuori e non entrare a consumare. 
Aveva dovuto togliere anche i distillatori per riempirsi da soli il bicchiere di gocce di sangue poichè un paio di zanzare e Rino “à Sanguisuga” -una zecca così tirchia che cerca di farsi offrire tutto da chiunque- era finito in collasso globulare, ovvero un globulo rosso di troppo gli era andato di traverso rischiando di stecchirlo.

Quella sera la porta si aprì e dai presenti si levarono urla di giubilio, applausi e fischi di approvazione: era entrato un signor cimice soprannominato Er Piuma, chiamato così perché era Er Più Matto: “E sono ancora quiii stronziii! Sopravvissuto anche stavoltaaaaa! Lady Puntini fammi una Puzza Colada!”.
“Allora, raccontaci! Cos’è successo?”
Er Piuma si appollaiò su uno sgabello e dopo un sorso del suo disgustoso drink cominciò a raccontare con aria solenne “Ero lì in bagno come mio solito, mi stavo sgranchendo le zampette camminando avanti e indietro sul muro. Tutto tranquillo, una giornata come tante. Poi a un certo punto entra lei, la più orrida creatura che io abbia mai visto. E’ la giovane umana della casa. Beh, giovane… Insomma, entra questa cosa disgustosa e si mette a lavarsi i capelli, io ero ancora lì a fare un po’ di camminata veloce per tenermi in forma. Solo che a un certo punto il vapore dell’acqua calda ha reso le pareti scivolose, e  io ho cominciato a perdere la presa! L’immonda creatura sotto di me stava per cominciare ad asciugarsi i capelli quando io ho sentito la zampetta anteriore slittare, poi l’altra. Dovevo prendere una decisione: rischiare di cadere nella vasca piena d’acqua e morire annegato oppure… Passare alla storia.
E io ho scelto la gloria.
Mi sono lasciato cadere di schiena nel vuoto. Mi sono girato a mezz’aria con una manovra da fuori di testa e poi ho iniziato una picchiata da paura, ero un F-16. ero una saetta, ero il peggior incubo di ogni umano. Giù in picchiata, nel vuoto per almeno quaranta centrimeti ragazzi, non scherzo, giuro su mia madre… Pace alla corazza sua. Traiettoria perfetta.
SBANG! Capelli ovunque, un urlo isterico, panico totale. Ho fatto il delirio, regà, er panico. Poi qualcosa di enorme mi ha colpito: una mano! Ho chiuso gli occhi un istante e quello dopo ero di nuovo in aria, fuori controllo! L’ala destra era in avaria, quella sinistra si era incastrata, stavo perdendo quota troppo rapidamente… Sapevo che era questione di un attimo prima dell’impatto! Allora mi sono preparato: ho chiuso le ali, mi sono raggomitolato su me stesso. La collisione con il pavimento è stata dura, durissima, quasi letale, ma sapevo di non avere tempo: l’umanoide avrebbe potuto spiaccicarmi con una scarpa da lì a un secondo quindi senza neanche guardarmi intorno ho cominciato a strisciare via, un millimetro alla volta, per chilometri, ero nella linea nemica! Sono sgusciato dietro al water e ho aspettato, pronto a esalare il mio ultimo puzzo… Ma il colpo non è arrivato. L’umana non mi stava dando la caccia, era scappata a gambe levate! Ma sapevo di non poter ancora considerarmi salvo, sarebbe potuta tornare con i rinforzi, con un’ammazza mosche o peggio ancora uno spray insetticida. Allora mi sono inerpicato sulla parete fino a raggiungere la finestra… E sono qua, stronzi!”

Un silenzio sconvolto accolse il racconto e venne interrotto soltanto dal fastidioso “fzz fzz” di Gloria Abbagliante, un’anziana falena sciroccata. Poverina… si era bruciata le antenne contro una lampada troppo calda quando era ancora giovane. Non era più tornata come prima. 
Saveria Briciola, un’anziana formica rossa annuì teatralmente “Io una volta sono rimasta intrappolata in una maglietta. 
So cosa significa l’oscurità. So cosa significa la disperazione. Le ho provate. Le ho vissute.
E so cosa significa essere scaraventati via cun un urlo alle sei di mattina e finire in una goccia di rugiada.”

