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Storia della mia emorragia: quando ho capito di essere uno gnu.

Quella mattina era iniziata come tutte le altre, l’unica differenza è che a un certo punto la gatta, che notoriamente mi detesta come io detesto i carciofi, mi è saltata in braccio. 
Così, dal nulla, mi si è appollaiata in grembo e non voleva più muoversi. Mai successo in cinque anni.

Col senno del poi posso dire… ‘Sta infame, poteva darmi qualche segnale d’allarme un po’ più comprensibile. 

D’ora in poi se un gatto mi chiede coccole farò il segno della croce.

Sono giunta in università dove lavoravo all’epoca, ero un po’ un’addetta alla sicurezza e un po’ una tuttofare: informazioni, aiutare i professori nelle cose tecnologiche complesse tipo accendere i pc, controllare che gli studenti non si sfracellassero la capoccia correndo qua e là, controllavo i green pass perché c’erano molti allievi e insegnanti malati di Covid.

Quel giorno era una giornata di lauree, quindi io e le mie colleghe eravamo in prima linea a difenderci da genitori armati fino ai denti di coriandoli e fumogeni (sì, fumogeni, la gente è sciroccata).
Sembrava una giornata normalissima.
Poi a un certo punto qualcosa è cambiato.
Ho cominciato ad avere caldo, poi freddo, poi sudare. Avevo la nausea, mi sentivo debole.

Sono andata in bagno pensando di dover vomitare, ho dato la colpa al caffè preso poche ore prima; “chissà che miscela hanno usato, sarà stato concime?”.
E poi mi sono accasciata per terra. Mi tenevo alla tazza del water ma non riuscivo a fare niente.
Non vomitavo, non svenivo, non mi muovevo.
Non so dopo quanto tempo siano venuti a cercarmi, ma a un certo punto una collega bussa e mi urla “Sara? Stai bene?!”
“No.”

Mi fanno sedere su una sedia con le rotelle, quelle da ufficio, e mi spingono in corridoio. Sembravo normale. Rispondevo, ero piuttosto lucida, ridevo e sdrammatizzavo pure, ma non stavo bene. Stavo incomprensibilmente male.
“Vuoi andare a casa?”
“Non c’è nessuno a casa, ma non ho la forza di prendere il bus. Posso restare qui? Se mi riprendo ricomincio a lavorare. Magari passa in fretta.”

Che stakanovista, eh? Quanto ottimismo. 
Ma qualcosa non li convinceva.
“Dammi il cellulare. Chi posso chiamare?”

Ci penso. Chi disturbare per una cosa così stupida? Ero solo debole. Ero solo stanca. Forse avevo dormito peggio del solito, una cosa da niente.
“Il Batterino… Non so se è libero, potete provare a chiamarlo?”
Non so cosa gli abbiano detto, ma poco dopo era lì.
Mi ha guardata in faccia per un lunghissimo istante.
“Ha la faccia storta, cazzo! Avete chiamato l’ambulanza? Chiamate subito l’ambulanza!”

E così sono arrivata in pronto soccorso.

Si dice “se senti rumore di zoccoli pensa ai cavalli, non alle zebre”.

Io ero giovane, 27 anni, con insonnia cronica, episodi di attacchi di panico, in cura psicologica; sì, insomma, ero un cavallo.
Mi hanno messa su una barella con una bacinella “stia tranquilla signorina”. Codice verde.
Di recente ho parlato con una persona che era lì quella sera, si ricorda di me perché ci conoscevamo di vista; “Sara, tu ti alzavi, andavi in bagno a vomitare, tornavi sulla barella e svenivi. In continuazione.”
Non vi dico per quante ore ho continuato così perché se ci penso la fiducia immensa che ho negli ospedali vacilla un pochino; ma ero solo un cavallo, dopotutto, o forse addirittura un mulo. Non ero prioritaria.
Diciamo che ho passato lì così tanto tempo che avrei fatto in tempo a laurearmi in medicina e autodiagnosticarmi qualcosa.

Alla fine, dopo ore, vengo visitata.
Non mi ricordo molto della visita, diciamo che non mi ricordo quasi niente; ma mi ricordo che a un certo punto qualcosa è cambiato. L’atmosfera è cambiata.
Erano arrivati i risultati della mia tac.
In men che non si dica sfrecciavo sulla barella verso una stanza, la stanza libera più vicina, e mi attaccavano un enorme flacone di mannitolo alla flebo.

Il mannitolo serve per ridurre il gonfiore intracranico. Serve per non far gonfiare il cervello quando c’è troppa pressione. Insomma, serve a non farti fare la fine degli alieni di Mars Attacks.

Ancora mi chiedo come l’abbiano detto ai miei familiari.

Come abbiano reagito loro. 
“Vostra figlia sta avendo un’emorragia cerebrale, se peggiora dovremo portarla in sala operatoria. Dovete cercare di stare calmi, vi daremo notizie appena avremo aggiornamenti.”

Così ho capito di non essere un cavallo.

Ero uno gnu.

*


E questa, miei cari Spelacchiati, è la storia di come questo gnu ha iniziato la sua epopea; se vi interessa posso fare anche le parti successive, e pure i prequel, visto che è una storia contorta quanto un film di Nolan.

Ma vorrei chiudere il post con qualche consiglio serio: non abbiate paura di andare in pronto soccorso. Io ora mi sento al sicuro solo quando sono lì o in ospedale, praticamente!

E non sottovalutate i vostri sintomi.

Se all’improvviso avete problemi a formulare parole, sorridere, alzare le braccia o la vostra faccia diventa “storta”… Chiamate l’ambulanza. Non fate come questo gnu, che sarebbe rimasto a lavoro tutto il giorno. 

Imparate dai miei errori. 

E voi, che animali siete? I vostri animali vi hanno mai avvisati di qualcosa?

