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Vita epilettica: visite mediche.“Epilessia, farmaci nuovi e crisi vecchie: diario spelacchiato di un’aggiustata neurologica”Vita epilettica: visite mediche.

Vorrei poter scrivere un post da Wonder Woman, quella bellissima, forte, che combatte i cattivi e lo fa pure con il sorriso e battute… E invece già solo per essere una woman devo impegnarmi molto, perché mi sento proprio un piccolo insetto.
Quindi oggi niente supereroina. Oggi solo Sara, spelacchiata come sempre. 
Sapete, non importa quante persone vi accompagnano a una visita medica.
Quando entri sei solo, e quando esci per un attimo sei sei… sparito. 
Poi respiri e tutto riprende a muoversi, torni ad esistere perché non puoi fare altro.

*

Il neurologo del centro epilessia mi guarda; ormai ci conosciamo da anni, lui mi ha conosciuta nel bizzarro momento in cui ero a metà tra il mondo dei vivi e quell’altro.
Gli racconto come va, ovvero bene ma non proprio alla grande. 
Le crisi persistono, e la situazione si sta facendo un po’ difficile; i miei antiepilettici vanno in contrasto praticamente con qualunque altro farmaco, quindi al momento gli antibiotici non mi fanno effetto e la pillola… Beh, ho il ciclo tre settimane al mese da sei mesi. E quando ho sbalzi ormonali mi vengono le crisi, quindi è tutto un simpatico paradosso.
Penso sia arrivato il momento di cambiare farmaco.”
Io lo guardo annuendo “…E io penso sia arrivato il momento di cambiare neurologo, addio” e me la do a gambe.
Ma lo penso e basta.
Lo guardo “Dobbiamo proprio?”
“Sì, hai ancora tante crisi epilettiche focali. Troppe. E possiamo provare a ridurre cambiando terapia antiepilettica, possiamo provare con qualcosa di più recente. Il tuo farmaco principale è molto vecchio, possiamo provarne uno di nuova generazione.”

Mmh.

Vecchio, nuovo… L’unica differenza per me è che adesso so cosa aspettarmi. 
Va bene, se me lo chiede così come faccio a dirle di no. Però…” lo guardo e poi distolgo lo sguardo “cosa devo aspettarmi?

Lui si appoggia alla sedia “Inizialmente nulla. Partiremo da un dosaggio molto, molto basso e nel giro di qualche mese andremo a salire fino a raggiungere la dose massima; in questi mesi tu dovrai aggiornarmi spesso. Mi scriverai come sta andando, come ti senti fisicamente e psicologicamente, e se noti dei cambiamenti. Chiaro?

Sarà uno scambio epistolare molto avvincente. Posso mettere giù gli aggiornamenti sottoforma di racconto horror?
Cerco di smettere di torcermi le mani. Mi costringo a tenerle ferme in grembo. Ma non ci riesco.
Lui prosegue, come se non stessimo parlando della mia vita per i prossimi mesi “L’effetto collaterale più comune è la sonnolenza. Prenderai questa pastiglia quando sei già a casa, nel letto, in pigiama. La prendi quando vuoi dormire, perché succederà subito, dopo pochi minuti.

Un flash del momento in cui mi hanno fatto l’anestesia totale prima di portarmi in sala operatoria, due anni fa, mi attraversa la mente come un lampo.
Mi addormentavo senza sapere come mi sarei risvegliata. Se mi sarei risvegliata.
La scaccio. 
Ci riprovo.
Guardo il portapenne sulla scrivania.
Capisco che sta aspettando una risposta quindi continuo a guardare il portapenne; non so perché ho il magone. “Non dovrò più ascoltare il Batterino che russa costringendomi a non piazzargli un cuscino sulla faccia, perfetto.”
“Sara… Se non te la senti possiamo aspettare.”
“No, no, facciamolo. Che altro succederà?”
“Un altro effetto collaterale sono i capogiri, per cui attenta quando attraversi la strada, tieniti quando fai le scale e niente camminate da sola nei boschi per un po’.

Cerco di stendere un po’ almeno la punta delle labbra; non mi sta dando notizie terribili, non ha senso piangere, è stupido.
“Mi offende che lei pensi una cosa simile di me. Sono troppo pigra per queste cose, dovrebbe saperlo…
Lui stringe un po’ le labbra in un sorriso un po’ strano e si china in avanti sulla scrivania aggiustandosi un po’ la manica.
Sospiro “Mmh, stiamo per passare alle note dolenti?”
“Un pochino. Potresti diventare più emotiva, più irritabile, più… Instabile.”
Sospiro di nuovo.
“Quanto di più?”
“Se dovesse succedere te ne accorgerai, e anche le persone intorno a te se ne accorgeranno. In quel caso, mi scrivi.

Lui mi scruta mentre io guardo la scrivania senza davvero metterla a fuoco “Va bene, se impazzisco la chiamo. Tutto chiaro.”
Cosa gliene può importare a lui, dopotutto? Sono io che forse cambierò. 

Forse, potrebbe, chissà.

E infine… non è probabile, ma ascoltami bene. Se hai attacchi di panico, crisi d’ansia o -uhm- pensieri brutti, mi devi scrivere subito. Intendo pensieri molto brutti, okay?” mi guarda per capire se ho capito cosa intende e sì, ho capito “In quel caso mi scrivi di notte, di giorno, non importa. E ti dirò come interrompere subito il farmaco. Ci siamo intesi?
Vorrei fare una battuta ma non ci riesco, perché sento che se parlassi in questo momento avrei la voce rotta e non voglio piangere in quello studio.
Annuisco e basta.
Ma probabilmente non succederà niente di tutto questo, okay? Andrà bene. E se siamo fortunati ridurremo le crisi.”
“Va bene. Grazie.”
“Dobbiamo toccare un altro argomento.

Non so cosa aspettarmi.
Tu e il tuo compagno avete in programma di avere figli?”

Ah.

Quello.

No. Non… Non abbiamo intenzione al momento.”
“Ne sei sicura?”
“Sì.”

Non mi chiede se li desidero. Non mi chiede se è per la mia malattia.
Okay. Perché se cominciamo con questo farmaco dovrai assolutamente evitare una gravidanza. Vai a casa e parlane con lui, mi farai sapere.

Ci ho già pensato. 
Ne avevamo già parlato.
Oltre a tutti gli altri motivi, quello che ho avuto io in testa è ereditario. 
Fine del discorso.

Il dottore mi congeda e ci salutiamo, gli prometto di aggiornarlo e gli sorrido prima di uscire.
Cammino fuori dall’edificio e arrivo alla zona con gli alberi; lì, finalmente, appoggio le mani sulle ginocchia e crollo.
Non ci posso fare niente.
Sembra una cosa piccola e stupida aggiungere un farmaco, lo so. Ma è la mia vita che cambia ancora una volta. Non la vita del dottore, non quella del Batterino, non quella di mio padre che mi aspetta nel parcheggio.