Poi prese la parola Tony Rimbalzo, un grillo verde completamente matto in culo. Prendere il brevetto di salto gli aveva dato alla testa.
Cominciò a parlare con il suo accento bizzarro e strascicato, tipico dei grilli benestanti, e ammiccò ad un paio di giovani locuste sedute sul divanetto “Io me ne stavo lì, sul davanzale, con Celine Grillon, Jack lo Stridulo e Chirpez quando… l’ho vista. Io non volevo, giuro. Ma il richiamo del brivido era troppo forte, per uno spericolato come me… D’altronde la vita è una sola, va vissuta fino in fondo. Meglio morire rapidamente spiaccicato da una ciabatta che avvelenato lentamente col Vape… Beh insomma, ho visto quel piatto di insalata sul tavolo, ho visto l’umano che parlava distratto… e ho saltato. BOOM! A gambe tese, tutte e sei, sono atterrato dritto dritto in mezzo al pomodoro. Gli umani hanno urlato, una scena meravigliosa! Mi hanno lanciato contro delle posate, ho schivato tutto quanto, poi ho saltato di nuovo. Stavolta ho centrato un bicchiere, sono quasi affogato, poi io odio la Fanta…” le giovani locuste ridacchiano “allora ho cominciato a tossire all’impazzata mentre il bicchiere si rovesciava, sono atterrato sulla tovaglia, intorno a me ormai regnava il caos e ho pensato “è arrivato il mio momento, lo accetto.” Poi il colpo di scena: la nonna umana ha detto ‘Ma che schifo, buttatelo fuori! E non fate ‘ste scene per un insetto, eccheccazzo.’. Sono stato scaraventato in giardino. Ne è valsa la pena, ragazzi. Ne è valsa la pena.”

Un ragno nell’angolo stava fumando una pipa reggendola con una zampa mentre con le altre continuava a tessersi uno scialle; era Ruggero Ottomano, un grosso ragnone nero e peloso assuefatto alla nicotina e al tabacco. Aveva l’aria molto vecchia ma i suoi innumerevoli occhi erano vispi e lucenti, anche se una benda con un teschio sopra gli copriva uno dei tanti occhi. Anche una delle sue zampe era storta e malridotta.
“Hanno cercato di uccidermi tante, tante volte…” iniziò con voce bassa e tenebrosa.
Nino, un giovanissimo moscerino squilibrato con attacchi d’ansia e ipocondriaco, lo guardava con aria di venerazione “E’ vero che tu odi gli umani?
“Odiarli? L’odio è per i giovani, per gli incauti, per gli stolti… Io non odio. Io provo solo rancore e sete di vendetta.”
Un brivido percorse tutti quanti.
“Anni fa me ne stavo in una bella casa in campagna. Gli umani erano tranquilli, io vivevo una vita pacifica con loro, me ne stavo in un angolo dietro l’armadio e loro mi lasciavano stare lì. Ci tolleravamo vicendevolmente. Ogni tanto ci scambiavamo un cenno di saluto. Una notte però… Avevo fame. Volevo controllare se sotto al letto ci fosse una carcassa di qualche stupida mosca -non guardarmi così, Al Moschino, non siete la specie più brillante e lo sai anche tu- quindi ho cominciato a calarmi dal mio filo, un pochino alla volta, con grazia ed eleganza, ero il re dell’aria. Stavo per atterrare morbidamente sulla coperta quando lei mi ha visto e ha fatto un singulto: mi ha fissato per un istante lunghissimo, e io ho fissato lei. Dicono che se guardi a lungo nell’abisso, l’abisso guarderà te: è ciò che è successo. Non ho avuto tempo di spiegarle che volevo solo mangiarmi una mosca secca, ha cominciato a urlare come una pazza. Ho cercato di battere in ritirata, stavo risalendo rapidamente sul mio filo ma lei ha lanciato un cuscino: il filo si è spezzato. Sono atterrato sul suo cellulare. Ha urlato ancora di più. Sono rotolato giù dal letto, lei ha cercato di lanciarmi una ciabatta puzzolente ma mi ha mancato. Anche lei è sulla mia lista nera.”
Nino lo guardava con gli occhietti spalancati “E come pensi di vendicarti?”
“Renderò la loro vita un inferno. Lei sta cucinando? Corro vicino ai fornelli. E’ al telefono? Mi arrampico sulla gamba del tavolo. Sta per mettere il cellulare in carica? Sbuco da dietro al comodino. Prima o poi riuscirà ad ammazzarmi, ma solo con la morte considererò compiuta la mia vendetta.”

*

Insomma Spelacchiati miei, una cimice mi ha assalita mentre mi lavavo la capoccia, sono rimasta traumatizzata e questo è ciò che la mia mente malsana ha partorito. Mi sono divertita molto a scrivere questa cosa e penso potrei andare avanti per sempre a narrare aneddoti insettosi dal punto di vista degli insetti.
E voi come state? Come state vivendo l’arrivo della primavera, del caldino, delle belle giornate e di quelle creature immonde chiamate cimici?
Sara per il sociale: se trovate insetti vari abbiate la pietà di cercare di acchiapparli e buttarli fuori di casa. Non serve ammazzarli. Non fanno niente di male. Se dovessimo spiaccicare qualunque essere insulso e bruttino io sarei la prima della lista a finire a zampe all’aria, e gli insetti servono sicuramente più di me. Fate i bravi!
Hasta la pastaaaaaa

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Ciance sparse: Amici che si lasciano ed estrazioni di denti

La mia amica Bischerina è disperata. 

