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Ciance sparse: racconti di avventure epiche di insetti spericolati.

Il tutto nato da un incontro troppo ravvicinato con una cimice.

Immaginatevi questo bar, un posto semplice, carino, un po’ rozzo, in stile irish pub. Tutto in legno scuro: bancone, sgabelli, tavolini, sedie, panche… C’è pure un minuscolo camino in un angolo. 
All’inizio fuori c’era stata un’insegna luminosa, ma la proprietaria, una coccinella di una certa età, tarchiata e tostissima di nome Lady Puntini, aveva dovuto toglierla perché tutti i clienti -mosche, zanzare, falene e simili- finivano con l’incantarsi lì fuori e non entrare a consumare. 
Aveva dovuto togliere anche i distillatori per riempirsi da soli il bicchiere di gocce di sangue poichè un paio di zanzare e Rino “à Sanguisuga” -una zecca così tirchia che cerca di farsi offrire tutto da chiunque- era finito in collasso globulare, ovvero un globulo rosso di troppo gli era andato di traverso rischiando di stecchirlo.

Quella sera la porta si aprì e dai presenti si levarono urla di giubilio, applausi e fischi di approvazione: era entrato un signor cimice soprannominato Er Piuma, chiamato così perché era Er Più Matto: “E sono ancora quiii stronziii! Sopravvissuto anche stavoltaaaaa! Lady Puntini fammi una Puzza Colada!”.
“Allora, raccontaci! Cos’è successo?”
Er Piuma si appollaiò su uno sgabello e dopo un sorso del suo disgustoso drink cominciò a raccontare con aria solenne “Ero lì in bagno come mio solito, mi stavo sgranchendo le zampette camminando avanti e indietro sul muro. Tutto tranquillo, una giornata come tante. Poi a un certo punto entra lei, la più orrida creatura che io abbia mai visto. E’ la giovane umana della casa. Beh, giovane… Insomma, entra questa cosa disgustosa e si mette a lavarsi i capelli, io ero ancora lì a fare un po’ di camminata veloce per tenermi in forma. Solo che a un certo punto il vapore dell’acqua calda ha reso le pareti scivolose, e  io ho cominciato a perdere la presa! L’immonda creatura sotto di me stava per cominciare ad asciugarsi i capelli quando io ho sentito la zampetta anteriore slittare, poi l’altra. Dovevo prendere una decisione: rischiare di cadere nella vasca piena d’acqua e morire annegato oppure… Passare alla storia.
E io ho scelto la gloria.
Mi sono lasciato cadere di schiena nel vuoto. Mi sono girato a mezz’aria con una manovra da fuori di testa e poi ho iniziato una picchiata da paura, ero un F-16. ero una saetta, ero il peggior incubo di ogni umano. Giù in picchiata, nel vuoto per almeno quaranta centrimeti ragazzi, non scherzo, giuro su mia madre… Pace alla corazza sua. Traiettoria perfetta.
SBANG! Capelli ovunque, un urlo isterico, panico totale. Ho fatto il delirio, regà, er panico. Poi qualcosa di enorme mi ha colpito: una mano! Ho chiuso gli occhi un istante e quello dopo ero di nuovo in aria, fuori controllo! L’ala destra era in avaria, quella sinistra si era incastrata, stavo perdendo quota troppo rapidamente… Sapevo che era questione di un attimo prima dell’impatto! Allora mi sono preparato: ho chiuso le ali, mi sono raggomitolato su me stesso. La collisione con il pavimento è stata dura, durissima, quasi letale, ma sapevo di non avere tempo: l’umanoide avrebbe potuto spiaccicarmi con una scarpa da lì a un secondo quindi senza neanche guardarmi intorno ho cominciato a strisciare via, un millimetro alla volta, per chilometri, ero nella linea nemica! Sono sgusciato dietro al water e ho aspettato, pronto a esalare il mio ultimo puzzo… Ma il colpo non è arrivato. L’umana non mi stava dando la caccia, era scappata a gambe levate! Ma sapevo di non poter ancora considerarmi salvo, sarebbe potuta tornare con i rinforzi, con un’ammazza mosche o peggio ancora uno spray insetticida. Allora mi sono inerpicato sulla parete fino a raggiungere la finestra… E sono qua, stronzi!”