E come tutte le altre volte, sarò da sola. Io, me e me stessa, probabilmente in lite.

Come lo ero in ospedale e come lo sono ogni volta che ho una crisi, o che sto male e non posso prendere medicine perché vanno in conflitto coi miei antiepilettici, o come ogni volta che c’è da andare a una visita.

Mi suona il telefono. 

“Ciao Batterino… Sì, ho finito adesso.

“Sara, stai piangendo! Cosa succede?

“Niente, stai tranquillo, adesso ti aggiorno”

*
Quindi miei cari spelacchiati questa è la mia situa al momento, ho giornate di derealizzazione in cui non mi sento nel mio corpo, momenti in cui crollo di sonno all’improvviso per qualche ora, ansia immotivata, nausea, capogiri, insomma un’insalata russa di cose che provo e che succedono. E va bene così. Sono all’inizio, il viaggio per arrivare al dosaggio finale è ancora lungo e per ora qualche crisi sembra essere più leggera! Quindi è tutto positivo per ora. Cioè, fastidioso ma nella norma, tendente al positivo.
Ma vorrei tornare a scrivere cose deficienti, quindi se avete qualche film brutt da consigliarmi.. CONSIGLIATEMI! Ho proprio voglia di arrabbiarmi di nuovo con qualche protagonista. Horror, romantico, commedia, quello che vi viene in mente!
E voi, Spelacchiati, come state? Il gelo è giunto anche da voi?
Hasta la pastaaaaa

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Come rimettere in sesto la vita. Spoiler, non ci riuscirò.

Buongiorno miei cari spelacchiati, oggi io da brava persona epilettica che sta vivendo un momento di crisi mistica ho preso una decisione.
Ho deciso di provare a rimettere in sesto la mia vita. Anche in settimo, se riesco.
Cioè, provarci.
Cioè, iniziare a provarci e vedere cosa succede.
Cioè, iniziare, provarci, distrarmi, dormire, piangere e mandare tutto all’aria.

Ma intanto ho fatto una lista. Una grande e potente lista di obiettivi settimanali.
Li raggiungerò? Ovviamente no. 
Ne raggiungerò almeno la metà? Non credo.
Ma averli scritti mi fa pensare che potrei provarci davvero, questo finché domani non ricorderò quale sia il file e lascerò perdere tutto

Bere come una spugna.
Qualcosa mi dice che bere un bicchiere d’acqua in sette ore d’ufficio non va benissimo.
Mi sento una prugna secca. Un cactus morto. Credo che il mio sangue sia allo stato semisolido ora.
Quindi bere circa due litri potrebbe essere farmi bene. Potrei addirittura scoprire dov’è il bagno dell’ufficio.

Circolazione? Cos’è la circolazione?
Fare tra i cinquemila e gli ottomila passi al giorno.
Sì, non guardatemi così, lo so che dovrebbero essere diecimila ma ehi al momento ne faccio duemila nei giorni attivi e trecento in quelli sedentari quindi partiamo da 5-8000 passi e nessuno si farà male. Credo. 
Ieri sera ho controllato di avere ancora le gambe. Ci sono. Sono come i tentacoli di una medusa. 
Credo mi serva tornare ad avere una circolazione sanguigna.

Tornare dalla psicologa. O è lei a tornare da me?
Lei ogni tanto mi scrive “come va?” sapendo che va male.
Voglio che la sedia davanti al suo studio torni ad avere la forma delle mie chiappe. Voglio finirle i fazzoletti e pagarle le vacanze.

Ginnastica posturale, questa sconosciuta. 
Ho già appuntamento. 
Al momento ho la forma di un punto interrogativo.
Vorrei diventare almeno una virgola.
I miei medici dopo l’intervento mi avevano detto di iniziare un percorso con un trainer. Io avevo iniziato a ignorarli.
Ora sono il figlio illegittimo di Gollum e Quasimodo.

Workout 1-2 volte a settimana. Come le persone normali.
Non me ne frega niente di diventare atletica, vorrei uscire dallo stato di “medusa in decomposizione sulla spiaggia” in cui riverso.
Vorrei avere almeno un muscolo.
Uno.
Non di più.

Skincare. No, non è una parolaccia.
Sulle ciglia ho un grumo di mascara del 1996.
Una chiazza arancione di fondotinta di quando andavo alle medie.
Penso sia giunto il momento di sfrattarli, o quantomeno di cominciare a usare una crema idratante.
Voglio brillare come una lumaca bagnata al chiaro di luna.

E basta. Insomma, non sono cose sconvolgenti, però sicuramente non riuscirò a fare tutto. Cominciamo con le cose più facili, poi vedremo.

Questo perché al momento sono piena di dolori e situazioni mediche complesse, per alcuni non posso farci niente ma vorrei provare ad agire per aiutare il mio corpo a stare meglio. Un pochino.

Insomma, voglio diventare una persona distrutta ma con la pelle pulita, la schiena dritta e il corpo idratato. Se volete il prossimo post sarà un po’ più serio, su questo ultimo periodo.

E voi spelacchiati, come state? Avete liste di obiettivi da (non)raggiungere? Che ne pensate di questi? 

Tifate per me o contro di me?

Hasta la pastaaaa!

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Vacanze Spelacchiate: Sardegna Edition

Avrei dovuto capire che la vacanza sarebbe stata impegnativa quando, alle tre di notte, io e il mio compagno -per gli amici Il Batterino- ci siamo recati in aeroporto sotto un temporale scrosciante con tuoni, fulmini e saette che ci illuminavano la via.

E grazie al cazzo che ci illuminavano la via, mi hanno illuminato anche la paura perché io non volavo da seimila anni e riprendere a farlo con quel tempo è stato un po’ come fare il battesimo del fuoco.
Vuoti d’aria, turbolenze, io che facevo respirazioni zen e contavo i peli sul mio braccio mentre il Batterino, di grande aiuto emotivo e psicologico… dormiva. 

Al decollo gli ho agguantato il gomito e si è svegliato di soprassalto, un po’ sconvolto, poi ha capito che ero solo cretina quindi mi ha sorriso a caso e si è riaddormentato mentre io facevo inspirazioni ed espirazioni da subacqueo.

Giungiamo in meravigliosa terra sarda… e piove.

Ma porca-

Andiamo ritirare l’auto a noleggio e lì si apre il dilemma: assicuriamo anche il buco dell’ano o tentiamo la sorte facendo l’assicurazione base? 
Ovviamente scegliamo l’assicurazione che copre le ciapet… E facciamo bene, perchè sul traghetto per la Maddalena il Batterino ha perso la cognizione dello spazio come i pipistrelli quando si trovano in campo aperto e ha sfrantecato un finestrino. Tutto granato. 

Giungiamo all’alloggio, carinissimo, vista mare -o meglio, vista pioggia perché sì, pioveva pure lì- e dopo un giretto ci siamo fiondati a mangiare come i piccioni quando lanci le briciole nel parco.
Io ho mangiato del tonno che era la fine del mondo, il Batterino si è ingozzato con linguine allo scoglio e intanto un gamberetto mi ha guardata storto per tutta la sera dal suo piatto. 