Si strugge.

Emette suoni lamentosi.

Si accascia sulla sedia e appoggia la fronte sul tavolo.

“Sara, sono disperata, abbattuta, devastata, mi sento come se mi avesse calpestata Adinolfi! Sto maleeee!” 
“Per la miseria, Bischerina, che diamine succede, cosa turba la tua tranquillità? E ora anche la mia, parbleau.”
“Io e Fetuso ci siamo lasciati.”
Io agrotto le sopracciglia, perplessa: “…Di nuovo?”
“Sì.”
Mi gratto il mento, non troppo impressionata: “Ma sarà tipo la sedicesima volta quest’anno.”
“Eh lo so..”
“Ma poi io credevo vi foste lasciati definitivamente mesi fa, pensa te… Ma quand’è che ci sei tornata insieme?”
Lei si butta sulla sedia e appoggia la fronte al tavolo: “Ma che importanza ha, ci siamo lasciati e sono triste, aiutami! Disintristiscimi!” 

Ogni tanto dice parole strane, che ci devo fare.

“Okay, okay, scusa. Posso dire? Era ora. Guarda l’orologio, segna chiaramente le era ora e un quarto. Però cazzo, fai la seria stavolta, non che tra quattro ore mi scrivi oooh abbiamo fatto pace ihihih!”
Lei si affievolisce e si lascia cadere sul pavimento “Non credo succederà, stavolta sembra diverso, definitivo… Ma comunque non è colpa mia, sai che non riesco a stare senza di lui, lo amo troppo…”

STOP.

FERMI TUTTI.

ALLARME CAZZATA, RIPETO, ALLARME CAZZATA, PREPARATE I CACCIA BOMBARDIERI

CODICE CZZT, RIPETO CODICE CZZT, SCHIAFFI IN USCITA

Io la fisso.

Lei mi fissa.

Per poco non le do un calcio: “Tesoro mio. Cara. Tu lo sai che ti voglio piuttosto bene, sì? Però capisci che se sento di nuovo una cazzata di questa entità o ti schiaffeggio oppure ti blocco per sempre sui social e nella vita vera? Il problema non è che lo ami troppo, anche perché come cazzo si fa ad amare troppo quel coso rimasto fermo allo stadio pre-evolutivo? A volte mi sorprende che sappia usare il fuoco.”
“Lui è molto intelligente, a modo suo…”
“Sì, e io a modo mio sono bella quanto Angelina Jolie. Solo che il mio modo fa cagare! E’ l’anello mancante tra un macaco e l’homo herectus. Ascolta, non è colpa tua, è che è una scimmia! Se tu lo lanciassi in un recinto di scimpanzè ne uscirebbe capobranco. Beh, no, forse no perché non riuscirebbe a scalare la piramide sociale nemmeno lì, però sopravviverebbe. Si metterebbe a tirare la sua cacca agli altri. Accettalo! Nel senso che devi prendere un’accetta e staccargli i calcagni, capisci?”

“Sei perfida.”

“Può essere, ma lui è intelligente quanto un sasso.”

“Ah beh tu invece sei Newton, no?”

“Che io sia un microcefalo lo abbiamo appurato molti anni fa, qua stiamo parlando di quel troglodita che ti porti appresso. Ma sa leggere? Me lo sono sempre chiesta.”

Mi guarda inspiegabilmente male.

Io sospiro “Senti, che vuoi che ti dica? Non mi piace. Riconosco che abbia del fascino e che sia figo, esteticamente parlando, ma cazzo… Apre la bocca e sembra di avere a che fare con un orango tango! Hai presente Re Luigi di Il Libro della Giungla? Ecco, uguale.”

“Sì, okay, non brilla per il suo acume…”

“Non brilla per niente, mia cara, è molto opaco. Un monolite di fango. La differenza tra me e lui è che io accetto e riconosco i miei notevolissimi limiti, lui invece se ne va in giro tutto tronfio come se avesse capito tutto e sia più furbo del mondo! Il problema è che pensa che la Terra sia piatta e che in giro ci siano i sosia delle persone famose.”
“Sì…Beh…Okay, però…”
“SENTI IO DEVO SFOGARMI, QUESTO PENSA DI AVER VISTO MICHAEL JACKSON QUANDO ERA AD ALASSIO, OKAY!? E L’ALTRA SERA MI HA PARLATO PER DUE ORE DI COME E PERCHE’ RE CARLO SAREBBE UN VAMPIRO! UN VAMPIRO, CAPISCI!? PENSA CHE OBAMA SIA BIN LADEN, CHE GLI UCCELLI NON SIANO REALI MA CHE SIANO DEI DRONI AMERICANI, E CHE LE STAGIONI NON ESISTANO! COME POSSO COMMENTARE TUTTO QUESTO?!”
Lei emette un suono gutturale indefinito e indefinibile.
Io cerco di ricompormi e tornare alla mia regale eleganza pari a quella di un rinoceronte sdraiato nel fango “Senti mia cara Bischerina, lo sai che comunque un po’ gli voglio bene, anche se mi fa uscire di testa sentirlo parlare di queste cose. Quindi mi dispiace, se vi mollate. Però penso davvero che tu debba imparare a lasciar andare… Litigate da tre anni e state insieme da due! Sicuramente avete vissuto cose molto belle insieme, ma se continuate così finirete con l’odiarvi. Lascialo andare… Lasciatevi andare a vicenda. E tu potresti prenderti questo periodo per concentrarti su di te, iscriverti in palestra, fare quello strano corso di salto sui tappeti elastici che solo tu potevi trovare, fare nuove amicizie, innalzare la tua autostima… Concentrati su di te, mia miserabile amica!”
Lei ride, io mica tanto, poi prende in mano il telefono: “Va bene, ho capito… Mi scarico tinder.”
E io la sprangata gliela do davvero.