E se vi va di raccontare qualcosa di più personale qui nei commenti… vi chiedo di raccontare aneddoti positivi, spelacchiati! Non voglio che questo post diventi un luogo in cui farsi venire l’ansia leggendo bollettini di guerra, ma in cui ci raccontiamo e supportiamo a vicenda… Magari anche sorridendo nel raccontare qualcosa di orrendo. Insomma, siate più spelacchiati che potete!

Hasta la pasta, miei cari!

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Pronto soccorso, vomito e blatte.

“Buonasera, mi dica.” mi dice il medico all’ingresso.
Io mi lascio cadere sulla sedia marrone “Buonasera, guardi…non per essere melodrammatica ma credo di stare morendo.”
Eh, che fantasia. E’ la dodicesima a dirmelo stasera. Che cos’ha?”
“Ha presente quella sensazione da luce bianca e violini celestiali? Ecco, quella. L’ho già vista, non è mai finita bene.”

Lui sbadiglia “Non li segua che poi devo fare la pratica di decesso, un sacco di scartoffie. Mi racconti un po’, possibilmente in fretta, che diamine ci fa qui?”
Io entro in ansia da prestazione “Avevo Anselmo, tumore al cervello. Operato un anno fa. Anselmo aveva un’amichetta isterica: Epy, epilessia. Oggi ha deciso di farmi visita quattro volte. Niente convulsioni, solo l’esperienza deluxe senza il lato spettacolare. Sensazioni strane, nausea, svenimenti… solite cose, ma per 4. Mai avute così tante.”
“Mmh, deluxe è dir poco. Altro?”
“Emorragia cerebrale passata, due cicatrici nel cervello più quella da intervento. E’ un tris interessante, non crede?”

Lui mi ignora “Vomito?”
“Beh, se deve farlo chi sono io per impedirglielo?”

Mi fulmina “Ha avuto vomito?”
“Sì, dopo due crisi. A proposito, se conosce qualcuno per rifare il bagno…”
“Segni vitali?” 
“Mah, l’unico segno che faccio ormai è quello della croce.”
“Mmmh. Le macchine per la risonanza sono già occupate, e lei non sembra necessitarne con urgenza. Facciamo che stasera rimane qua, d’accordo? Qui dietro, così se dovesse succedere qualcosa interverremo rapidamente. Ecco, le do un telo e una barella. Si sdrai lì.”
Guardo il telo. Guardo lui. Guardo il telo come se fosse contaminato da Chernobyl.
“Cosa ci dovrei fare?
” chiedo con un certo orrore misto a raccapriccio.
“Vomitarci sopra.”
“…Lei è serio?”
“Più serio di un infarto. È igienico.”
“Igienico? Il prossimo passo sono le sanguisughe? Senta, se qualcuno mi vede vomitare su un telo per favore mi uccida. Non posso avere un sacchetto, come le persone normali?”
“Su, non faccia la difficile. Dopo tutto quello che ha passato, un po’ di vomito non la ucciderà.”
“Quindi il concetto è: se non sono a un passo dalla bara, va bene qualsiasi schifo? Perfetto. Allora adotto le blatte di casa e gli insegno a fare i pancake.”
“Ecco, brava. Vada a sdraiarsi, se ha un’altra crisi ci chiami, se incontra Dio gli dica di farmi alzare lo stipendio.”
“Okay ma non veda questa promessa come un buon motivo per lasciarmi andare lassù, va bene? Preferirei restare su questa terra ancora un po’. Devo dare fastidio ancora a molte persone.”

“Oh, non ne dubito. Se deve vomitare chiami l’infermiera, d’accordo? Se lei se la sente la accompagnerà in bagno.”
Alla fine ci sorridiamo entrambi, perché è una giornata di merda per tutti e due. 

Per lui perché mi vedrà vomitare.

Per me perché ho solo un telo per farlo. 

*

Buongiorno Spelacchiati, come state? Questo è ciò che è successo qualche giorno fa, devo dire che andare in pronto soccorso è sempre un’esperienza quantomeno interessante.

Io ora sto meglio, anche se per i miei standard “meglio” non è esattamente rassicurante. Diciamo che “sto”. Per fortuna ora ho una settimana di ferie perché l’ufficio fa una meravigliosa chiusura estiva (anche perché non c’è nessuno dei nostri clienti) quindi vedrò di far calmare il mio cervello a suon di schiaffi.

Voi come state? Siete finalmente in ferie?! Dove siete, cosa fate, ditemi che mentre mi leggete siete sdraiati su una spiaggia o vi state arrampicando sul cucuzzolo di una montagna!

Hasta la pastaaaa

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Ciance sparse: uno sfogo serio e sincero.

Buonasera miei cari Spelacchiatini, come state?
Io devo essere onesta e mettere un avvertimento per questo post: sarà molto diverso dai soliti. Non fa ridere, si tratta di violenza sugli animali e di ospedale, e racconto un aneddoto che mi ha turbata molto. Se avete voglia di leggere uno sfogo personale mi farebbe piacere leggere le vostre idee!

Allooooora… Non so bene come raccontare questa storia, lo ammetto, perché per qualcuno potrebbe risultare esagerata ma cercate di avere pazienza.