Tappa successiva: Spiaggia del relitto.
E no, per una volta il relitto non sono io.
Spiaggia bianchissima, colori di quando su Photoshop alzi la saturazione a duecento, e poi c’erano pesci. Pesci di tutti i tipi. Pesci piccoli, grandi, pesci simpatici, pesci stronzi che mi hanno fatto il dito medio… Alcuni mordono, altri ti giudicano. 
Il Batterino guizzava qua e là come un delfino impazzito, io invece stavo a riva a fare il cameramen acquatico: foto alle conchiglie, video ai pesci, documentari sui granchietti che si muovevano bizzarramente sugli scogli… Per la prima volta da non so quando mi sentivo leggera. Forse addirittura distratta.

Poi a riportarmi alla realtà arrivava lui, il mio eroe e contemporaneamente la mia nemesi: il giubbotto di salvataggio.
Questo patafracco arancione fluo che quando volevo addentrarmi in acqua mi dovevo infilare come se fossi Rose appena saltata giù dal Titanic; con la mia simpatica epilessia, che non va mai in ferie, meglio non rischiare di schiattare in mezzo centimetro d’acqua. Sarebbe un po’ umiliante persino per me, dai.

Capitolo a sè per l’Asinara.
Partiamo da qualcosa di sconvolgente: l’Asinara è piena di asini.
Sì, lo so, è sorprendente. Pescara è piena di pesci? No. L’Aquila è piena di aquile? Non mi pare.
Eppure Asinara è piena di asini.  E molti erano più dignitosi di parecchi esseri umani.

Noi scendiamo dal traghetto, il Batterino comincia a marciare smanioso di farsi l’isola in lungo e in largo quando io mi fermo. Annuso l’aria come i cani da punta. E poi punto.
Batterino” mormoro, sapendo che o avrei preso una testata sul naso o mi avrebbe assecondata “perché non prendiamo… quello??”
“Quello cosa? Di che- oh!”
Lì, in bella mostra, c’erano dei golf cart da noleggiare.
Perché le persone intelligenti si erano portate le bici, per girarsi l’isola, noi che eravamo del gruppo degli stupidi invece avevamo solo i nostri piedi. 
E così un quarto d’ora dopo sfrecciavamo su e giù per l’Asinara come due pazzi. Venti chilometri all’ora massimo.
Ma non ci siamo persi neanche una volta! Anche perché c’è un’unica strada, sull’isola. Puoi andare solo dritto, praticamente. Da una parte all’altra. E intanto ti fermi a fare foto a qualunque cosa. 

Peccato che, come vi avevo anticipato, a un certo punto dopo mezz’ora di camminata arriviamo a una spiaggia che non so descrivere, era solo magnifica, ma dopo quattro minuti in acqua penso di essere diventata violacea. Ipotermia in atto. Tremavo come una foglia al vento.

E infatti c’era il vento, ecco perché tremavo.

E’ stato poi il momento di Castelsardo, altro posto incredibile.
Qui sono caduta più volte. 

Una in un tombino. Sono inciampata e ruzzolata come una pera cotta ammaccandomi tutta. Mi fa ancora male sia la mano che il livido sul ginocchio.
E poi sono caduta emotivamente, una picchiata a tutta velocità. Ho avuto due crisi nel corso di una giornata e alla fine, durante un aperitivo vista mare con l’uomo della mia vita, ho pianto. Tanto. Vorrei dire di aver pianto come piangono le donne eleganti, quindi due lacrimine piccole piccole con gli occhi un po’ lucidi che diventano ancora più belli, ma la realtà è che io quando piango divento un mostro. Un ramarro. 

Ero un rospo che ululava su una terrazza vista mare. 

Ultimo giorno, Torre del porticciolo.
Un posto conosciuto solo dal Batterino, credo, che in cinque anni mi ha ammorbato l’esistenza tutti i giorni raccontandomi delle sue vacanze in questo campeggio dove andava coi suoi nonni e della spiaggia privata del posto.
Camping enorme, mille miliardi di ettari di terreno, tutto curatissimo, e poi quando arriviamo a sera affamati come dei lupi e ordiniamo due pizze perché volevamo solo mangiare e crollare nel letto… Ci portano le pizze.
Io le guardo.
Loro guardano me.
Io guardo i camerieri, che si dileguano.
Guardo il Batterino, che non capisce perché io stia per andare in cucina e infilare il cuoco nel forno acceso.
Cosa?”
“Batterino. Queste pizze che pagheremo dodici euro l’una, sono palesemente surgelate. E neanche quelle surgelate buone.Stiamo parlando di qualità infima, di quelle con la crosta tutta strana, il pomodoro a chiazze, il sapore disumano.”
Il Batterino guarda la pizza. Ammutolisce.
“Cambiamo ordinazione?”
“Batterino mio… è tutto surgelato qui. Guarda. Guardati intorno. Siamo in trappola. Siamo tutti in trappola.”
Lui è orripilato.
Io sono oltre.
Alla fine rosicchio solo la crosta della pizza, l’unica parte mangiabile.

Infine, aeroporto: dovevamo tornare alla base, possibilmente sani e salvi.
Batterino…”
“Dimmi”
“…Ho sete.”
Lui chiude gli occhi. Sospira. Sembra mia madre. “Tu lo sai che prima ti ho detto apposta di bere finché avevamo le bottigliette, perché poi ce le avrebbero requisite?”
Io annuisco, umile.
“E tu mi hai detto che ‘non avevi sete’?”
Annuisco ancora.
E lo sai che qui una bottiglietta d’acqua ti costa quanto un Macbook Pro?”
Annuisco di nuovo, serivle.
La vorrei frizzante.”
Il Batterino si allontana borbottando qualcosa sul maledetto giorno in cui ci siamo conosciuti.

*

Rieccomi tornata, miei cari Spelacchiati! Questi quattro giorni in Sardegna sono stati bellissimi, freddissimi, levissimi e sono già tornata alla triste realtà piemontese ormai. 
E le vostre ferie invece? Come sono andate? Raccontatemi qualche aneddoto bizzarro, qualcosa di sfigato che vi è successo in vacanza nel corso della vostra vita spelacchiata! 

A presto, hasta la pastaaaaa!

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Ciance sparse: Prenotare le vacanze: il grande incubo. Parte 1

Ragazzi, ho un quesito che sto sottopendo a chiunque incontri: ma il problema sono io o prenotare le vacanze è effettivamente più stressante di fare il 730 in armeno antico, bendati?
Quattro giorni in Sardegna, facile no? NO. Ho già scolato una boccetta di Valium.
Prima di tutto il volo: io so volare? No.
Posso teletrasportarmi? No.
Dunque serve un aereo. 