Eccomi tornata, ragazzi miei! Sempre ammaccata, però vivo e vegeto. Proprio i verbi, cioè io vivo e io vegeto.
Potrei essere un po’ nel panico più totale in quanto dopodomani mi devono estrarre sette denti (SETTE CAZZO DI DENTI, CAPITE?! MA COME SI FA, MA PERCHEEE NON HO CAPITO IL GIOCOOO COS’E’ STA COSAAAAA LA MIA DENTATURAAAAAA) e sono vagamente terrorizzata.
Mi compaiono in mente scenari agghiaccianti in cui succederanno cose terribili, proverò dolori inenarrabili e scapperò urlando -o meglio, mugolando senza denti- dallo studio.
Se qualcuno ha delle rassicuranti storie su estrazioni dentali e impianti vari e volesse condividerle con me vi sarei IMMENSAMENTE grata. Sono diventata un po’ pavida, da quando mi hanno operata.
Ma parlando di cose più serie… Regà, ma quando i vostri amici si mettono con dei ramarri voi cosa fate? Glielo dite? Non glielo dite? Aspettate un po’? Perché qua è una tragedia, Bischerina sceglie dei ragazzi che sono uno peggio dell’altro in ottica di una vita insieme. Chi pensa solo ad andare allo stadio e giocare ai videogames, chi conta di vivere con i genitori per sempre perché “almeno risparmio e possiamo andare in vacanza, poi mi lasceranno casa loro!”, chi spende tutto in auto costose -senza potersele permettere-… Ma io dico, una sana via di mezzo? Dove si trova? Come si fa?! Io basita. Non so. E’ lei che pesca in laghetti ammuffiti? Perché secondo me voi Spelacchiati non siete così, per leggere questo blog dovete essere un po’ cretini nell’anima e un po’ più capaci a sopravviere.
Vedremo come se la caverà Bischerina, vi aggiornerò!
Hasta la pasta, Spelacchiatini, fate i bravi!

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Ciance sparse: dialoghi andati più o meno così

Per la cronaca “Sara ma la pianti di stare male” oggi aggiungo un post in cui ciarlo. Mi avete detto che vi piacciono i post di Ciance Sparse e io ho molto da ciarlare, ho anni di idiozie e racconti vari da esternare in qualche modo!

“Pronto, Mammina…”

“Oh cazzo Sara, quando cominci così… Aspetta che mi sieda.”

“Sì, forse è meglio. Madre mia, straordinaria donna che mi ha donato la vita, essere umano meraviglioso… Mi urge il tuo aiuto.”

“Per cosa, di grazia?”

“Ehm… Mi sono fatta male. Non sto morendo, stai tranquilla, so che da due anni a ‘sta parte se dico che mi sono fatta male parte una chiamata al centodiciotto e una a Lourdes. Questo è un un male minore, una bazeccola.”

“Dimmi, che mi sta venendo la tachicardia e sono dalla parrucchiera.”

“Il cane mi ha bucato il dito.”

“Eh?”

“Il cane… Sai, la nostra mostriciattola tutta baffi di ventisette chili? Ecco… Stavamo giocando, io mi sono lasciata un po’ trascinare e praticamente stavamo facendo wrestling in giardino, le ho fatto una presa a tenaglia con ribaltamento carpiato di cui vado piuttosto fiera. E lei si è lasciata prendere la mano. Cioè, ha preso la mia di mano. Ho un buco. Nel dito. Cioè, nell’unghia. Mi ha trapassata.”

“Ma tu sei deficiente, ma quella ha dieci mesi e tu giochi a fare John Cena? Ma l’educatrice non ti ha insegnato niente? Ma tu lo capisci almeno l’italiano? No perché mi fai sorgere anche questi dubbi qua.”

“Lo so, lo so, ho sbagliato, mi era partita la competitività per il suo giochino intrecciato. Lo volevo.”

“Dimmi che cos’hai, razza di bifolca.”

