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Vita epilettica: visite mediche.“Epilessia, farmaci nuovi e crisi vecchie: diario spelacchiato di un’aggiustata neurologica”Vita epilettica: visite mediche.

Vorrei poter scrivere un post da Wonder Woman, quella bellissima, forte, che combatte i cattivi e lo fa pure con il sorriso e battute… E invece già solo per essere una woman devo impegnarmi molto, perché mi sento proprio un piccolo insetto.
Quindi oggi niente supereroina. Oggi solo Sara, spelacchiata come sempre. 
Sapete, non importa quante persone vi accompagnano a una visita medica.
Quando entri sei solo, e quando esci per un attimo sei sei… sparito. 
Poi respiri e tutto riprende a muoversi, torni ad esistere perché non puoi fare altro.

*

Il neurologo del centro epilessia mi guarda; ormai ci conosciamo da anni, lui mi ha conosciuta nel bizzarro momento in cui ero a metà tra il mondo dei vivi e quell’altro.
Gli racconto come va, ovvero bene ma non proprio alla grande. 
Le crisi persistono, e la situazione si sta facendo un po’ difficile; i miei antiepilettici vanno in contrasto praticamente con qualunque altro farmaco, quindi al momento gli antibiotici non mi fanno effetto e la pillola… Beh, ho il ciclo tre settimane al mese da sei mesi. E quando ho sbalzi ormonali mi vengono le crisi, quindi è tutto un simpatico paradosso.
Penso sia arrivato il momento di cambiare farmaco.”
Io lo guardo annuendo “…E io penso sia arrivato il momento di cambiare neurologo, addio” e me la do a gambe.
Ma lo penso e basta.
Lo guardo “Dobbiamo proprio?”
“Sì, hai ancora tante crisi epilettiche focali. Troppe. E possiamo provare a ridurre cambiando terapia antiepilettica, possiamo provare con qualcosa di più recente. Il tuo farmaco principale è molto vecchio, possiamo provarne uno di nuova generazione.”

Mmh.

Vecchio, nuovo… L’unica differenza per me è che adesso so cosa aspettarmi. 
Va bene, se me lo chiede così come faccio a dirle di no. Però…” lo guardo e poi distolgo lo sguardo “cosa devo aspettarmi?

Lui si appoggia alla sedia “Inizialmente nulla. Partiremo da un dosaggio molto, molto basso e nel giro di qualche mese andremo a salire fino a raggiungere la dose massima; in questi mesi tu dovrai aggiornarmi spesso. Mi scriverai come sta andando, come ti senti fisicamente e psicologicamente, e se noti dei cambiamenti. Chiaro?

Sarà uno scambio epistolare molto avvincente. Posso mettere giù gli aggiornamenti sottoforma di racconto horror?
Cerco di smettere di torcermi le mani. Mi costringo a tenerle ferme in grembo. Ma non ci riesco.
Lui prosegue, come se non stessimo parlando della mia vita per i prossimi mesi “L’effetto collaterale più comune è la sonnolenza. Prenderai questa pastiglia quando sei già a casa, nel letto, in pigiama. La prendi quando vuoi dormire, perché succederà subito, dopo pochi minuti.

Un flash del momento in cui mi hanno fatto l’anestesia totale prima di portarmi in sala operatoria, due anni fa, mi attraversa la mente come un lampo.
Mi addormentavo senza sapere come mi sarei risvegliata. Se mi sarei risvegliata.
La scaccio. 
Ci riprovo.
Guardo il portapenne sulla scrivania.
Capisco che sta aspettando una risposta quindi continuo a guardare il portapenne; non so perché ho il magone. “Non dovrò più ascoltare il Batterino che russa costringendomi a non piazzargli un cuscino sulla faccia, perfetto.”
“Sara… Se non te la senti possiamo aspettare.”
“No, no, facciamolo. Che altro succederà?”
“Un altro effetto collaterale sono i capogiri, per cui attenta quando attraversi la strada, tieniti quando fai le scale e niente camminate da sola nei boschi per un po’.

Cerco di stendere un po’ almeno la punta delle labbra; non mi sta dando notizie terribili, non ha senso piangere, è stupido.
“Mi offende che lei pensi una cosa simile di me. Sono troppo pigra per queste cose, dovrebbe saperlo…
Lui stringe un po’ le labbra in un sorriso un po’ strano e si china in avanti sulla scrivania aggiustandosi un po’ la manica.
Sospiro “Mmh, stiamo per passare alle note dolenti?”
“Un pochino. Potresti diventare più emotiva, più irritabile, più… Instabile.”
Sospiro di nuovo.
“Quanto di più?”
“Se dovesse succedere te ne accorgerai, e anche le persone intorno a te se ne accorgeranno. In quel caso, mi scrivi.