Parto con una premessa: io amo gli animali. 
Tutti, indistintamente.
Casa mia è in periferia, fino a pochi anni fa c’era un bellissimo boschetto proprio di fronte a casa e amavo andarci con il mio cane.
Insomma, ho sempre avuto a che fare con animali; una gatta randagia a cui abbiamo dato da mangiare la sera per anni ci ha partorito per ben due volte in garage riempendoci il giardino di gattini meravigliosi a cui abbiamo trovato casa -alcuni la madre se li era portati via con enorme pazienza, altri li aveva lasciati da noi; un’altra volta un riccio aveva partorito in un sacchetto di terriccio! Dei mostriciattoli straordinari, una nidiata di piccolissimi ricci a cui -sotto consiglio di veterinari- abbiamo dato latte con contagocce per settimane e poi una sera sono andati via con la madre.
Abbiamo aiutato una caterva di animaletti vari: topini feriti, leprotti (loro sono completamente pazzi, una volta messi in sesto cominciano a saltar fuori appena possono, dei cretini totali), pennuti di ogni tipo -il mio preferito era Piccio, un piccione strampalato che non si sa cosa diamine avesse ma era fuori come un balcone, tutto spennacchiato, che dopo settimane di cure è svolazzato via-.
Abbiamo tenuto un riccio infestato di parassiti, curato una cinciallegra con un’ala rotta, abbiamo allattato una mini lepre trovata sull’asfalto.

Una volta mi sono bardata fino al collo perché c’era un serpente in giardino e io che non so veramente un cazzo di serpenti mi ero messa due strati di guanti, stivaloni al ginocchio ed ero pronta a cercare di prenderlo a mani guantate. Alla fine è stato più facile del previsto, è bastata una scopa e uno scatolone per prenderlo e portarlo nel bosco.

Insomma, che vi devo dire, amo gli animaletti.

Però odio gli insetti, mi fanno proprio ribrezzo, ma con loro uso l’ormai affinata tecnica del “TI PIAZZO UN BICCHIERE SOPRA E PASSO UN FOGLIO DI CARTA SOTTO E POI TI PORTO IL PIU’ LONTANO POSSIBILE DA CASA MIA E NON TORNARE MAI PIU’ TI PREGO ADDIO”.
Nonostante ciò ho fatto svernare una locusta più di là che di qua, e proprio qualche giorno fa ha deciso di andarsene.

Questa era una premessa necessaria, perché qualche giorno fa è successo un episodio molto spiacevole con degli amici del mio Batterino.
Prima che vi facciate idee sbagliate: mi rendo conto che la mia reazione è stata -forse- esagerata, e non voglio che giudichiate troppo male gli amici del Batterino; in generale sono persone normali, mi ci trovo anche molto bene.

L’altro giorno eravamo a pranzo ed è venuto fuori un discorso molto brutto: violenza sugli animali. Hanno raccontato un aneddoto terrificante, un atto compiuto da un loro conoscente. Non entrerò nei dettagli, ma questa persona ha fatto delle cose terrificanti ad un topo, cose di una crudeltà e sadicità che mi hanno lasciata senza fiato.
Il problema è sorto perché ne parlavano ridendo -come poi mi ha spiegato la psicologa può essere che usassero la leggerezza per porre distanza dal fatto, come a volte si fa con le notizie del telegiornale- e nonostante io abbia chiesto più volte di cambiare argomento non solo non mi hanno ascoltata ma hanno addirittura telefonato a questo individuo per farsi raccontare in vivavoce le azioni compiute.
Io ero gelata, ragazzi. Non sapevo cosa fare. Non volevo sentire, non volevo avere altri dettagli, non volevo ascoltare altro. Mi sono tappata le orecchie per non sentire e sarò sembrata una rincoglionita probabilmente, ma non è servito; hanno continuato a parlarne, a descrivere ogni cosa.

Alla fine mi sono alzata all’improvviso e sono uscita dal locale. Sono andata fuori, da sola, e ho cominciato a piangere e tremare; stavo malissimo.
Per qualcuno può sembrare una reazione esagerata, in quel momento stavo così male che mi veniva da vomitare.
Non so se fosse esagerata o meno, so solo che sono stata male tutto il giorno; alla fine, tornata a casa, ho capito che il racconto mi aveva smosso anche altre cose.

Era come se si fosse aperto un varco spazio-temporale: all’improvviso non ero più lì ma ero in ospedale.

Ero in ospedale e sentivo le persone urlare di dolore, piangere, gemere, avere paura.

L’idea che qualcuno possa fare del male volontariamente ad un essere vivente per puro divertimento aveva riaperto delle ferite che non sapevo neanche di avere.
Ho continuato a stare male per tutto il giorno successivo, con immagini dell’ospedale che mi piombavano addosso all’improvviso, senza motivo; ho sentito persone con cui avevo legato in ospedale perché avevo bisogno di sapere che stavano bene, che erano ancora in piedi.
Non penso di averne mai parlato qui sul blog, non ho raccontato molto nemmeno ai miei amici “della vita vera”, ma in ospedale tra i vari ricoveri ho visto e sentito cose che non so descrivere… Cose che evidentemente mi hanno segnata molto più di quanto pensassi.

Da qui sono poi nate due riflessioni, due consapevolezze.

Una è che devo ancora guarire. Forse la cicatrice sulla mia cucuzza si è rimarginata, ma ci sono altre cose che devono guarire e tornare a posto; e ci sono cose che non torneranno più a posto, incrinate per sempre, con cui devo imparare a convivere. E va bene così: ho affrontato delle cose importanti, è normale che mi abbiano lasciato dei segni. Devo però imparare ad affrontarle, a capirle, ad accettarle, per poter trovare pace e superarle.

La seconda riflessione è che evidentemente non so farmi valere, e devo cambiare.
Non voglio più essere la persona che esce a piangere da sola.
Voglio essere la ragazza che piuttosto fa tacaere un’intera tavolata.

Non dico di dover saltare sul tavolo all’urlo di “siete tutti degli stronziiiiii” però ho capito che i miei sentimenti valgono di più, le mie emozioni hanno un valore, quello che provo merita più rispetto di così. In primis da parte mia, perché se non sono io a battermi chi dovrebbe farlo?
Io devo imparare a farmi ascoltare, ad alzare la voce se serve, ad esigere rispetto. 
Tutti pensano a me come Sara quella simpatica, Sara quella divertente, Sara quella accomodante, che si fa andare bene tutto, che non crea mai problemi… Ma se ci fosse altro? Se invece io ogni tanto mettessi qualcuno a disagio, invece di chiudermi come un armadillo in me stessa e aspettare che le cose passino? 
Insomma, ho deciso che d’ora in poi mi rispetterò di più, perché valgo qualcosa anche io. E se per stare bene io devo far sentire a disagio qualcuno per cinque minuti allora lo farò, perché non voglio più sentirmi in quel modo.
Non voglio più tornare mentalmente in ospedale a piangere da sola per il dolore post-operatorio, o per la paura di quello che sta succedendo.