“Ehm, mi è uscito tipo una caterva di sangue, ora ho un’unghia bucata e mi fa male praticamente tutto, però riesco a muovere il dito! Me l’ha sgranocchiato come faccio io coi Togo, però tutto sommato poteva andare peggio…”

“Forse preferivo quando avevi le crisi epilettiche.”

“Suvvia Madre dall’infinità bontà, dimmi dall’alto della tua conoscenza cosa devo fare con ‘sto dito. Lo amputo direttamente? Prendo il tuo set di coltelli Masterchef? Lo affilo come un filetto?”

“L’hai messo sotto l’acqua fredda? Lo hai disinfettato?”

“No, il disinfettante brucia. Non voglio. Ho paura.”

“DISINFETTALO SUBITO, ESSERINO UNICELLULARE CHE NON SEI ALTRO. E POI CI METTI IL GHIACCIO.”

“Non c’è ghiaccio, c’è una busta di piselli surgelati…”

“Prendi quella santa busta di piselli e piazzatela sul dito, razza di invertebrato dall’aria umanoide.”

“Ma fa male…”

“Farà più male se torno a casa, ti avviso.”

“Okay, okay, lo faccio.”

“Padre non c’è?”

“No, per fortuna è in giro a fare le sue cose da ciclista… Devo dirtelo Madre, secondo me prende la bici ma fa finta di andare in giro a farsi seimila chilometri, penso che se ne vada al bar e poi torni dopo qualche ora.”

“Per me l’importante è che non stia a casa a rompere i maroni.”

“A posto così allora. Ciao Madre vado a vedere di non farmi cadere il dito.”

“Vai, ‘va. Tra poco torno. Farai meglio ad averlo disinfettato per allora.”

Insomma, questo è ciò che è accaduto. Il cane mi ha smascellato un dito. Sembrava una scena de “Lo Squalo” solo che invece di un pinnide c’era un canide dall’aria deficiente.
Appena mi ha sganasciata ho cominciato a imprecare come se non ci fosse un domani, penso di aver inveito contro qualunque cosa per almeno cinque minuti di fila mentre correvo in bagno a mettermi sotto l’acqua fredda e il suddetto canide mi seguiva trotterellando con l’aria di chi non capisce un cazzo e pensa solo “maaaa quindi non si gioca più?”.
NO CHE NON SI GIOCA PIù MI HAI QUASI MOZZATO UNA FALANGE!
O una falangina o una falangetta, non mi ricordo più la differenza. So solo che ora ho un dito fuori uso, tra l’altro il più importante.
Quello che uso di più.
Il dito medio della mano destra.
Ora come faccio se qualcuno mi fa inviperire? Gli dico “mi consenti di dirti che secondo me sei una testa di cazzo?”
Un po’ macchinoso…
Era così comodo, bastava un gesto. Un dito medio ben mostrato e via, il messaggio veniva recapitato forte e chiaro.

Comunque ho pensato di riportarla in canile.
O di farle un biglietto aereo per tornarsene in Sicilia, dove l’hanno accalappiata, e farla diventare di nuovo una randagia. Che poi mi chiedo un cane così scemo come abbia fatto a sopravvivere da solo in mezzo al nulla…

Però le voglio bene a ‘sta cretina, quindi mi sa che me la tengo.
Allego foto dell’alligatore:

Guardate che ferocia
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Ciance sparse: Clienti e ritorni

Zan zan zaaaaaaaaaan!!!
A volte ritorno, nuovo romanzo di Stephen King con me come protagonista.
Questa ve la devo raccontare.
Siamo in negozio, volano bestemmie una dietro l’altra in una sequela che nemmeno nei peggiori bar veneti perché è tutto un disastro al momento il negozio e arriva LEI, la mitica.
Donna.
Razza caucasica.
Età indefinibile tra i quaranta e i seicento anni.
Varca la soglia già su piede di guerra senza alcun motivo e urla “Oggi è il mio compleanno, che cos’ho in regalo?” ma serissima, non a mo’ di battuta (che comunque non farebbe ridere ma chi sono proprio io per giudicare il senso dell’umorismo della gente).
Ehm… Signora non c’è un regalo, ha il dieci percento di sconto sul suo acquisto ed è una promozione valida una settimana.
Lei, indispettita, gonfia il petto come Lady Cocca di Robin Hood “Ma come, negli altri negozi mi danno dei regali
E allora vada negli altri negozi
“Eh mi spiace, noi possiamo solo farle lo sconto.”
Indispettita come un gatto a cui hai pestato la coda comincia a fracassare le palle come se non ci fosse un domani facendoci tirar fuori praticamente tutto il negozio perché lei doveva provare. PROVARE TUTTO, INDISTINTAMENTE. OROLOGI, COLLANE,, ORECCHINI, AVESSIMO AVUTO PLUG ANALI AVREBBE PRETESO DI PROVARE PURE QUELLI CON NOSTRO ENORME DISGUSTO.
A una certa lasciamo la stagista a vedersela con questa perché altrimeni io e la mia collega, che siamo piene fino al collo di cose da fare, le avremmo messo le mani addosso. Personalmente le mani gliele avrei messe alla gola, e poi avrei stretto un po’.
Non da ucciderla, non sono mica così crudele, però sai, un piccolo svenimento…
Non le va bene niente. Tutto brutto. Tutto scadente. Lei al mercato trova cose migliori. Lei ha una spilla dei Novecento Avanti Cristo che non so bene cosa c’entri.
Alla fine si decide.
Sembrava dovesse comprare quantomeno un diamante da trecento carati e con cosa arriva in cassa?
Con un anello da trenta euro.
Che oddio, io non mi posso permettere perché sono povera come la merda, però cosa mi fai tirar fuori tutti gli zaffiri e i rubini CHE SONO FASTIDIOSISSIMI DA RIMETTERE A POSTO, per poi prenderti una patacchina in argento?
Ma non è tutto, comunque è un suo diritto provare quello che vuole.
Il problema è che una volta pagato si ferma davanti alla cassa, guarda lo scontrino con una smorfia arcigna, e fa “dammi la calcolatrice, voglio vedere se mi avete davvero fatto lo sconto.

