Librando: #(noiosa) Storia di una ladra di libri
Ovvero quando un successo mondiale non ti piace

Qualcosa mi dice che questa recensione porterà grande delusione, dunque lo dico subito: questo libro non mi è piaciuto.
Non mi ha fatto schifo, questo no, ma io mi ero aspettata i grandi romanzi, il grande libro del mondo,
Il romanzo è scritto da un punto di vista moooolto particolare e che all’inizio mi ha fatta rimanere
un po’ così: O.O
Il punto di vista, regà, è quello della Morte. La Morte a sto giro è una creatura curiosa, misericordiosa, che si china verso noi umanoidi in procinto di trapassare e prende con sè le nostre anime bambine. La Muerte, dunque, segue a suo modo le vicende della protagonista Leslie, acchiappando anime qua e là e dispensandoci frasi dall’aria profonda ogni due per tre.
Meh.
Dico “dall’aria profonda” perché ogni tanto, non so se per la traduzione o erano proprio volutamente così, queste frasi pazzesche mi sembravano vuote e un po’ prive di senso e di quel tocco poetico che invece avrebbero voluto contenere.
La scelta del narratore all’inizo del romanzo non sapevo se a lungo andare mi sarebbe piaciuta o meno, ora posso dire che non mi ha colpita più di tanto; la morte che racconta della seconda guerra mondiale mi fa strano, e soprattutto non credo che offra chissà quale arricchimento alla trama.
Lo so, volete picchiarmi, ma please trattenetevi dal farlo, sono ancora giovane e ho così tanti libri da leggere!
La trama non è male, ma la prima metà del romanzo è stata un’agonia. Scrittura lenta, avvenimenti radi, pochissimi dialoghi e troppo “nulla” in mezzo a tutte quelle righe… Poi, a metà romanzo, la svolta: la storia comincia a prendere, la scrittura si velocizza quel che basta, e le ultime duecento pagine vanno via rapidamente.
La storia di Leslie è triste, la storia delle sue guerre lo è: una è quella per la sopravvivenza. Lei è stata abbandonata dalla madre e viene affidata ad una famiglia nella HimmelstraBe, e la piccola dovrà lottare per smettere di piangere ed andare avanti, costruendosi una vita con la famiglia che la ospita.
La seconda è ovviamente la guerra mondiale, che le porterà via tutto, poco a poco.
Ma questo romanzo è anche la storia di Max, ebreo perennemente in fuga finché il padre adottivo di
Leslie non lo accoglie nascondendolo nel seminterrato freddo. La scrittura di Zusak rende molto bene l’atmosfera ansiosa, precaria, di paura dell’uomo e di chiunque abbia a che fare con lui, consapevole del pericolo in cui incorre, ma ci infila sempre troppi ghirigori.
La storia, dunque, è interessante. E’ profonda, anche. Ma c’è qualcosa nello stile di Zusak che veramente non mi prende… Probabilmente va solo a gusti personali, o forse avevo aspettative troppo alte vista la quantità di recensioni super iper mega positivissime che circondano questo libro.
In ogni caso… A voi che è piaciuto, perché è piaciuto? C’è qualcuno che la pensa come me?