Questo post è moooolto diverso dal solito, miei cari Spelacchiati, me ne rendo conto; avevo bisogno di esternare queste cose, nella speranza di poter attivare qualcosa anche in voi. Il vostro tempo è prezioso, la vostra sanità mentale va tutelata, i vostri sentimenti vanno rispettati. 
Spero di non avervi delusi o annoiati con questo sfogo notturno, presto tornerò con altre cazzatine (se dico “Fabbricante di Lacrime” sapete cosa aspettarvi?) e argomenti molto meno pesanti di questo!

Ancora una volta grazie a chi avrà voglia di commentare facendomi sapere la propria opinione su tutti questi temi così importanti, mi piacerebbe sentire le vostre idee su queste cose. 

Hasta la Pastaaaaa!

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Ciance sparse: intervento al cervello, non sono diventata più intelligente tranquilli!

Buonasera miei cari, piccoli Spelacchiati! Come state?
Io ho un dubbio, devo sottoporvi un quesito di fondamentale importanza.
Ma anche voi in questo periodo state trovando cimici decedute ovunque? Alzo un libro e c’è un insetto morto. Sposto un vestito abbandonato sulla sedia in camera mia da tempo immemore e cade una cimice. Apro una finestra e mi piombano addosso cimici a vagonate, una cascata di cimici rinsecchite, giuro è uno spettacolo aberrante io prima o poi esco dalla mia stessa pelle e me ne vado alle Bahamas perché così non si può continuare.
Non so se fosse peggio prima, quando ogni trenta secondi cominciavi a sentire un ronzio in lontananza che poi diventava praticamente assordante fino a che STOOOOCK! Una cimice ti piombava addosso.
Sullo schermo del pc. In testa, per terra, nel piatto.
Non so come io abbia fatto a sopravvivere fino ad ora.

Ma parliamo di cose vagamente più serie, che voi siete degli Spelacchiati adorabili e vi interessate alla mia salute.
Beh, sono viva! Habemus ancorus una Spelacchiata Suprema -cioè io-.
Cercherò di andare con ordine partendo da un martedì di fine novembre quando sono andata all’Istituto Besta per fare il pre-ricovero. Devo dire che quel giorno l’ho vissuto bene, girovagavo per l’ospedale, andavo alle macchinette a prendermi i Kinder Bueno, chiacchieravo allegramente con persone a caso… Me la spassavo.
Mercoledì ho cominciato a subodorare che stesse davvero per succedere qualcosa di orribile al mio piccolo cranio, ma una parte di me era ancora in modalità “non è vero, tu stai tranquilla mica ti aprono come una scatoletta di tonno”.
La consapevolezza mi è piombata addosso quando alla sera l’infermiera mi ha sganciato un po’ di bustine con dentro shampoo e bagno doccia bizzarri dicendomi “cara, devi farti la doccia anti-batterica”.

Prima di tutto stiamo calmi, che mi sembra una roba da apocalisse.
E poi che cazzo devo fare?
Niente di che regà, in realtà ho dovuto soltanto cercare di non allagare troppo il bagno mentre mi lavavo con quella roba molto specifica che ammazza qualsiasi tipo di germe o batterio nel raggio di chilometri.
Ecco, quello è stato il momento della consapevolezza, il momento in cui ho cominciato a valutare le mie opzioni: “allora, calarmi dalla finestra non posso perché siamo troppo in alto, infilarmi nel cesto dei panni sporchi no perché mi fa schifo, potrei cercare di saltare sul vassoio gigante della colazione domattina…

E niente ragazzi miei, alla fine dopo lungo pensare e un breve piantino sono entrata in trans-agonistica: facciamolo.
Leviamo Anselmo.
Pensavo che non sarei riuscita a chiudere occhio invece ho dormito come una citrulla, perché ormai era fatta: non era più solo una possibilità che aleggiava su di me, mi stavano davvero per operare. Ed ero… sollevata.
Anche perché il mio neurochirurgo regà era un figo di dimensioni astronomiche, emanava Sindrome di Dio da ogni poro eh, però quella sicurezza, quell’atteggiamento da “io posso fare qualunque cazzo di cosa” mi ha dato una notevole dose di calma. Penso che ogni tanto si metta a fare cose tipo fermare i treni a mani nude e lottare con le tigri, così, giusto perché sente di poterlo fare.
Io invece mi sento un verme verminoso e verminante, ma questa è un’altra miserabile storia.
La mattina dell’intervento ho mandato qualche selfie stupido alla mia famiglia perché la cosa che più mi preoccupava non era il mio intervento ma l’idea che i miei genitori potessero farsi venire un infarto dall’ansia o che mia sorella in preda ad un attacco isterico si mangiasse cose con il lattosio o che il Batterino si ingoiasse una bacchetta per la disperazione.
Sono sopravvissuti pure loro, meno male.

Mi hanno messo il camice, mi hanno portata giù, mi hanno detto “ora arriva il cocktail di farmaci…” e io non ho capito niente da lì fino a tre/quattro giorni dopo.