Signora.
Signora mia.
Io ho preso degli 1 in matematica, quindi probabilmente parliamo la stessa lingua.
Però se l’anello costava trenta euro
E lei ne ha pagati ventisette
E LO SCONTO ERA DEL DIECI PERCENTO
SECONDO LEI COSA ESATTAMENTE ABBIAMO SBAGLIATO?
MA POI COME, CHE LO FA DIRETTAMENTE LA CASSA?
MA POI (BIS) COSA CAZZO VUOI CHE TI METTI A METTERE IN DUBBIO LA NOSTRA ONESTA’ PER TRE EURO?
Niente, alla fine se ne va mica tanto convinta.
Io le avrei lanciato dietro una vetrina intera, per fortuna la stagista a cui ormai vogliamo tutti bene come se fosse nostra figlia mi ha placata.

Poi ho passato il resto della giornata a fare casini su casini e arrivata a casa volevo solo schiattare, ma questa è un’altra storia (che intitolerò “come essere licenziata in meno di tre giorni”).

Per quanto riguarda la mia miserabile salute regà è stato decretato che io rimanga in attesa di un’emorragia cerebrale prima di aprirmi, perché se mi aprono mi devono asportare quasi completamente il lobo frontale destro e io al mio lobetto sono affezionata, non me la sento di separarmene così presto. Anche perché sarebbe un intervento sconvolgentemente rischioso, quindi mi spiace aver rotto le balle a tutti con l’idea di un’operazione che non avverrà mai (spero).
Insomma, vado avanti a farmaci e preghiere che Anselmo decida di starsene tranquillo e non esplodere mai più, intanto lo controlliamo ogni tre mesi e se prova a cambiare forma o dimensione gli faccio un bel discorsetto a quello lì.

E voi miei cari spelacchiati come state? Giuro che stavolta risponderò a ognuno di voi, siete sempre meravigliosi con me e sono affezionata a voi e alle vostre avventure quindi aggiornatemi che ciciariamo un po’!
Hasta la pastaaaaaa

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Ciance sparse: vacanze cavernoma cerebrale e sudore

Buongiorno miei adorabili spelacchiati, come state? Io sono cotta, frullata col mini pimmer, sto caldo mi sta smolecolando.

Ieri altro giro di visite da un altro neurochirurgo, la cui diagnosi è stata molto meno rosea di quello di Milano: Anselmo is back, o meglio è sempre lì, due centimetri di profondità nell’emisfero destro del mio piccolo cervellino, ed è da rimuovere. Nuovo giro di pianto sulla spalla del Batterino.

Ma parliamo di cose stupide, perché se no Anselmo si monta la testa se parlo sempre di lui. Possiamo tutti insieme sdoganare una cosa? Il sudore in punti beceri. Io dopo quattro secondi al sole ho la zona baffetti che gocciola, le sopracciglia se le strizzo esce almeno mezzo litro di sudore, il coppino che ormai è disciolto ma soprattutto IL SENO PER L’AMOR DI DIO QUALCUNO FACCIA QUALCOSA PER IL SUDORE TRA I SENI. Miseria ladra, possiamo nel 2022 essere vittime di questa tortura? Che poi a me vengono eritemi della Madonna, prudo ovunque, mi gratterei come l’orso Baloo contro i tronchi d’albero.

Però ho passato una notte in Monferrato con il Batterino del mio cuore, in un posto veramente super carino; si chiama Cascina Manu, è una villa con sole cinque stanze di cui una direttamente sulla piscina ed è quella capitata a noi: c a r i n i s s i m a. Tra l’altro è l’unica con l’aria condizionata, quindi super contenti.