Ma a che ora partiamo? Presto? Prestissimo? Torno indietro nel tempo e partiamo ieri? 
Mentre io sono lì che mi pongo questi quesiti il Batterino mi guarda, perplesso. Mi guarda come un macaco guarderebbe un cubo di Rubik, o forse solamente come una persona normodotata guarda una pazza isterica.
“Ehm, tesoro, ti stai surriscaldando, ti esce fumo dalle orecchie.”
“Shh. Taci, anello mancante tra l’uomo e la scimmia. Dobbiamo partire subito!”
Lui è atterrito “…Ma, luce dei miei ciechi occhi, andremo tra tre mesi”
“Non importa, sto andando in aeroporto.”
Seleziono una compagnia aerea completamente a caso in base al logo che mi sembra più carino, poi con un singulto mi accorgo che il bagaglio a mano si paga.

Mi immobilizzo come un cerbiattino davanti ai fari di un’auto.

Il Batterino interviene prontamente “Ma che problema c’è, andiamo con due zaini!”

Con un unico, fluido movimento che sorprende anche me stessa per la rapidità gli agguanto il bavero della maglietta e lo trascino a un millimetro dal mio viso paonazzo “Senti, amore mio, io con lo zaino non andavo manco a scuola. Non ci metterò i solari, i costumi, gli asciugamani, la biancheria, i vestiti e il tuo cazzo di set da snorkeling di due chili in nylon, okay!? Lo zaino lo dovrai usare tu per portare me in giro, chiaro? Ora compra quel maledetto bagaglio a mano o giuro che vado in saletta e ti buco tutte le pelli della batteria.”
“…bastava dirlo, mia cara, non era necessario farsi possedere da un demone.”
Ha comprato il bagaglio.
Ho fatto un esorcismo.

Con un rantolo mi ricordo che non possiamo materializzarci direttamente in aeroporto, ma spendere il budget della vacanza nel parcheggio è una di quelle cose che potrebbe farmi partire leggermente incazzata nera; non vorrei salire sull’aereo urlando come una scimmia e lanciando i miei escrementi qua e là, quindi ho dato inizio alle telefonate patetiche:

“Mamma? Madre, donna straordinaria, creatura dalle mille peculiarità e priva di difetti… Potresti accompagnarci a Malpensa alle quattro e mezza di mattina? Ah no? Come no? Dai, mammifero…”

Merdino, mi ricevi? Ehiii grandissimoooo come va? Sì lo so che non ci sentiamo dall’82 ma abbiamo ancora quell’aperitivo in centro in sospeso, vecchia volpe! Eh sì organizziamo eh mi raccomando! Come sta la tartaruga? Senti ma… non è che tra qualche mese mi accompagneresti in aeroporto col mio fidanzato cretino? …Pronto? Merdino?!”

Più o meno risolto il passaggio mi accascio a terra con uno spasmo quando guardo i prezzi di un’auto a noleggio: costa come adottare un panda. Optiamo per una Subaru Baracca di un colore inverecondo, tenuta insieme con sputo e preghiere.
Il Batterino dice che gli ricorda me.
Il Batterino le prende. 

 Ci porterà a destinazione o ci lascerà in mezzo a una strada popolata solo di pecore? Mi toccherà saltare in groppa ad un caprone e cavalcare verso nuovi lidi?
Lo scopriremo solo sclerando.

La ricerca dell’alloggio mi è stata quasi fatale; ore ed ore con centocinquanta schede aperte sul pc, giornate passate a leggere recensioni su camere, hotel, tuguri, anfratti.
Uno diceva “vista mare”, poi ho scoperto che per vedere il mare dovevi arrampicarti sull’antenna parabolica come King Kong e usare il binocolo mentre gli aerei ti sparano addosso.
Beh, i peli li hai.” commenta il Batterino sghignazzando. Lo guardo male ma è troppo impegnato a ridere della sua battuta.

Ho letto recensioni contrastanti: “posto straordinario, camere meravigliose, pazzesco” e subito dopo l’altra diceva “Ho trovato un pipistrello nel bidet”.
Il Batterino annuisce solidale “Beh io trovo sempre un bacarozzo nel letto ogni mattina.
Il Batterino le prende nuovamente.

Infine mi era venuto il panico per il meteo.
Ho guardato tutte le previsioni a lungo termine possibili e immaginabili: meteo.it dice nuvoloso. Google dice sole. Il Meteo mi manda a cagare. Mia zia prevede una tempesta di sabbia, perché lei queste cose “le sente nelle ossa”. Mia nonna dice che ho il malocchio. 
“Sai che c’è un sito per prenotare il sole?” mi fa il Batterino.
“Davvero!?” chiedo saltando su, trepidante, prota a spendere i miei stipendi passati e futuri in quello.
“No.”
Indovinate chi le ha prese?

Beh, ragazzi… Questo post avevo cominciato a scriverlo a giugno.
Parto lunedì. 
Non abbiamo prenotato manco un hotel.
L’auto? Non pervenuta.
Penso dormirò nel bidet con il pipistrello.

*

Quindi se avete qualche consiglio su cose da vedere, fare, o posti in cui mangiare che si trovino nella zona nord della Sardegna ditemi pure! Se dovessimo essere nei dintorni ci andremo!

Grazie ragazziiiii e ora raccontatemi come vivete voi le vacanze: siete quelle persone che organizzano minuziosamente ogni secondo della vacanza e se succede un’imprevisto impazzite? O siete come me che non fate niente e vi lasciate trascinare dalla corrente, pregando vada tutto bene?

Hasta la pastaaaaa

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Storia della mia emorragia: quando ho capito di essere uno gnu.

Quella mattina era iniziata come tutte le altre, l’unica differenza è che a un certo punto la gatta, che notoriamente mi detesta come io detesto i carciofi, mi è saltata in braccio. 
Così, dal nulla, mi si è appollaiata in grembo e non voleva più muoversi. Mai successo in cinque anni.

Col senno del poi posso dire… ‘Sta infame, poteva darmi qualche segnale d’allarme un po’ più comprensibile. 

D’ora in poi se un gatto mi chiede coccole farò il segno della croce.

Sono giunta in università dove lavoravo all’epoca, ero un po’ un’addetta alla sicurezza e un po’ una tuttofare: informazioni, aiutare i professori nelle cose tecnologiche complesse tipo accendere i pc, controllare che gli studenti non si sfracellassero la capoccia correndo qua e là, controllavo i green pass perché c’erano molti allievi e insegnanti malati di Covid.

Quel giorno era una giornata di lauree, quindi io e le mie colleghe eravamo in prima linea a difenderci da genitori armati fino ai denti di coriandoli e fumogeni (sì, fumogeni, la gente è sciroccata).
Sembrava una giornata normalissima.
Poi a un certo punto qualcosa è cambiato.
Ho cominciato ad avere caldo, poi freddo, poi sudare. Avevo la nausea, mi sentivo debole.