L’intervento è andato bene, Anselmo non ha opposto resistenza, io ho avuto un po’ di crisi epilettiche a ripetizione quando mi hanno svegliata ma di quello ho dei vaghi ricordi. So che la mia famiglia era lì, ma non mi ricordo nulla. So che sono venuti a trovarmi anche i giorni seguenti, ma non ricordo nulla.
Comincio ad avere dei ricordi dal terzo giorno dopo l’intervento, e i miei ricordi sono: DOLORE, DOLORE, DOLORE CAZZO CHE DOLORE.
Quando i miei mi chiedevano come stessi dicevo che stavo alla grande, la verità è che il dolore che ho provato in certi momenti non me lo dimenticherò mai; non riesco neanche a descriverlo, era solo estenuante e spaventoso. Una mattina hanno ritardato a darmi la morfina e pensavo che sarei schiattata lì così, un modo veramente stupido di schiattare dopo un intervento.
Poi l’infermiera è arrivata con luci angeliche intorno e cori di angeli che la precedevano e quando mi ha iniettato la morfina avrei voluto farle un bonifico a sei zeri.

Ora sono a casa, in convalescenza. Ho avuto due crisi epilettiche da quando sono a casa, il che non è esattamente un buon segno ma attendo il parere della dottoressa prima di cominciare a disperarmi e prendere a testate il muro -anche questa non sembra un’ottima idea, lo so, però cercate di capirmi- perché potrebbe voler dire un altro intervento molto più invasivo -CIOE’ ANCORA PIU’ DI QUESTO, CAPITE?!- ma non voglio neanche pensarci al momento.

Devo dire che adesso ragazzi mi sento come se un enorme peso che non sapevo neanche bene di portare addosso mi sia stato tolto.
Mi hanno tolto Anselmo, il mio tumore al cervello. Non rischio più di avere un’emorragia cerebrale da un momento all’altro. Mi viene da piangere, non sembra possibile.
Ora mi viene da piangere anche per un altro motivo: come si torna alla vita dopo quasi due anni? Cosa devo fare? QUALCUNO MI DIA UN LIBRETTO DI ISTRUZIONI PER FAVORE, non so cosa devo fare! Visto che ho ancora crisi la patente ovviamente me la sogno, devo capire se posso cominciare a cercarmi un lavoro, se posso finalmente tornare in università e cercare di dare gli ultimi cinque esami che mi mancano per laurearmi in lingue, se posso uscire da sola a fare una passeggiata. E’ tutto un po’ strano, come se fossi in un mondo che non conosco bene. 
Fa un po’ paura.

Ma qua andiamo a pipo durissimo incontro alle cose quindi forza ragazzi, narratemi, voi come state? Ditemi qualcosa di bello che avete fatto in questo periodo, qualcosa di cui siete orgogliosi. Può anche essere “ho trovato un bar che fa un cornetto al pistacchio che al mattino mi regala della gioia di vivere“, e poi ditemi che bar è perché i cornetti al pistacchio sono la mia passione.
Potete anche sfogarvi raccontando qualcosa di brutto o stressante che dovete affrontare, mi piacerebbe che nei commenti vi supportaste un po’ a vicenda perchè è di fondamentale importanza trovare qualcuno che dia un po’ di supporto. Avrete sempre il mio.
Insomma, hasta la pasta ragazzi, grazie di esserci sempre per me.

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Quizzone pre operatorio per passare il tempo

  • Qual è il tuo animale preferito?
    Il gerbillo.
    Va beh non è vero però penso spesso ai gerbilli, sono così belluzzi!
  • Cosa fai nella vita?
    Principalmente schifo, nel tempo libero do’ fastidio alle persone.
  • Se potessi viaggiare ovunque nel mondo, dove andresti?
    Sul cucuzzolo di una montagnola.
  • Sei una persona mattiniera o notturna?
    Notturniera
    Ma sto ancora cercando di capire se sono una persona, mi sento più un’entità bizzarra
  • Qual è il tuo ricordo d’infanzia preferito?
    Quando stavo al caldo nel grembo materno e non pensavo A UN CAZZO DI NIENTE quanto si stava bene quando non si stavaaaaaaa
  • Chi è la tua cotta per una celebrità?
    DiCaprio. No, Johnny Depp. No, Jason Momoa. No, Jorge Lorenzo. No, Benedict Cumberbatch, no, non lo so AAAAHHHHHHH
  • Qual è la tua festa preferita?
    Una ben organizzata
  • Cosa apprezzi di più in un amico?
    I regali che mi fa
  • Quale animale vorresti essere?
    Un ermellino
  • Sei un secchione?
    No, sono un piccolo catino
  • Ti consideri una persona felice?
    Neanche lontanamente, NEANCHE PER UN CAZZO REGA’ ZEROOOOOO. Scusate, la smetto. Sì, sono gioiosa. Tra due minuti passano l’anestesista e il neurochirurgo, pensate quanto possa essere felice, sto per bere l’amuchina.
  • Cosa dici quando rispondi al telefono?
    “Cosa cazzo c’è?”
  • Ti dà fastidio se ti toccano i capelli?
    Mi da’ fastidio qualunque cosa
    Pensa dal parrucchiere, mi mettono la museruola
  • Hai mai fatto il bagno nudo/a?
    No di solito mi metto quindici strati di vestiti. A volte non ci sto nella vasca, ma sono rischi che vale la pena correre.
  • Il concerto che non dimenticherai mai?
    GREEN DAY, 21st CENTURY BREAKDOWN TOUR
  • Hai qualche velleità artistica?
    Zero. Anche meno.
    Però ho un vello notevole, dovreste vedere che peli c’ho.
  • Qual è la cosa più avventurosa che hai fatto nella vita?
    Aprire la scatoletta del tonno. Il terrore di affettarmi un dito è sempre lì con me.
  • Qual è la tua aspirazione più grande?
    Non so, ho fatto un paio di spirometrie e non sono stata poi così brava
  • Fai sport?
    Fuggo dai problemi come se non ci fosse un domani
  • Riesci a fissare a lungo le persone negli occhi?
    Che domanda inquietante. No, ma posso fissargli i piedi per ore. Anche le rotule.
  • Quando è stata l’ultima volta che hai pianto? E l’ultima volta che hai riso?
    E l’ultima volta che ho pasta non me lo chiedete?!
  • Sei superstizioso?
    Non sono super niente
  • Vedi il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno?
    Dipende da cosa c’è dentro. Se qualcosa che mi piace è vuotissimo, ci metto un secondo. Se no rimane pieno
  • Sorprendi i ladri in casa: come ti comporti?
    Gli offro un caffè, poi ci mettiamo insieme a lagnarci e piangere delle nostre miserie e alla fine secondo me mi danno una pacca sulla spalla dicendo “dai, verranno tempi migliori, ti lascio un buono pasto”.
  • Cosa fai se vedi una cartaccia abbandonata in un prato?
    Le chiedo se va tutto bene
  • Qual è il più bel gesto che si possa ricevere?
    Un bonifico
  • Se potessi ricominciare la tua vita da capo, cosa faresti?
    Dipende, da capo di cosa?
  • Qual è il tuo supereroe preferito?
    SuperPippo
  • Se dovessi morire oggi, quale sarebbe il tuo più grande rimpianto?
    Non essere morta ieri
  • Cosa fai se vedi una rissa?
    Me la squaglio così velocemente che la Terra comincia a ruotare al contrario
  • Cosa ti riesce meglio?
    Allora, mi sembra di aver capito che le crisi epilettiche mi escono abbastanza bene, anche le emorragie cerebrali penso meritino un otto su dieci.
    Anche fallire miseramente mi viene benino.
  • Cosa pensi che gli altri pensino di te?
    Penso che pensino che penso che li odio, e pensano bene, infatti li detesto tutti
  • Dove ti vedi fra cinque anni?
    Allo specchio
  • Se un tuo amico ti chiedesse mille euro in prestito, cosa faresti?
    Scoppierei a ridere perché al massimo posso dargli mille schiaffi
  • Qual è il tuo piatto preferito?
    Fondo, con dei ghirigori blu intorno, molto carino
  • Hai molti amici veri?
    Sì ma ne ho di più immaginari
  • Cosa non sopporti in una persona?
    Principalmente il fatto che parli, che abbia delle opinioni e soprattutto che me le esponga
  • Estate o inverno?
    Libro o camicia? Cuffie o casa? Posso andare avanti a elencare cose per tutto il giorno.