Lui mi scruta mentre io guardo la scrivania senza davvero metterla a fuoco “Va bene, se impazzisco la chiamo. Tutto chiaro.”
Cosa gliene può importare a lui, dopotutto? Sono io che forse cambierò. 

Forse, potrebbe, chissà.

E infine… non è probabile, ma ascoltami bene. Se hai attacchi di panico, crisi d’ansia o -uhm- pensieri brutti, mi devi scrivere subito. Intendo pensieri molto brutti, okay?” mi guarda per capire se ho capito cosa intende e sì, ho capito “In quel caso mi scrivi di notte, di giorno, non importa. E ti dirò come interrompere subito il farmaco. Ci siamo intesi?
Vorrei fare una battuta ma non ci riesco, perché sento che se parlassi in questo momento avrei la voce rotta e non voglio piangere in quello studio.
Annuisco e basta.
Ma probabilmente non succederà niente di tutto questo, okay? Andrà bene. E se siamo fortunati ridurremo le crisi.”
“Va bene. Grazie.”
“Dobbiamo toccare un altro argomento.

Non so cosa aspettarmi.
Tu e il tuo compagno avete in programma di avere figli?”

Ah.

Quello.

No. Non… Non abbiamo intenzione al momento.”
“Ne sei sicura?”
“Sì.”

Non mi chiede se li desidero. Non mi chiede se è per la mia malattia.
Okay. Perché se cominciamo con questo farmaco dovrai assolutamente evitare una gravidanza. Vai a casa e parlane con lui, mi farai sapere.

Ci ho già pensato. 
Ne avevamo già parlato.
Oltre a tutti gli altri motivi, quello che ho avuto io in testa è ereditario. 
Fine del discorso.

Il dottore mi congeda e ci salutiamo, gli prometto di aggiornarlo e gli sorrido prima di uscire.
Cammino fuori dall’edificio e arrivo alla zona con gli alberi; lì, finalmente, appoggio le mani sulle ginocchia e crollo.
Non ci posso fare niente.
Sembra una cosa piccola e stupida aggiungere un farmaco, lo so. Ma è la mia vita che cambia ancora una volta. Non la vita del dottore, non quella del Batterino, non quella di mio padre che mi aspetta nel parcheggio.

E come tutte le altre volte, sarò da sola. Io, me e me stessa, probabilmente in lite.

Come lo ero in ospedale e come lo sono ogni volta che ho una crisi, o che sto male e non posso prendere medicine perché vanno in conflitto coi miei antiepilettici, o come ogni volta che c’è da andare a una visita.

Mi suona il telefono. 

“Ciao Batterino… Sì, ho finito adesso.

“Sara, stai piangendo! Cosa succede?

“Niente, stai tranquillo, adesso ti aggiorno”

*
Quindi miei cari spelacchiati questa è la mia situa al momento, ho giornate di derealizzazione in cui non mi sento nel mio corpo, momenti in cui crollo di sonno all’improvviso per qualche ora, ansia immotivata, nausea, capogiri, insomma un’insalata russa di cose che provo e che succedono. E va bene così. Sono all’inizio, il viaggio per arrivare al dosaggio finale è ancora lungo e per ora qualche crisi sembra essere più leggera! Quindi è tutto positivo per ora. Cioè, fastidioso ma nella norma, tendente al positivo.
Ma vorrei tornare a scrivere cose deficienti, quindi se avete qualche film brutt da consigliarmi.. CONSIGLIATEMI! Ho proprio voglia di arrabbiarmi di nuovo con qualche protagonista. Horror, romantico, commedia, quello che vi viene in mente!
E voi, Spelacchiati, come state? Il gelo è giunto anche da voi?
Hasta la pastaaaaa

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Vacanze Spelacchiate: Sardegna Edition

Avrei dovuto capire che la vacanza sarebbe stata impegnativa quando, alle tre di notte, io e il mio compagno -per gli amici Il Batterino- ci siamo recati in aeroporto sotto un temporale scrosciante con tuoni, fulmini e saette che ci illuminavano la via.