Sono andata in bagno pensando di dover vomitare, ho dato la colpa al caffè preso poche ore prima; “chissà che miscela hanno usato, sarà stato concime?”.
E poi mi sono accasciata per terra. Mi tenevo alla tazza del water ma non riuscivo a fare niente.
Non vomitavo, non svenivo, non mi muovevo.
Non so dopo quanto tempo siano venuti a cercarmi, ma a un certo punto una collega bussa e mi urla “Sara? Stai bene?!”
“No.”

Mi fanno sedere su una sedia con le rotelle, quelle da ufficio, e mi spingono in corridoio. Sembravo normale. Rispondevo, ero piuttosto lucida, ridevo e sdrammatizzavo pure, ma non stavo bene. Stavo incomprensibilmente male.
“Vuoi andare a casa?”
“Non c’è nessuno a casa, ma non ho la forza di prendere il bus. Posso restare qui? Se mi riprendo ricomincio a lavorare. Magari passa in fretta.”

Che stakanovista, eh? Quanto ottimismo. 
Ma qualcosa non li convinceva.
“Dammi il cellulare. Chi posso chiamare?”

Ci penso. Chi disturbare per una cosa così stupida? Ero solo debole. Ero solo stanca. Forse avevo dormito peggio del solito, una cosa da niente.
“Il Batterino… Non so se è libero, potete provare a chiamarlo?”
Non so cosa gli abbiano detto, ma poco dopo era lì.
Mi ha guardata in faccia per un lunghissimo istante.
“Ha la faccia storta, cazzo! Avete chiamato l’ambulanza? Chiamate subito l’ambulanza!”

E così sono arrivata in pronto soccorso.

Si dice “se senti rumore di zoccoli pensa ai cavalli, non alle zebre”.

Io ero giovane, 27 anni, con insonnia cronica, episodi di attacchi di panico, in cura psicologica; sì, insomma, ero un cavallo.
Mi hanno messa su una barella con una bacinella “stia tranquilla signorina”. Codice verde.
Di recente ho parlato con una persona che era lì quella sera, si ricorda di me perché ci conoscevamo di vista; “Sara, tu ti alzavi, andavi in bagno a vomitare, tornavi sulla barella e svenivi. In continuazione.”
Non vi dico per quante ore ho continuato così perché se ci penso la fiducia immensa che ho negli ospedali vacilla un pochino; ma ero solo un cavallo, dopotutto, o forse addirittura un mulo. Non ero prioritaria.
Diciamo che ho passato lì così tanto tempo che avrei fatto in tempo a laurearmi in medicina e autodiagnosticarmi qualcosa.

Alla fine, dopo ore, vengo visitata.
Non mi ricordo molto della visita, diciamo che non mi ricordo quasi niente; ma mi ricordo che a un certo punto qualcosa è cambiato. L’atmosfera è cambiata.
Erano arrivati i risultati della mia tac.
In men che non si dica sfrecciavo sulla barella verso una stanza, la stanza libera più vicina, e mi attaccavano un enorme flacone di mannitolo alla flebo.

Il mannitolo serve per ridurre il gonfiore intracranico. Serve per non far gonfiare il cervello quando c’è troppa pressione. Insomma, serve a non farti fare la fine degli alieni di Mars Attacks.

Ancora mi chiedo come l’abbiano detto ai miei familiari.

Come abbiano reagito loro. 
“Vostra figlia sta avendo un’emorragia cerebrale, se peggiora dovremo portarla in sala operatoria. Dovete cercare di stare calmi, vi daremo notizie appena avremo aggiornamenti.”

Così ho capito di non essere un cavallo.

Ero uno gnu.

*


E questa, miei cari Spelacchiati, è la storia di come questo gnu ha iniziato la sua epopea; se vi interessa posso fare anche le parti successive, e pure i prequel, visto che è una storia contorta quanto un film di Nolan.

Ma vorrei chiudere il post con qualche consiglio serio: non abbiate paura di andare in pronto soccorso. Io ora mi sento al sicuro solo quando sono lì o in ospedale, praticamente!

E non sottovalutate i vostri sintomi.

Se all’improvviso avete problemi a formulare parole, sorridere, alzare le braccia o la vostra faccia diventa “storta”… Chiamate l’ambulanza. Non fate come questo gnu, che sarebbe rimasto a lavoro tutto il giorno. 

Imparate dai miei errori. 

E voi, che animali siete? I vostri animali vi hanno mai avvisati di qualcosa?

E se vi va di raccontare qualcosa di più personale qui nei commenti… vi chiedo di raccontare aneddoti positivi, spelacchiati! Non voglio che questo post diventi un luogo in cui farsi venire l’ansia leggendo bollettini di guerra, ma in cui ci raccontiamo e supportiamo a vicenda… Magari anche sorridendo nel raccontare qualcosa di orrendo. Insomma, siate più spelacchiati che potete!

Hasta la pasta, miei cari!

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La gente al bar: tutte le cose più fastidiose (e spelacchiate) del mattino

La gente al bar

Ora che la mia vita sta lentamente tornando simile a quella di un essere umano dopo la malattia e l’intervento al cervello mi sto rendendo conto di quante cose incredibilmente fastidiose ci siano nel mondo.

La gente al bar, per esempio.

Io arrivo lì, già irritata di per sé prima di tutto perché è mattina, in secondo luogo perché reduce dai viaggi in bus, e infine perché le persone sono insopportabili in ogni contesto.

Io mi siedo tranquilla al mio tavolino, col mio libro, mi sgranocchio la brioche e intorno a me… il caos. 

Giovani che piazzate il cellulare al centro del tavolo e mettono la musica a palla, mi rivolgo a voi: VE LO INZUPPO NEL CAPPUCCINO, OKAY? E’ CHIARO IL CONCETTO? ABBASSA QUEL VOLUME O TI ABBASSO LA STATURA A PUGNI, OKAY? 
Ma poi ascoltassero cose carine uno chiuderebbe pure un occhio, ma ascoltano queste cose strane che ascoltano i giovani, questa musica trap che a questo punto “trap” penso stia per “trappola”: se lo ascolti muori.

E io muoio un po’ ogni volta, infatti.

Un’altra cosa che non sopporto, ma forse è un problema mio, è lo sbatacchiare dei cucchiaini nelle tazzine. Metallo contro i bordi. In continuazione.
HO CAPITO CHE STAI MESCOLANDO MA COSA CAZZO SEI, UNA STREGA COL CALDERONE? VA CHE DOPO DUE GIRETTI LO ZUCCHERO SI E’ SCIOLTO, EH! MA POI COSA CAZZO DEVI MESCOLARE CON QUELLA FOGAAAAA MA RILASSATIIIIIIII NON PUOI SFOGARE TUTTA LA TUA RABBIA IN QUEL MODO PERCHE’ POI IO VORRO’ SFOGARE LA MIA SU DI TE E QUEL CUCCHIAINO TE LO FICCO IN UN AVAMBRACCIO!
Ma no, è tutto un cling cling cling cling.
Incessante.