Dopo questa carrellata di scemenze posso dirmi pronta ad andare a fare la tac, visto che stamattina ho già fatto tutto il resto: risonanza magnetica di mille ore, esami del sangue (minchia me ne hanno preso venti provette ma cosa voleteeee ridatemelooooo), ho firmato millemila fogli in cui mi dicono cose ORRIBILI e rischi ORRIBILI per qualunque cosa.
Insomma, sono carica a pallettoni per ‘sto intervento ma cerchiamo di farlo in fretta che poi mi sgonfio come un palloncino e mi passa tutto il coraggio.
Domani è il giorno prescelto, mi scavano un pochino nel cervelluzzo, levano Anselmo, levano un po’ di cose visto che Anselmo intanto ha arredato il suo monolocale, poi mi ricuciono e mi mandano su con una pacca sulla spalla.
“Su” non dal Divino, spero, ma “su” in reparto in terapia intensiva dove mi lasciano per 24/48 ore a smaltire tutto quanto.
Comincia ad esserci dell’ansiella, ma sono sorprendentemente più calma di quanto mi aspettassi: insomma regà ‘ste cose si fanno così, de botto e soprattuttto “con il pene ben ritto”, a gamba tesa. (Per chi vuole essere più volgare: a cazzo duroooooooo)

Il Covid impervia tutto intorno a me, in reparto c’è Coviddimmerda un po’ ovunque, a casa pure, insomma qua è una guerra e se mi ammalo anche solo di raffreddore dopo l’intervento mi incazzo tantissimo perché qui dobbiamo stare tutti calmi ma mi sembra di essere presa un po’ in giro da quello che sta lassù nell’Altissimo dei Cieli.

Ragazzi, voi come state? Narratemi di tutto e di più, fatemi domande se avete curiosità sull’intervento o sull’ospedalizzazione in generale, magari farò un post dedicato se può interessarvi!
Hasta la pastaaaaaa

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Alla ricerca di risposte facili per domande difficili

Buonasera miei cari spelacchiati, come butta?
Io tra un po’ mi butto, non so se dalla finestra o nel cestino dei rifiuti non recuperabili.
Diciamo che la mia salute mentale e fisica non sono esattamente al massimo, potrei anche azzardare e dire che siamo vicini al minimo; mi hanno ricoverata di nuovo per le simpatiche crisi epilettiche che mi stanno venendo a ripetizione in questo periodo. In reparto ormai mi chiamano per nome, quando arrivo in pronto soccorso mi battono il cinque “uè ancora qua sei, ma Sara, se ti manchiamo basta dirlo e ci facciamo un aperitivo!” non siete simpatici ma apprezzo lo sforzo.

Ahhh… La verità è che sono decisamente abbachiata in questi giorni, dunque mi sto sparando un po’ di film alla ricerca di un film abbastanza brutto da farci un Film Brutt.
Vorrei delle risposte facili a domande difficili e smettere di avere conversazioni inconcludenti con Dottori di qualunque tipo; neurologi, neurochirurghi, epilettologi, radiologi…
Dottore, vorrei capire… perché mi stanno venendo tutte queste crisi? Io capisco di essere scema come una biglia, però non al punto di mettermi a fissare il vuoto e non saper dire il mio nome.
Può essere Anselmo, il cavernoma, che ogni tanto si irrita e decide di rilasciare sostanze nel tuo piccolo cervello che creano casini, ma può anche essere che siano le cicatrici lasciate dall’emorragia dell’anno scorso a infastidirsi e infastidirti.