E grazie al cazzo che ci illuminavano la via, mi hanno illuminato anche la paura perché io non volavo da seimila anni e riprendere a farlo con quel tempo è stato un po’ come fare il battesimo del fuoco.
Vuoti d’aria, turbolenze, io che facevo respirazioni zen e contavo i peli sul mio braccio mentre il Batterino, di grande aiuto emotivo e psicologico… dormiva. 

Al decollo gli ho agguantato il gomito e si è svegliato di soprassalto, un po’ sconvolto, poi ha capito che ero solo cretina quindi mi ha sorriso a caso e si è riaddormentato mentre io facevo inspirazioni ed espirazioni da subacqueo.

Giungiamo in meravigliosa terra sarda… e piove.

Ma porca-

Andiamo ritirare l’auto a noleggio e lì si apre il dilemma: assicuriamo anche il buco dell’ano o tentiamo la sorte facendo l’assicurazione base? 
Ovviamente scegliamo l’assicurazione che copre le ciapet… E facciamo bene, perchè sul traghetto per la Maddalena il Batterino ha perso la cognizione dello spazio come i pipistrelli quando si trovano in campo aperto e ha sfrantecato un finestrino. Tutto granato. 

Giungiamo all’alloggio, carinissimo, vista mare -o meglio, vista pioggia perché sì, pioveva pure lì- e dopo un giretto ci siamo fiondati a mangiare come i piccioni quando lanci le briciole nel parco.
Io ho mangiato del tonno che era la fine del mondo, il Batterino si è ingozzato con linguine allo scoglio e intanto un gamberetto mi ha guardata storto per tutta la sera dal suo piatto. 

Tappa successiva: Spiaggia del relitto.
E no, per una volta il relitto non sono io.
Spiaggia bianchissima, colori di quando su Photoshop alzi la saturazione a duecento, e poi c’erano pesci. Pesci di tutti i tipi. Pesci piccoli, grandi, pesci simpatici, pesci stronzi che mi hanno fatto il dito medio… Alcuni mordono, altri ti giudicano. 
Il Batterino guizzava qua e là come un delfino impazzito, io invece stavo a riva a fare il cameramen acquatico: foto alle conchiglie, video ai pesci, documentari sui granchietti che si muovevano bizzarramente sugli scogli… Per la prima volta da non so quando mi sentivo leggera. Forse addirittura distratta.

Poi a riportarmi alla realtà arrivava lui, il mio eroe e contemporaneamente la mia nemesi: il giubbotto di salvataggio.
Questo patafracco arancione fluo che quando volevo addentrarmi in acqua mi dovevo infilare come se fossi Rose appena saltata giù dal Titanic; con la mia simpatica epilessia, che non va mai in ferie, meglio non rischiare di schiattare in mezzo centimetro d’acqua. Sarebbe un po’ umiliante persino per me, dai.

Capitolo a sè per l’Asinara.
Partiamo da qualcosa di sconvolgente: l’Asinara è piena di asini.
Sì, lo so, è sorprendente. Pescara è piena di pesci? No. L’Aquila è piena di aquile? Non mi pare.
Eppure Asinara è piena di asini.  E molti erano più dignitosi di parecchi esseri umani.

Noi scendiamo dal traghetto, il Batterino comincia a marciare smanioso di farsi l’isola in lungo e in largo quando io mi fermo. Annuso l’aria come i cani da punta. E poi punto.
Batterino” mormoro, sapendo che o avrei preso una testata sul naso o mi avrebbe assecondata “perché non prendiamo… quello??”
“Quello cosa? Di che- oh!”
Lì, in bella mostra, c’erano dei golf cart da noleggiare.
Perché le persone intelligenti si erano portate le bici, per girarsi l’isola, noi che eravamo del gruppo degli stupidi invece avevamo solo i nostri piedi. 
E così un quarto d’ora dopo sfrecciavamo su e giù per l’Asinara come due pazzi. Venti chilometri all’ora massimo.
Ma non ci siamo persi neanche una volta! Anche perché c’è un’unica strada, sull’isola. Puoi andare solo dritto, praticamente. Da una parte all’altra. E intanto ti fermi a fare foto a qualunque cosa. 

Peccato che, come vi avevo anticipato, a un certo punto dopo mezz’ora di camminata arriviamo a una spiaggia che non so descrivere, era solo magnifica, ma dopo quattro minuti in acqua penso di essere diventata violacea. Ipotermia in atto. Tremavo come una foglia al vento.

E infatti c’era il vento, ecco perché tremavo.

E’ stato poi il momento di Castelsardo, altro posto incredibile.
Qui sono caduta più volte. 