E quando finalmente l’anziano accanto la smette col cling cling è il turno del tipo che legge il giornale leccandosi il dito ogni volta che deve girare pagina, con quel suono a metà tra un risucchio, un rantolo e uno sputacchio.
Ma posso dire “che schifo”?
Signore, si rende conto di quanti germi sta letteralmente leccando? Secondo me il prossimo passo è leccare i pali delle metro o direttamente i marciapiedi, veda lei.

Poi qualcuno mi deve spiegare com’è possibile che a ogni ora del giorno e della notte, in qualunque bar del mondo, ci sia un gruppo di uomini che parlano di calcio e donne. E basta. Non conoscono altri argomenti, non hanno mai parlato d’altro, non credo nemmeno sappiano i nomi l’uno dell’altro.

Si incontrano, parlano della formazione scadente della squadra all’ultima partitta e di come “hanno giocato da soli” “non c’era partita” “a un certo punto ho spento” alternando con commenti sulle gnocche, che no, non sono le mogli degli gnocchi.
Ma se siete così bravi com’è che siete qua a bere un bianchino ogni giorno prima del lavoro e non a bordo campo con Buffon? (Scusate, la mia conoscenza calcistica si ferma a quegli anni lì) o a fare spot pubblicitari di infimo gusto sulle patatine in accappatoio?
No così, io chiedo.

E in tutto ciò la mia colazione si rovina, perché mentre vorrei solo stare tranquilla e leggere prima di andare a lavoro mi ritrovo infastidita da tutto e mentre fisso con astio i ragazzini con la trap a palla la mia brioche mi sbrodola tutta la marmellata sui pantaloni. Allora corro in bagno per salvare il salvabile ma il lavandino appena lo apri spruzza come un gyser e mi ritrovo sempre con la camicia a macchie e quando vado a pagare sono così nervosa che prima o poi ruberò il barattolo delle mance perché sento di meritarmi una mancia per non aver elargito neanche uno schiaffo.

Domattina porterò i tappi e una pistola, sono aperte le scommesse su cosa userò per primo. 

Spoiler, userò i tappi perché conoscendimi sparerei alla mia tazzina di decaffeinato per errore, e questo mi innervosirebbe ancora di più.

*
E voi, miei cari spelacchiati, narratemi: cosa vi da fastidio al bar?
Cosa ne pensate di questa rubrichina di situazioni banali che mi fanno saltare i nervi? Sembro solo una pazza squinternata o potete capire la mia frustrazione?

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Come si scrive un cv che non faccia saltare i nervi a un recruiter? + bonus colloqui

Per prima cosa dovete inserire i vostri dati. 
Corretti
Chi cazzo è “Antoonio Ross”? Io come compilo il vostro file di assunzione? Perché poi quando arrivate lì il nome è “Antonio Rossi” e dobbiamo tutti aspettare che io corregga, stampi nuovamente i documenti, vi dia uno schiaffo e ve li faccia ricompilare ed è una rottura per me e per voi, che intanto vi innervosite e rompete le balle.

E poi, per gentil cortesia… il numero di cellulare.
METTETELO.
IL NUMERO DI CELLULARE E’ LA SOTTILE LINEA CHE VI SEPARA DALL’ESSERE DISOCCUPATI AL TROVARE UN IMPIEGO, OKAY?! IO CHI CAZZO CHIAMO SE NON C’E’ UN RECAPITO? 

E SE CAMBIATE NUMERO, PER L’AMOR DI DIO, AGGIORNATELOOOOOOOOO 
“Il numero da lei chiamato è inesistente” 
MA INESISTENTE E’ LA MIA PAZIENZA IN QUESTI CASI, VI DEVO MANDARE UN PICCIONE VIAGGIATORE? UN MESSAGGIO DI FUMO!? 

Poi, per favore. inserite le vostre esperienze dalla più recente alla più vecchia.
Anche io ho fatto questo errore, ovvero inserire le esperienze tipo conto alla rovescia, e non so come abbiano fatto a non picchiarmi.
Perché io passo i primi minuti a leggere “barista da mio zio” in cui mi spiegate come eravate bravi a preparare i caffè E POI DOPO TRE PAGINE LEGGO CHE SIETE A CAPO DEL CERN! MA A ME COSA ME NE FREGA CHE FACEVATE I CAFFE’ VENT’ANNI FA, SE CERCATE NELL’INGEGNERIA AEROSPAZIALE PARTITE DA QUELLOOOOOO!
Righe su righe di “babysitter, aiuto compiti, promoter, clown alle feste, accarezzatore di pony” e poi SBAM, CEO DEL MONDO! Date un ordine alle cose. 
La prima che leggo deve essere la più recente.
E se avete fatto lavorini tappabuchi, non è necessario scriverli tutti. Basta che facciate capire che non siete stati cinque anni con le mani in mano tra un lavoro e l’altro. 

Altra cosa che può sembrare un paradosso ma state calmi, cazzo: se non avete un cv particolarmente ricco e tra un lavoro e l’altro avete fatto dei tappabuchi, scrivetelo in mezza riga.
Perché, dico sul serio, di solito se tra un’esperienza e l’altra passano dieci anni è perché i candidati sono stati in carcere e io mi ritrovo sempre molto a disagio.
“Bene già, che stiamo parlando, posso chiederle che cosa ha fatto tra un 2001 e il 2015?”
“Eh, ero dentro.”
“Dentro cosa?”
“Sa, la gattabuia. Galera. Al gabbio.”
“…Ah.” 
“Ma ora ho la condizionale, posso lavorare qualche ora al giorno entro venti chilometri da qui.”
HO CAPITO MA TI SEI CANDIDATO PER UN FULL TIME A CONTATTO COI BAMBINI E QUARANTA MINUTI DI DISTANZA, CI FINISCO IO IN CARCERE MI SA!

E poi, se proprio vuoi mettere una foto nel cv, potresti cortesemente metterla realistica?
Io vedo cose che voi umani non potete immaginare.
Gente filtrata come una camomilla, non si riconoscono i connotati. Ma chi sei, Micheal Jackson? 
Fatevi una foto curata ma senza stravolgimenti.
Io penso di chiamare Tina Cipollari, poi al colloquio si presenta Enrico Papi e dal cliente va Topo Gigio. 

Cosa importantissima:
NON BESTEMMIATE MENTRE FATE UN COLLOQUIOOOOOOO!
Spelacchiati, io so che siete più intelligenti di così, ma non potete immaginare la quantità di gente di una volgarità assurda che ho colloquiato.
No perché quel figlio di pulcinella del mio capo era uno stronzo! Porcogerbillo mi ha ridotto le ore e lo stipendio senza motivo, quel bastardo! E quella trota di sua moglie mi odiava, per quello mi ha mandato via, era invidiosa!
OOOOH MA TI CALMI, CAZZO!? CON CHI CREDI DI STAR PARLANDO!? NON SONO IL TUO AMICHETTO DEL BAR, IO MI DEVO FARE UN’OPINIONE SU DI TE IN QUINDICI MINUTI! Ma dove dovrei mandarti, se non a quel paese?