Quindi cosa dobbiamo fare? Prendo una rivoltella con un colpo solo?
Potremmo operarti e togliere Anselmo, ma non sappiamo se ti aiuterebbe a risolvere la situazione.
Potremmo operarti, togliere Anselmo e togliere tutte le cicatrici sparse per la tua capoccia, però sarebbe un’operazione della Madonna, praticamente una lobotomia.
Potremmo anche continuare a cambiarti farmaci finché non troviamo la combinazione giusta, che ti faccia passare le crisi.

Okay, fico, mi piace andare a tentoni. Ha presente la citazione “non mi aspetto niente ma sono già deluso”? Ecco.
E mentre decidiamo come procedere io che faccio? Bevo la candeggina?

Eh, cerca di vivere normalmente.

…Con tutto il dovuto rispetto, qua di normale è rimasto ben poco. Ho avuto quattro crisi di assenza nell’ultima settimana, il che significa che non posso fare niente di normale. Non posso andare in bicicletta, non posso uscire da sola, se avessi un lavoro non potrei stare in negozio da sola e probabilmente finirei col far derubare il negozio durante una delle mie crisi. Quindi la prego, non mi dica di vivere una vita normale perché potrei prendere quel fermacarte e colpirla ripetutamente.
Capisco, però non c’è altro da fare purtroppo. E’ una situazione complicata, sei un caso piuttosto difficile. Purtroppo la tua situazione è piuttosto rara, hai diverse problematiche che si presentano raramente da sole, e tu le hai tutte insieme.

Quindi torniamo alla rivoltella?
Quindi aspettiamo. Ci riaggiorniamo tra tre settimane, il tempo per capire se il farmaco nuovo sta facendo effetto insieme all’altro.

Dottore, non vorrei sembrare lamentosa perché so che avete a che fare con casi ben più gravi ed estremi del mio, però mi sento un po’ persa. Non so come gestire la mia vita.
Un passo alla volta, Sara. 

Quindi regà barcolliamo insieme, un passo alla volta, a volte inciampando, a volte appoggiandoci a qualunque cosa possa sorreggerci, in attesa di qualcosa di migliore.
Ora torno a cercare Film Brutt, voi raccontatemi quello che vi va!
Hasta la pasta!

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Estate 2023, bellammerda: aggiornamenti vari

Buonasera miei Spelacchiati amici, come state?
Io… sto. Il che è già qualcosa. Giungo da un ennesimo ricovero ospedaliero, comincio ad essere un pochino frustrata, e con “un pochino” intendo parecchio ma cerchiamo di tenere alto almeno il morale.

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Negli ultimi mesi di latitanza dal blog ho più che altro lavorato e avuto crisi epilettiche, quindi niente di entusiasmante fino a settimana scorsa in cui sono arrivata in negozio, mi sono messa a smagliare un orologio e ho fatto appena in tempo a dire “ohibò, schiatto” che ho perso i sensi; a quanto pare ho avuto una crisi epilettica di quelle vere e potenti, con convulsioni, schiuma alla bocca e tutto quello che ne succede. Per fortuna c’erano le mie colleghe meravigliose che mi hanno soccorsa, io ho ripreso i sensi solo quando c’era un paramedico inginocchiato accanto a me che mi chiedeva domande difficilissime tipo “come ti chiami?”.


Mi hanno ricoverata per cinque giorni per capire cosa diamine stesse succedendo nel mio piccolo cervellino, perché ovviamente il pensiero di tutti quel giorno era “okay, Sara sta avendo un’altra emorragia cerebrale, ce la siamo giocata”.
Ma come si suol dire l’erba cattiva non muore mai quindi sono ancora qua, non era un’emorragia cerebrale solo il mio cervello mezzo rotto che mi ricorda di non essere in gran forma. Non si è ancora capito cosa fare a riguardo, stanno rivalutando l’idea dell’intervento, mi hanno aggiunto dei farmaci, io intanto sospiro e annuisco.

Cerchiamo di vedere il lato positivo, cioè che il neurologo era un figo imperiale, aveva un sorriso che Patrick Dempsey in Grey’s Anatomy levati; il lato negativo è che io ero in condizioni pietose, piena di elettrodi ovunque e la faccia da triglia lessa, quindi non penso di aver fatto colpo.

Durante le convulsioni mi ero pure morsa la lingua così forte che non sono riuscita a mangiare per due giorni. Ora. Io posso accettare tutto, però non toglietemi il cibo perché ribalto qualcosa. Mi hanno nutrita a caffè latte e crostatina, come quando andavo a scuola. Sempre meglio del pranzo comunque, credo che gli gnocchi col tonno che mi hanno proposto in ospedale invaderanno i miei incubi per molte notti.

Insomma ragazzuoli mi sembrava giusto aggiornarvi, e visto che per un po’ non lavorerò -non aprirò una parentesi sulla collega infame che ha raccontato tutto alla capo area nella speranza di farmi licenziare e far assumere una sua amica al mio posto- avrò un bel po’ di tempo libero per scrivere le mie cazzatine.

Questa estate 2023 se la sta giocando bene per aggiudicarsi il primato di “estate più demmerda de tutte”, è in lizza con quella in cui ho avuto l’emorragia e l’estate del Coviddimmerda.

Ora che ho finito di lamentarmi come gli anziani che elencano i propri malanni passo la palla a voi: come state? Ditemi che la vostra estate sta andando alla grande, fatemi sognare un po’! Io mi sono fatta un paio di giorni a Firenze col Batterino prima di questo tracollo fisico, mi sa che per i prossimi vent’anni ho finito di andare in giro.

Hasta la pasta!