Una in un tombino. Sono inciampata e ruzzolata come una pera cotta ammaccandomi tutta. Mi fa ancora male sia la mano che il livido sul ginocchio.
E poi sono caduta emotivamente, una picchiata a tutta velocità. Ho avuto due crisi nel corso di una giornata e alla fine, durante un aperitivo vista mare con l’uomo della mia vita, ho pianto. Tanto. Vorrei dire di aver pianto come piangono le donne eleganti, quindi due lacrimine piccole piccole con gli occhi un po’ lucidi che diventano ancora più belli, ma la realtà è che io quando piango divento un mostro. Un ramarro. 

Ero un rospo che ululava su una terrazza vista mare. 

Ultimo giorno, Torre del porticciolo.
Un posto conosciuto solo dal Batterino, credo, che in cinque anni mi ha ammorbato l’esistenza tutti i giorni raccontandomi delle sue vacanze in questo campeggio dove andava coi suoi nonni e della spiaggia privata del posto.
Camping enorme, mille miliardi di ettari di terreno, tutto curatissimo, e poi quando arriviamo a sera affamati come dei lupi e ordiniamo due pizze perché volevamo solo mangiare e crollare nel letto… Ci portano le pizze.
Io le guardo.
Loro guardano me.
Io guardo i camerieri, che si dileguano.
Guardo il Batterino, che non capisce perché io stia per andare in cucina e infilare il cuoco nel forno acceso.
Cosa?”
“Batterino. Queste pizze che pagheremo dodici euro l’una, sono palesemente surgelate. E neanche quelle surgelate buone.Stiamo parlando di qualità infima, di quelle con la crosta tutta strana, il pomodoro a chiazze, il sapore disumano.”
Il Batterino guarda la pizza. Ammutolisce.
“Cambiamo ordinazione?”
“Batterino mio… è tutto surgelato qui. Guarda. Guardati intorno. Siamo in trappola. Siamo tutti in trappola.”
Lui è orripilato.
Io sono oltre.
Alla fine rosicchio solo la crosta della pizza, l’unica parte mangiabile.

Infine, aeroporto: dovevamo tornare alla base, possibilmente sani e salvi.
Batterino…”
“Dimmi”
“…Ho sete.”
Lui chiude gli occhi. Sospira. Sembra mia madre. “Tu lo sai che prima ti ho detto apposta di bere finché avevamo le bottigliette, perché poi ce le avrebbero requisite?”
Io annuisco, umile.
“E tu mi hai detto che ‘non avevi sete’?”
Annuisco ancora.
E lo sai che qui una bottiglietta d’acqua ti costa quanto un Macbook Pro?”
Annuisco di nuovo, serivle.
La vorrei frizzante.”
Il Batterino si allontana borbottando qualcosa sul maledetto giorno in cui ci siamo conosciuti.

*

Rieccomi tornata, miei cari Spelacchiati! Questi quattro giorni in Sardegna sono stati bellissimi, freddissimi, levissimi e sono già tornata alla triste realtà piemontese ormai. 
E le vostre ferie invece? Come sono andate? Raccontatemi qualche aneddoto bizzarro, qualcosa di sfigato che vi è successo in vacanza nel corso della vostra vita spelacchiata! 

A presto, hasta la pastaaaaa!

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Ciance sparse: sono sotto assedio.

Trigger warning: presenza di creature demoniache munite di zampette e ali.

Sono sotto attacco.
Avete presente Pearl Harbor? Ecco.
Non è un’esercitazione, ripeto, non è un’esercitazione.
Houston, abbiamo un problema.
Ho finito le citazioni.

L’altro giorno ero a casa del Batterino, il mio compagno, e la scena è stata questa:
Ci appropinquiamo alla cucina per prenderci da bere e io noto un bislacco esserino appoggiato sul bancone, come se stesse aspettando un cocktail. Marrone, con le ali, delle movenze un po’ sghimbesce… insomma sì un mostro.

“Aspetta, prima di procedere col Defenestrazione di Praga fammi fare una foto! Non ho mai visto un insetto così!” esclamo sentendomi già pronta ad accudirlo e volergli bene come un figlio, avevo già in mente di fargli una stanza decorata con stencil di larve sul muro.

Quindi acciuffiamo il fuggiasco, lo scortiamo educatamente al balcone e io agguanto il cellulare tranquilla come una Pasqua; cerco un po’ e faccio la tremenda scoperta.