Abbiamo mangiato, nuotato, salvato coccinelle dall’annegamento, abbiamo riso di me che mi mettevo in piscina in posizione squat tenendo le mani a pinza e mi muovevo solo lateralmente come un granchio, ho quasi decapitato il Batterino quando al mio urlo stridulo da “ommioddio mi è cascata una cimice addosso” ha risposto con “massi, non ti fa niente, lasciala lì”. Batterino, patti chiari amicizia lunga: se un insetto mi cade addosso tu ti precipiti ad acciuffarlo e lanciarlo delicatamente fuori dalla finestra, OKAY?

Infine oggi ho fatto un colloquio di lavoro, perché i pochi soldi che avevo da parte stanno finendo e io non posso vivere da parassita fino a novembre, quando avrò la nuova risonanza magnetica e si deciderà se aprirmi con l’apriscatole. Mi faranno sapere settimana prossima. Incrocio le dita dei piedi.

Queste sono le incredibili news del bollettino “una spelacchiata sempre più stressata”. Spero che la vostra estate proceda bene, priva di Anselmi vari ed eventuali. Io ammetto di essere demoralizzata al momento, ma noi spelacchiati mica ci lasciamo abbattere così. Suvvia lascio la parola a voi e la smetto di cianciare!

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Ciance sparse: La storia della mia emorragia cerebrale

Buongiorno miei amati Spelacchiati, come state?
Io sto. Tutto a posto e niente in ordine, oserei dire.
Sono finalmente tornata a casa dall’ospedale e ora mi attendono due settimane di convalescenza, il 9 avrò una risonanza magnetica che farà capire se tutto lo schifo che si è riversato nel mio cervelletto è stato riassorbito e in tal caso si capirà anche qual è stata la fonte della mia emorragia cerebrale.
Ammetto che il mio umore è abbastanza ballerino, tipo il Roberto Bolle degli umori.

Credo sia giusto fare come ho sempre fatto, ovvero narrarvi le cose nella maniera più onesta e cretina possibile.
Partiamo quindi dal 13 aprile, giorno in cui mi reco a lavoro come ogni mattina per fare la receptionist all’università, ma passano un paio d’ore e io comincio a stare male; vampate di calore, sudo, ho freddo, ho mal di testa e soprattutto mi viene da vomitare.
Ovviamente fioccano le domande “ma non è che sei incinta?!” “Sara ma… hai usato le protezioni?” “Ma sei sicura sicura di non essere incinta?!”
Al che io volevo prendere la cattedra e lanciarla addosso a tutti perché come diamine si permettono a pormi una domanda del genere? INCINTA? IO?! Io che faccio un’attenzione maniacale alla pillola perché l’idea di avere un marmocchio mi manda ai pazzi?
E infatti incinta un cazzo, stavo così male che hanno chiamato il mio Batterino che come un supereroe è arrivato a velocità record da me (che intanto per andare a stendermi mi ero quasi stesa da sola sbandando e prendendo una facciata contro una porta, credo ci sia la mia impronta facciale stampata ormai) e che appena mi ha vista ha detto “col cazzo che la porto a casa, noi ora chiamiamo l’ambulanza perchè questa non è Sara.”

Giungo in pronto soccorso dove mi piazzano a caso su una barella e mi danno quelle disgustose traversine dicendo “va che se devi vomitare fallo lì, neh”. Ma io, stoica come un gibbone, mi trascinavo in bagno ogni dieci minuti a svuotarmi lo stomaco.

Tempo di permanenza al pronto soccorso: dieci ore.
Poi finalmente mi taccano ovvero mi fanno una tac, si rendono conto che parbleau questa c’ha n’emorragggggia cerebrale e mi ricoverano e da lì per me c’è il vuoto cosmico nel cervelletto.
So di aver avuto dei deliri paranoidi per tutta la prima giornata.
Mi sono rifiutata di farmi fare un esame, un angiografia, perché pensavo che i medici volessero asportarmi gli organi e venderli.

Ho parlato con il Batterino e mia mamma nell’orario delle visite ed ero così convinta di star letteralmente morendo che non riuscivo neanche a piangere, gli dicevo solo di essere forti, che mi dispiaceva, che dovevano andare avanti con la loro vita.
Durante la notte mi sono strappata via la flebo come nei film horror camminando nel corridoio spargendo sangue ovunque perché ero convinta che qualcuno stesse chiamando aiuto.

Sentivo tutte le voci a velocità quintuplicata, i suoi per me erano così forti che anche i “bip” dei macchinari mi spaccavano la testa, le luci erano qualcosa di mortale per i miei occhi.

Insomma regà, non me la sono passata benissimo, l’unica cosa bella della degenza ospedaliera erano i dottorini belli e i budini alla vaniglia.

Insomma, ora mi toccano giorni di noia alternati a momenti in cui i miei amici -persone meravigliose, non pensavo di averne così tanti e così straordinari- vengono a trovarmi per cercare di distrarmi un po’.