Un silenzio sconvolto accolse il racconto e venne interrotto soltanto dal fastidioso “fzz fzz” di Gloria Abbagliante, un’anziana falena sciroccata. Poverina… si era bruciata le antenne contro una lampada troppo calda quando era ancora giovane. Non era più tornata come prima. 
Saveria Briciola, un’anziana formica rossa annuì teatralmente “Io una volta sono rimasta intrappolata in una maglietta. 
So cosa significa l’oscurità. So cosa significa la disperazione. Le ho provate. Le ho vissute.
E so cosa significa essere scaraventati via cun un urlo alle sei di mattina e finire in una goccia di rugiada.”

Poi prese la parola Tony Rimbalzo, un grillo verde completamente matto in culo. Prendere il brevetto di salto gli aveva dato alla testa.
Cominciò a parlare con il suo accento bizzarro e strascicato, tipico dei grilli benestanti, e ammiccò ad un paio di giovani locuste sedute sul divanetto “Io me ne stavo lì, sul davanzale, con Celine Grillon, Jack lo Stridulo e Chirpez quando… l’ho vista. Io non volevo, giuro. Ma il richiamo del brivido era troppo forte, per uno spericolato come me… D’altronde la vita è una sola, va vissuta fino in fondo. Meglio morire rapidamente spiaccicato da una ciabatta che avvelenato lentamente col Vape… Beh insomma, ho visto quel piatto di insalata sul tavolo, ho visto l’umano che parlava distratto… e ho saltato. BOOM! A gambe tese, tutte e sei, sono atterrato dritto dritto in mezzo al pomodoro. Gli umani hanno urlato, una scena meravigliosa! Mi hanno lanciato contro delle posate, ho schivato tutto quanto, poi ho saltato di nuovo. Stavolta ho centrato un bicchiere, sono quasi affogato, poi io odio la Fanta…” le giovani locuste ridacchiano “allora ho cominciato a tossire all’impazzata mentre il bicchiere si rovesciava, sono atterrato sulla tovaglia, intorno a me ormai regnava il caos e ho pensato “è arrivato il mio momento, lo accetto.” Poi il colpo di scena: la nonna umana ha detto ‘Ma che schifo, buttatelo fuori! E non fate ‘ste scene per un insetto, eccheccazzo.’. Sono stato scaraventato in giardino. Ne è valsa la pena, ragazzi. Ne è valsa la pena.”

Un ragno nell’angolo stava fumando una pipa reggendola con una zampa mentre con le altre continuava a tessersi uno scialle; era Ruggero Ottomano, un grosso ragnone nero e peloso assuefatto alla nicotina e al tabacco. Aveva l’aria molto vecchia ma i suoi innumerevoli occhi erano vispi e lucenti, anche se una benda con un teschio sopra gli copriva uno dei tanti occhi. Anche una delle sue zampe era storta e malridotta.
“Hanno cercato di uccidermi tante, tante volte…” iniziò con voce bassa e tenebrosa.
Nino, un giovanissimo moscerino squilibrato con attacchi d’ansia e ipocondriaco, lo guardava con aria di venerazione “E’ vero che tu odi gli umani?
“Odiarli? L’odio è per i giovani, per gli incauti, per gli stolti… Io non odio. Io provo solo rancore e sete di vendetta.”
Un brivido percorse tutti quanti.
“Anni fa me ne stavo in una bella casa in campagna. Gli umani erano tranquilli, io vivevo una vita pacifica con loro, me ne stavo in un angolo dietro l’armadio e loro mi lasciavano stare lì. Ci tolleravamo vicendevolmente. Ogni tanto ci scambiavamo un cenno di saluto. Una notte però… Avevo fame. Volevo controllare se sotto al letto ci fosse una carcassa di qualche stupida mosca -non guardarmi così, Al Moschino, non siete la specie più brillante e lo sai anche tu- quindi ho cominciato a calarmi dal mio filo, un pochino alla volta, con grazia ed eleganza, ero il re dell’aria. Stavo per atterrare morbidamente sulla coperta quando lei mi ha visto e ha fatto un singulto: mi ha fissato per un istante lunghissimo, e io ho fissato lei. Dicono che se guardi a lungo nell’abisso, l’abisso guarderà te: è ciò che è successo. Non ho avuto tempo di spiegarle che volevo solo mangiarmi una mosca secca, ha cominciato a urlare come una pazza. Ho cercato di battere in ritirata, stavo risalendo rapidamente sul mio filo ma lei ha lanciato un cuscino: il filo si è spezzato. Sono atterrato sul suo cellulare. Ha urlato ancora di più. Sono rotolato giù dal letto, lei ha cercato di lanciarmi una ciabatta puzzolente ma mi ha mancato. Anche lei è sulla mia lista nera.”
Nino lo guardava con gli occhietti spalancati “E come pensi di vendicarti?”
“Renderò la loro vita un inferno. Lei sta cucinando? Corro vicino ai fornelli. E’ al telefono? Mi arrampico sulla gamba del tavolo. Sta per mettere il cellulare in carica? Sbuco da dietro al comodino. Prima o poi riuscirà ad ammazzarmi, ma solo con la morte considererò compiuta la mia vendetta.”