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Ciance sparse: da modalità “zen” a modalità “eccheccazz”

Ma buonasera miei amatissimi Spelacchiati, come state?
Spero che quest’anno sia iniziato alla grandissima, diciamo che io ormai non dico più nulla a riguardo perché dopo il 2020 pensavo non fosse possibile fare peggio e invece il 2022 ha dimostrato alla grande che non c’è mai fine al peggio. Li mortacci sua.
Cioè ma ci rendiamo conto di quanto deve essere stato un anno orribile per superare quello in cui UNA PANDEMIA GLOBALE HA COLPITO IL MONDO INTERO TRANNE FORSE QUALCHE ATOLLO DISPERSO NELL’OCEANO?

Non so se lo sapete, ma io il 23 dicembre sono stata nuovamente ricoverata in ospedale. Lo so, lo so, ho rotto il cazzo con ‘sti ricoveri, ma che vi devo dire sono una ragazza frizzantina. Mi piace starmene su una barella dalle dieci alle ottantacinque ore, che vi devo dire.

Il 23 infatti nuovo giro di crisi epilettiche una dopo l’altra, tipo raffica di pugni di Goku; ero pure a lavoro e mi sentivo una merda ad abbandonare le mie colleghe perché vi lascio immaginare quanta cazzo di gente ci fosse al centro commerciale quel giorno.
Per fortuna ho delle colleghe meravigliose che per qualche assurda ragione mi vogliono bene e a un certo punto mi hanno inchiodata nel retro e hanno minacciato di chiamare seduta stante un’ambulanza se non fossi andata io in pronto soccorso in quel momento perché ero visibilmente morente. Faccia un po’ storta, non mi reggevo in piedi, avevo un mal di testa che mi stava trapanando il cranio, sentivo odori inesistenti… E quindi niente, giro in pronto soccorso.

Devo dire però che il pronto soccorso è un luogo in cui non ti annoi. O meglio, ti annoi perché ci stai così tanto tempo che a una certa vuoi solo rantolare via, però succedono un sacco di cose e parli con un sacco di persone.
Ora vi racconto la maxi storia di come mi sono innamorata mentre ero lì, Batterino perdonami.

Io ero sulla mia barella da ormai credo duecento ore, la mia schiena non era più una schiena ma un serpente tutto storto; a un certo punto alzo lo sguardo e lo vedo.
Lui.
Con la L maiuscola non perché a inizio frase dopo un punto ma perché se la merita.
Capelli bianchi con le punte tinte di nero, tutti sparati; sulla quarantina; circondato da quattro energumeni della polizia… Aveva le manette a mani e piedi.
MI SONO INNAMORATA DI UN GALEOTTO REGA’!

Ci siamo guardati per un istante lungo una vita mentre veniva scortato fuori, non so se stesse pensando a come sarebbe stato limonarmi o a come sarebbe stato farmi a pezzi.

Poi ho parlato con un sacco di persone perché sono una persona fastidiosa e cercavo di alleggerire l’atmosfera per tutti, perché vi assicuro che scemenze a parte ho visto cose che non avrei mai voluto vedere, lì dentro.

Comunque io prima del ricovero ero riuscita ad entrare in modalità zen, mi ero caricata di una pace interiore notevole.
Perché insomma, un’emorragia cerebrale diciamo che potevo accettarla, sono sempre stata cagionevole ma niente di grave quindi insomma ero già stata fortunata…
Poi abbiamo scoperto di Anselmo, e anche lì, dopo aver tirato dei gran porconi uno scrolla le spalle spera in bene.

Ora sono arrivate le crisi epilettiche. Okay, potevamo aspettarcelo, me l’avevano detto che sarebbe potuto succedere.

L’altro ieri la mia meravigliosa responsabile mi ha detto che non se la sente di farmi andare a lavoro fino a che io non sia completamente a posto, quindi dopo l’intervento. Il che significa che da “povera come lammerda” io ora sono passata a “addirittura più povera dellammerda”. Però okay, capisco, ha ragione e le voglio un bene dell’anima.

Nel frattempo si sono aggiunte tutte le cose che devo evitare. Ovviamente le luci intermittenti, che guarda caso in questo periodo sono OVUNQUE e io devo girovagare a occhi chiusi; okay.

Fumare; ci ero riuscita una volta, ci riuscirò di nuovo; okay.

Andare al cinema; qua già cominciano a girarmi i maroni, la butto sul lato economico: non spendo quindici euro a volta per vedere un film; okay.

Bere alcolici; madonna quanto mi manca la mia birretta serale, però lo accetto, va bene, quando potrò di nuovo bere mi sfascerò come non so che roba.

MA ORA MI E’ STATO MANDATO UNA SPECIE DI LISTA DI REGOLE PER CHI SOFFRE DI EPILESSIA E C’E’ SCRITTO CHE DEVO EVITARE GLI ORGASMI

ORA

IO DICO

VOLETE ANCHE DIRMI DI NON RESPIRARE?

VOLETE DIRMI DI NON MANGIARE?

MI STANNO TOGLIENDO TUTTO, UNO ALLA VOLTA

Poi se il Batterino mi molla io non posso far altro che dargli ragione, porca di quella miseria, e io odio dargli ragione.

INSOMMA, SE PRIMA ERO IN MODALITA’ ZEN ORA SONO IN MODALITA’ “MA VAFFANCULOOOOOOOO”


Ecco.
Ora che ho esposto il mio fastidio mi sento meglio.
Ma ora vi pongo una domanda: io ormai vivo un po’ con l’ansia di guardare serie tv o film che possano malauguratamente causarmi una crisi epilettica e seccarmi così, di botto; quindi la mia domanda è: conoscete film/serie che possa guardare in tranquillità?
Ma soprattutto, come state spelacchiati miei? Cosa mi raccontate? Come sono andate queste feste natalizie e capodannesche? Io penso sarò più presente qua sul blog perché ho poco da fare ma tanta voglia di interagire, quindi preparatevi ad essere infastiditi dalla mia presenza!
Hasta la pastaaaa!