Beh, questa è la storia della mia emorragia per ora. Sicuramente farò altri post, ma con calma.
Voi come state? Ho diverse idee per il blog visto il periodo di nullafacenza che mi tocca, spero che voi abbiate la voglia di stare con me in questo viaggio.
Narratemi tutto quello che vi va, come sempre vi leggo e vi adoro, e se vi va di offrirmi un caffè virtuale vi lascio il link:  https://ko-fi.com/pensierispelacchiati60745

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Conversazioni spelacchiate, reali o immaginarie

Ah, gli uomini. Che esseri straordinari e straordinariamente strani.
Non so voi, ma personalmente sono inadatta all’interagire con i maschi della specie umana; con i cani me la cavo, con i maschi di altre categorie penso di poter entrare in relazione, ma con quelli del genere umano è tutto un altro paio di maniche.
Non li capisco, loro non mi capiscono e alla fine è sempre un gran casino.
“Sara, è che a te piace soffrire” mi ha detto un mio caro amico di recente (Sottolineo “caro” per distinguerlo dagli altri amici economici che ho); eravamo in un bar e io stavo per mangiarmi anche la sedia dalla fame; stupida dieta.
“Te li scegli strani, problematici. Un po’ maledetti.”
Maledetti sì, da me. Ripetutamente.

“E poi pretendi troppo. Ne vuoi uno intelligente tu; un essere mitologico, praticamente. Prendi Francesca, che sta con me: lei si è accontentata. Non solo, ha preso il peggio del peggio.”

Ma voi vi siete trovati, caro. Vi siete piaciuti. E’ quello il problema, io sono super razionale ma poi quando c’entrano le emozioni vado in tilt come una macchinetta delle merendine.
Non penso di pretendere troppo, comunque. E’ che ho bisogno di stimoli mentali, fisici, psicomentali, di qualunque tipo: è questo che voglio in una relazione, deve arricchirmi e io devo arricchire lui (sicuramente non in termini economici visto che posso a malapena permettermi di respirare); ho bisogno di qualcuno che mi trasmetta qualcosa anche a livello mentale, capisci? Che mi tenga attiva, sveglia.
“Sì, vuoi un professore o un mentalist. Forse anche uno psichiatra andrebbe bene, chiedi al tuo se è sul mercato.”
Vai a quel paese.

“Cos’ha questo qui che non va, adesso? Non siete neanche usciti insieme e già ti fai problemi.”
Eh.
Lui non ha niente che non va, sia chiaro. E’ carino -davvero carino, sono uscita con certi esseri al limite del paranormale-, è divertente, vive da solo, gli piacciono i cani…
“Però..?”
Non lo so. Non mi sento a posto.

“Età?”
Più di trenta, meno di quaranta. Non dirò altro.

“Beh rientra nei tuoi standard. Cosa ci trovi in quelli vecchi non lo capirò mai…”
Ma taci, che tu sei uscito con una di vent’anni più grande.

“Sì ma io ne avevo diciassette, ero un pischello. E lei era una milf da paura, aveva due tette… ma torniamo a Lui. Dimmi, ha precedenti penali? Un terzo occhio sulla fronte? Vive in un castello su una collina dove c’è sempre il temporale? Dimmi di più.”
Mi ricordi perché siamo amici, io e te? Niente occhi o castelli, della fedina penale non saprei. Non ha la cavigliera della libertà vigilata però, è già qualcosa.
Scherzi a parte… E’ un po’ rustico, ecco. Lavora un sacco, non ho ancora ben capito cosa faccia ma è un lavoro manuale, di fatica.

“Non farmi fare battute sconce, per favore.”
Vai a quel paese, di nuovo. Ha un bel sorriso. Ma abbiamo pochissime cose in comune, non so neanche se riusciremmo ad avere una conversazione per tutta una cena.

“Quindi non è uno dei tuoi soliti intellettuali o artisti tenebrosi, è questo il problema?”
Forse. Non so, è una persona diversa da quelle a cui sono abituata.
” E tu sei abituata agli stramboidi, quindi potrebbe essere un bene.”
E’ che, sai, penso ancora a quell’altro. Quel pirla con la P maiuscola.
“Ancora? Tutto torna sempre a lui, c’è da farlo fuori. Lo devo eliminare dalla faccia della terra, quello lì. Quindi pensi ancora a lui o hai paura che questo baldo sconosciuto possa piacerti e tu possa dimenticarti del Pirla?”
Non lo so. Entrambe le cose, credo. Una parte di me non si arrende e spera ancora di avere una chance col Pirla, temo.

“Senti, tu stai calma. Esci con questo rustico manovale. Non dovete mica sposarvi. Anzi, guarda che una volta che ti avrà avuto intorno per più di mezz’ora ne avrà le scatole piene e non vorrà mai più saperne di te, tranquilla.”
Grazie, ora sono davvero rilassata.