*

Insomma Spelacchiati miei, una cimice mi ha assalita mentre mi lavavo la capoccia, sono rimasta traumatizzata e questo è ciò che la mia mente malsana ha partorito. Mi sono divertita molto a scrivere questa cosa e penso potrei andare avanti per sempre a narrare aneddoti insettosi dal punto di vista degli insetti.
E voi come state? Come state vivendo l’arrivo della primavera, del caldino, delle belle giornate e di quelle creature immonde chiamate cimici?
Sara per il sociale: se trovate insetti vari abbiate la pietà di cercare di acchiapparli e buttarli fuori di casa. Non serve ammazzarli. Non fanno niente di male. Se dovessimo spiaccicare qualunque essere insulso e bruttino io sarei la prima della lista a finire a zampe all’aria, e gli insetti servono sicuramente più di me. Fate i bravi!
Hasta la pastaaaaaa

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Ciance sparse: intervento al cervello, non sono diventata più intelligente tranquilli!

Buonasera miei cari, piccoli Spelacchiati! Come state?
Io ho un dubbio, devo sottoporvi un quesito di fondamentale importanza.
Ma anche voi in questo periodo state trovando cimici decedute ovunque? Alzo un libro e c’è un insetto morto. Sposto un vestito abbandonato sulla sedia in camera mia da tempo immemore e cade una cimice. Apro una finestra e mi piombano addosso cimici a vagonate, una cascata di cimici rinsecchite, giuro è uno spettacolo aberrante io prima o poi esco dalla mia stessa pelle e me ne vado alle Bahamas perché così non si può continuare.
Non so se fosse peggio prima, quando ogni trenta secondi cominciavi a sentire un ronzio in lontananza che poi diventava praticamente assordante fino a che STOOOOCK! Una cimice ti piombava addosso.
Sullo schermo del pc. In testa, per terra, nel piatto.
Non so come io abbia fatto a sopravvivere fino ad ora.

Ma parliamo di cose vagamente più serie, che voi siete degli Spelacchiati adorabili e vi interessate alla mia salute.
Beh, sono viva! Habemus ancorus una Spelacchiata Suprema -cioè io-.
Cercherò di andare con ordine partendo da un martedì di fine novembre quando sono andata all’Istituto Besta per fare il pre-ricovero. Devo dire che quel giorno l’ho vissuto bene, girovagavo per l’ospedale, andavo alle macchinette a prendermi i Kinder Bueno, chiacchieravo allegramente con persone a caso… Me la spassavo.
Mercoledì ho cominciato a subodorare che stesse davvero per succedere qualcosa di orribile al mio piccolo cranio, ma una parte di me era ancora in modalità “non è vero, tu stai tranquilla mica ti aprono come una scatoletta di tonno”.
La consapevolezza mi è piombata addosso quando alla sera l’infermiera mi ha sganciato un po’ di bustine con dentro shampoo e bagno doccia bizzarri dicendomi “cara, devi farti la doccia anti-batterica”.

Prima di tutto stiamo calmi, che mi sembra una roba da apocalisse.
E poi che cazzo devo fare?
Niente di che regà, in realtà ho dovuto soltanto cercare di non allagare troppo il bagno mentre mi lavavo con quella roba molto specifica che ammazza qualsiasi tipo di germe o batterio nel raggio di chilometri.
Ecco, quello è stato il momento della consapevolezza, il momento in cui ho cominciato a valutare le mie opzioni: “allora, calarmi dalla finestra non posso perché siamo troppo in alto, infilarmi nel cesto dei panni sporchi no perché mi fa schifo, potrei cercare di saltare sul vassoio gigante della colazione domattina…