Quindi regà, per favore, usate un po’ di cervello. Non tanto, eh, quel che basta a non sembrare dei cafoni arroganti che farebbero a botte con tutti nei primi trenta secondi di lavoro. E cercate di vendervi un pochino meglio di quello che siete, per favore. 
Perché un’altra cosa molto fastidiosa che succede sempre è questa, vi faccio un esempio successo pochi giorni fa.

Ragazzotto bello prestante fisicamente, con patentino del muletto, con esperienza in magazzini tosti. Insomma, perfetto.
“Buongiorno, benvenuto. Allora, mi racconti un po’ che tipo di lavoro cerca ora.”
“Mah, sì, cioè… Boh. Non mi interessa il tipo di lavoro, basta che paghino tanto.”
“…Okay, mi faccia capire un po’ cosa intende per ‘tanto’?”
“Eh, boh, cioè, non una miseria come all’ultimo lavoro, cioè mi dovevo pure fare venti minuti di macchina… che sbatti.”
“…Che sbatti?”
“Sì, cioè, che fatica. Venti minuti è tantissimo, poi altri venti a tornare, è un’ora.”
“Beh no, sono quaranta minuti ma capisco cosa intende, cerca più vicino a casa.”
“Eh, sì.”
“Okay. Disponibilità oraria? Weekend, notte..?”
“No, beh, no. Weekend magari il sabato… La domenica no, che il sabato sera esco. E la notte… Mah… No, notte no, io esco.”
“Capisco, però lasci che le spieghi, se lavora la domenica e nel turno notturno ogni ora è maggiorata.”
“Eheheh cioè ha le tette grosse?”
“… abbiamo finito, può andare grazie.”

Insomma, regà, per favore. Le basi. 
Se volete potremo approfondire un pochino alcuni aspetti in modo che non facciate le figure barbine che stanno facendo decine di persone con me e i miei colleghi.

Ora scusate ma devo andare a correggere l’anagrafica di Marceelle Bianchinù.

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Ciance sparse- Il villain del giorno: un sacchetto di plastica alle 7:30.

Questa mattina quando mi sono svegliata e ho alzato la palpebra destra per capire come fosse la situazione mi sembrava tutto normale, allora ho alzato anche la palpebra sinistra e ho dato inizio alla mia mattinata andando a tostarmi il pane da col miele; solo che io non è che spalmo il miele sul pane come le persone normali, io sono praticamente Winnie The Pooh: infilo la mano fino all’avambraccio nel vasetto di miele e poi lo lecco. 

Insomma, ho fatto colazione guardando Grey’s Anatomy, mi sono truccata guardando Grey’s Anatomy, ho imprecato perché non volevo andare a lavorare mentre guardavo Grey’s Anatomy… Sembrava una mattina normale. Tranquilla addirittura.

Non sapevo che da lì a poco avrei incontrato un nuovo villain del mio arco temporale. Un malvagio che minaccia di distruggere la città… Beh no, non la città, ma il mio labile stato mentale sì.

Mi sono appropinquiata alla fermata del bus sapendo cosa mi aspettava: una tratta di 15 minuti seduta su un sedile un po’ scomodo e con macchie non meglio identificate -e meglio cercare di non identificarle- con un libro e i miei auricolari scassati nelle orecchie, di solito un viaggetto piacevole e tranquillo.

Ero del tutto ignara che era proprio su quel bus che avrei incontrato la mia nemesi del giorno.

Mi sono seduta contromano con la testa china sul libro quando…
FRUSH-FRUSH-FRUSH
SCIAAAAAFFFFFF
CRRRRSSSHHHH 

Mi immobilizzo, fiutando il pericolo. O meglio, il fastidio:
FRUSH-FRUSH-FRUSH
SCIAAAAAFFFFFF
CRRRRSSSHHHH

Mi volto lentamente verso la fonte di cotanto frastuono alle sette e mezza di mattina.

Età media: seicento anni.
Aspetto: molto simile a uno stegosauro.

FRUSH-FRUSH-FRUSH
SCIAAAAAFFFFFF
CRRRRSSSHHHH
SCROSH SCROOOOSHHHHHHHH
STRAAAASCCCCC

Lei ravanava in un sacchetto di plastica. 

Senza estrarre niente, lei non faceva altro che frugare lì dentro. Credo muovesse solo la mano all’interno del sacchetto senza alcuna motivazione perché non ha tirato fuori niente per quindici minuti, ma quello è stato il sottofondo del mio viaggio.

Certo, ci sono cose peggiori al mondo tipo un tumore al cervello e l’epilessia, le tasse, e la pipì che ti scappa appena ti metti in viaggio, però regà quel suono io ancora lo sento. Mi ha mangiato il cervello per venti minuti.
Se appoggio un orecchio a una conchiglia non sento il mare, sento FRUSH-FRUSH-FRUSH
SCIAAAAAFFFFFF
CRRRRSSSHHHH

*
Ebbene miei cari spelacchiati, come state? Questi sono i fastidi di una persona che è epilettica in senso metaforico, letterale e pure un po’ scemo. Narratemi cose che vi danno fastidio la mattina (a me infastidisce pure il rumore del mio cucchiaino mentre mescolo il tè), sfogatevi liberamente qua, rendiamo i commenti un luogo di scoperta di cose irritanti!
Ora torno a guardare Grey’s Anatomy ma se qualcuno regge un sacchetto potrei colpire lo schermo.
Hasta la pastaaaaa!

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Ciance sparse: “Colloqui di lavoro assurdi: candidati indecisi, CV da bruciare e altre perle da recruiter

Buongiorno miei cari spelacchiati, come state? Come va questo sabato?
Oggi vi racconto un po’ delle simpatiche telefonate che devo fare ogni giorno in uffici, così che possiate capire che non è che io odio tutti di default, è che la gente mi ci porta. A forza.

“Buongiorno sono Sara, la chiamo in quanto ho visto che si è registrata sul nostro sito quindi vorrei sapere se è alla ricerca di un lavoro e che tipo di impiego cerca.” 
“Non lo so.”
“… Non sa cosa? Se si è registrata, se cerca lavoro o che tipo di lavoro?” 
“Tutto.” 
A posto così.

 Poi ci sono quelli pacati:

“ALLORAAAA IO MI SONO CANDIDATO TRE GIORNI FA E NON MI AVETE PIù FATTO SAPERE NIENTE, SIETE DEI BUGIARDI, DEGLI INFAMI!”
Io faccio così tante inspirazioni ed espirazioni che quasi spiro sulla scrivania “Capisco la frustrazione, ma le tempistiche dipendono dai clienti, appena ci comunicano—”
“DEVO PARTIREEEEEEEEE! MI SERVONO I SOLDI, IL DANARO, IL GRANO!”
“Se deve andare in ferie forse possiamo riparlarne al rientro, con calma—”
“NO, MI SERVONO I SOLDI PRIMA DI PARTIRE PER LA VACANZA!”
“Ah mi scusi non avevo capito l’urgenza, ora telefono subito al cliente aspetti ‘scusi signor lestofante può assumere immediatamente questo candidato? così tra una settimana si dimette per andare a Sharm el-Sheikh. Perfetto, grazie, cordiali saluti.”