E niente ragazzi miei, alla fine dopo lungo pensare e un breve piantino sono entrata in trans-agonistica: facciamolo.
Leviamo Anselmo.
Pensavo che non sarei riuscita a chiudere occhio invece ho dormito come una citrulla, perché ormai era fatta: non era più solo una possibilità che aleggiava su di me, mi stavano davvero per operare. Ed ero… sollevata.
Anche perché il mio neurochirurgo regà era un figo di dimensioni astronomiche, emanava Sindrome di Dio da ogni poro eh, però quella sicurezza, quell’atteggiamento da “io posso fare qualunque cazzo di cosa” mi ha dato una notevole dose di calma. Penso che ogni tanto si metta a fare cose tipo fermare i treni a mani nude e lottare con le tigri, così, giusto perché sente di poterlo fare.
Io invece mi sento un verme verminoso e verminante, ma questa è un’altra miserabile storia.
La mattina dell’intervento ho mandato qualche selfie stupido alla mia famiglia perché la cosa che più mi preoccupava non era il mio intervento ma l’idea che i miei genitori potessero farsi venire un infarto dall’ansia o che mia sorella in preda ad un attacco isterico si mangiasse cose con il lattosio o che il Batterino si ingoiasse una bacchetta per la disperazione.
Sono sopravvissuti pure loro, meno male.

Mi hanno messo il camice, mi hanno portata giù, mi hanno detto “ora arriva il cocktail di farmaci…” e io non ho capito niente da lì fino a tre/quattro giorni dopo.

L’intervento è andato bene, Anselmo non ha opposto resistenza, io ho avuto un po’ di crisi epilettiche a ripetizione quando mi hanno svegliata ma di quello ho dei vaghi ricordi. So che la mia famiglia era lì, ma non mi ricordo nulla. So che sono venuti a trovarmi anche i giorni seguenti, ma non ricordo nulla.
Comincio ad avere dei ricordi dal terzo giorno dopo l’intervento, e i miei ricordi sono: DOLORE, DOLORE, DOLORE CAZZO CHE DOLORE.
Quando i miei mi chiedevano come stessi dicevo che stavo alla grande, la verità è che il dolore che ho provato in certi momenti non me lo dimenticherò mai; non riesco neanche a descriverlo, era solo estenuante e spaventoso. Una mattina hanno ritardato a darmi la morfina e pensavo che sarei schiattata lì così, un modo veramente stupido di schiattare dopo un intervento.
Poi l’infermiera è arrivata con luci angeliche intorno e cori di angeli che la precedevano e quando mi ha iniettato la morfina avrei voluto farle un bonifico a sei zeri.

Ora sono a casa, in convalescenza. Ho avuto due crisi epilettiche da quando sono a casa, il che non è esattamente un buon segno ma attendo il parere della dottoressa prima di cominciare a disperarmi e prendere a testate il muro -anche questa non sembra un’ottima idea, lo so, però cercate di capirmi- perché potrebbe voler dire un altro intervento molto più invasivo -CIOE’ ANCORA PIU’ DI QUESTO, CAPITE?!- ma non voglio neanche pensarci al momento.

Devo dire che adesso ragazzi mi sento come se un enorme peso che non sapevo neanche bene di portare addosso mi sia stato tolto.
Mi hanno tolto Anselmo, il mio tumore al cervello. Non rischio più di avere un’emorragia cerebrale da un momento all’altro. Mi viene da piangere, non sembra possibile.
Ora mi viene da piangere anche per un altro motivo: come si torna alla vita dopo quasi due anni? Cosa devo fare? QUALCUNO MI DIA UN LIBRETTO DI ISTRUZIONI PER FAVORE, non so cosa devo fare! Visto che ho ancora crisi la patente ovviamente me la sogno, devo capire se posso cominciare a cercarmi un lavoro, se posso finalmente tornare in università e cercare di dare gli ultimi cinque esami che mi mancano per laurearmi in lingue, se posso uscire da sola a fare una passeggiata. E’ tutto un po’ strano, come se fossi in un mondo che non conosco bene. 
Fa un po’ paura.

Ma qua andiamo a pipo durissimo incontro alle cose quindi forza ragazzi, narratemi, voi come state? Ditemi qualcosa di bello che avete fatto in questo periodo, qualcosa di cui siete orgogliosi. Può anche essere “ho trovato un bar che fa un cornetto al pistacchio che al mattino mi regala della gioia di vivere“, e poi ditemi che bar è perché i cornetti al pistacchio sono la mia passione.
Potete anche sfogarvi raccontando qualcosa di brutto o stressante che dovete affrontare, mi piacerebbe che nei commenti vi supportaste un po’ a vicenda perchè è di fondamentale importanza trovare qualcuno che dia un po’ di supporto. Avrete sempre il mio.
Insomma, hasta la pasta ragazzi, grazie di esserci sempre per me.