“Buongiorno, agenzia Taldeitali, sono Sara. Come posso aiutarla?” 
“Cercavo il suo collega CINCISHIO.” 
“… Okay, al momento è in riunione quindi mi può dire cortesemente per cosa lo sta cercando?”
 “Devo parlare con lui.” 

“Sì, ho capito, ma è momentaneamente impegnato. Può spiegarmi a che riguardo lo cerca così posso informarmi e darle una risposta esaustiva?” 
“Eh gli devo parlare di lavoro.”
 “Ah cazzo pensavo chiamasse un’agenzia di lavoro per parlare di giaguari albini, ora è tutto chiaro, ora irrompo in sala riunioni dove sta parlando col boss del mondo e glielo passo!” 

Un’altra cosa che fa incazzare un recruiter regà sono i CV a caso. 
Regà, per l’amor di Dio, non scrivete cv che sembrano liste della spesa perché io sono a tanto così dal bruciarli tutti e il mio collega ha lanciato via il monitor l’ultima volta.
“Magazziniere, pizzaiolo, cartomante, addestratore di lucertole”
NO
VOGLIAMO LE AZIENDE
LE MANSIONI
I PERIODI
COSA CAZZO FACEVI
PER QUANTO TEMPO L’HAI FATTO?!
Eri assunto in ducati per fare le pulizie o per creare prototipi automobilistici di alta ingegneria?
Perchè poi li chiami e le cose vanno così: “Ho letto dal cv che ha fatto il saldatore, posso chiederle dove e per quanto tempo?” 
“Sì, beh, ho fatto tre giorni di prova all’officina di mio zio Pasqualotto, però non faceva per me come lavoro.” 
E il monitor lo ribalti davvero.
Un po’ di precisione, ragazzi. Per favore. 

Ora scusate ma vado a irrompere in sala riunioni spaccando il vetro con una sedia non perché debba passare il telefono a qualcuno ma solo per sfogare la rabbia.

*
Sì, Insomma, tornare a in ufficio dopo qualche giorno di chiusura è stato bello e gratificante come potete notare, non ho per niente sviluppato tre nuovi tic e non c’è assolutamente nessuna luce omicida nel mio sguardo. Davvero.
E voi come state? Come va il lavoro durante questa estate torrida e noiosa? Raccontatemi un po’ di aneddoti per farmi compagnia vi prego, narratemi di clienti che fanno saltare i nervi!
Se volete poi ci sarà un post dedicato ai colloqui, altro mondo alieno popolato da una fauna sconvolta e sconvolgente.
E se volete qualche consiglio più serio per scrivere un CV chiedetemelo pure, Spelacchiati!
Hasta la pastaaaaaaa

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Pronto soccorso, vomito e blatte.

“Buonasera, mi dica.” mi dice il medico all’ingresso.
Io mi lascio cadere sulla sedia marrone “Buonasera, guardi…non per essere melodrammatica ma credo di stare morendo.”
Eh, che fantasia. E’ la dodicesima a dirmelo stasera. Che cos’ha?”
“Ha presente quella sensazione da luce bianca e violini celestiali? Ecco, quella. L’ho già vista, non è mai finita bene.”

Lui sbadiglia “Non li segua che poi devo fare la pratica di decesso, un sacco di scartoffie. Mi racconti un po’, possibilmente in fretta, che diamine ci fa qui?”
Io entro in ansia da prestazione “Avevo Anselmo, tumore al cervello. Operato un anno fa. Anselmo aveva un’amichetta isterica: Epy, epilessia. Oggi ha deciso di farmi visita quattro volte. Niente convulsioni, solo l’esperienza deluxe senza il lato spettacolare. Sensazioni strane, nausea, svenimenti… solite cose, ma per 4. Mai avute così tante.”
“Mmh, deluxe è dir poco. Altro?”
“Emorragia cerebrale passata, due cicatrici nel cervello più quella da intervento. E’ un tris interessante, non crede?”

Lui mi ignora “Vomito?”
“Beh, se deve farlo chi sono io per impedirglielo?”

Mi fulmina “Ha avuto vomito?”
“Sì, dopo due crisi. A proposito, se conosce qualcuno per rifare il bagno…”
“Segni vitali?” 
“Mah, l’unico segno che faccio ormai è quello della croce.”
“Mmmh. Le macchine per la risonanza sono già occupate, e lei non sembra necessitarne con urgenza. Facciamo che stasera rimane qua, d’accordo? Qui dietro, così se dovesse succedere qualcosa interverremo rapidamente. Ecco, le do un telo e una barella. Si sdrai lì.”
Guardo il telo. Guardo lui. Guardo il telo come se fosse contaminato da Chernobyl.
“Cosa ci dovrei fare?
” chiedo con un certo orrore misto a raccapriccio.
“Vomitarci sopra.”
“…Lei è serio?”
“Più serio di un infarto. È igienico.”
“Igienico? Il prossimo passo sono le sanguisughe? Senta, se qualcuno mi vede vomitare su un telo per favore mi uccida. Non posso avere un sacchetto, come le persone normali?”
“Su, non faccia la difficile. Dopo tutto quello che ha passato, un po’ di vomito non la ucciderà.”
“Quindi il concetto è: se non sono a un passo dalla bara, va bene qualsiasi schifo? Perfetto. Allora adotto le blatte di casa e gli insegno a fare i pancake.”
“Ecco, brava. Vada a sdraiarsi, se ha un’altra crisi ci chiami, se incontra Dio gli dica di farmi alzare lo stipendio.”
“Okay ma non veda questa promessa come un buon motivo per lasciarmi andare lassù, va bene? Preferirei restare su questa terra ancora un po’. Devo dare fastidio ancora a molte persone.”

“Oh, non ne dubito. Se deve vomitare chiami l’infermiera, d’accordo? Se lei se la sente la accompagnerà in bagno.”
Alla fine ci sorridiamo entrambi, perché è una giornata di merda per tutti e due. 

Per lui perché mi vedrà vomitare.

Per me perché ho solo un telo per farlo. 

*

Buongiorno Spelacchiati, come state? Questo è ciò che è successo qualche giorno fa, devo dire che andare in pronto soccorso è sempre un’esperienza quantomeno interessante.

Io ora sto meglio, anche se per i miei standard “meglio” non è esattamente rassicurante. Diciamo che “sto”. Per fortuna ora ho una settimana di ferie perché l’ufficio fa una meravigliosa chiusura estiva (anche perché non c’è nessuno dei nostri clienti) quindi vedrò di far calmare il mio cervello a suon di schiaffi.

Voi come state? Siete finalmente in ferie?! Dove siete, cosa fate, ditemi che mentre mi leggete siete sdraiati su una spiaggia o vi state arrampicando sul cucuzzolo di una montagna!

Hasta la pastaaaa