Mi si è gelato il sangue, è ancora in microonde a scaldarsi.
Era un’Idra a centocinquanta teste? No. Peggio.
Era un basilisco come quello di Harry Potter? Ma magari.
“Batterino” esalo con un filo di voce mentre l’anima abbandona il mio corpo.
“Cos’ho fatto stavolta?” ha chiesto lui già sulla difensiva, pronto a schivare una ciabattata.
Io ho solo scosso la testa e ho mormorato il nome della putrida creatura.
“Cosa?”
Ho alzato gli occhi e l’ho guardato senza vedere nulla “Blatta.”
“Eh?”
Blattaaaa ho detto che era una blatta! mi ha toccataaaaa prendi un coltello staccami immediatamente la falange, la mano, il braccio! dammi il frullatore, mi devo frullare un arto!”

Ho cominciato a cercare freneticamente cose fondamentali su internet: “le blatte possono infestare un corpo umano?” “Come abbandonare tutto e farsi una nuova vita in Nuova Zelanda” “se ho trovato una blatta quanto rischio di morire da uno a dieci?”.

Ora, la mia domanda è solo una: come si da fuoco a un appartamento?
Lo cospargo di benzina e lancio un fiammifero?
Uso la dinamite?
Dirotto un velivolo contro la finestra?
Mi immolo in una pira, portando con me tutte le oscure presenze zampettanti?

Io posso capire il cavernoma al cervello, posso convivere con l’epilessia, posso accettare i farmaci giornalieri ma… con una blatta sul bancone no. Non sono forte fino a questo punto.

Ho cominciato a fare scoperte sempre più raccapriccianti, mi sembrava di essere in un film horror: ho appreso che possono infilarsi in fessure minuscole, questo significa pure nei cassetti delle posate. Delle tovaglie. Della vita.
Leggo le malattie che portano. 
Leggo che possono vivere per settimane senza testa. Prima di tutto perché cazzo non abbiamo ancora studiato un modo per avere un po’ di dna di blatta? E poi cosa cazzo significa che vivono senza testa, ma di cosa stiamo parlando, siamo pazzi? Che mostruosità è, proviene direttamente dall’inferno!? In caso di attacco nucleare indovinate un po’ qual è l’unico essere vivente che sopravviverebbe senza manco avere un fremito delle antenne? esatto, le blatte! ma cosa sono, ma perchè sono, com’è possibile che esistano esseri così indistruttibili? persino berlusconi a un certo punto si è dovuto piegare alle leggi naturali, loro no! loro non si piegano, loro le creano le leggi dell’universo!

Poi penso a tutte le volte in cui ho cenato dal Batterino, a tutte le volte in cui ho usato gli utensili (per fortuna poche, mica so cucinare), e per poco non schiatto lì secca secca sul pavimento.

E poi un altro pensiero mi attraversa: e il Batterino? Cosa faccio con lui? Lo disinfetto? Avrà toccato una blatta? E’ contagioso? Lo abbatto per porre fine alle sue sofferenze prima ancora che inizino? 

Lo lascio, non vedo alternative. 

Lui intanto cercava di mantenere calma e sangue freddo ma col cazzo che mantengo calma e sangue freddo, mica sono Luca Dirisio. Qua c’è blatta e sangue freddo.
Ho cominciato a spruzzare all’impazzata ventidue prodotti diversi, incluso il mio termoprotettore dei capelli e la schiuma da barba del Batterino.

Ora non dormo da notti e notti. Passo le ore costruendo barricate, sigillando cassetti, svuotando il frigo e poi rimettendo le cose a posto senza alcuna ragione logica. Ogni scricchiolio potrebbe essere una zampetta, ogni sogno finisce con me e una blatta a cena insieme: il signor Blatta in smoking a raccontarmi con accento veneto di come una volta abbia vissuto per un mese nella casa di George Clooney nascosto sotto al mobile della sala. 

Ah, ovviamente il Batterino è stato subito rinominato Blatterino. 

Ora se penso all’inferno me lo immagino popolato da blatte, ma penso che anche Satana avrebbe paura di loro per questo sono immortali. Non le vuole manco lui laggiù.

E niente ragazzi, questa è la situazione. 

Ora mi sono finalmente data una calmata, ho addirittura dormito mezz’ora ieri notte, e vedremo come risolvere questo problema.

Che poi stavo pensando… Infestante, orrido, pieno di malattie: non è che la blatta sono io?

Spelacchiati miei questa volta non vi chiedo consigli perché voglio sperare che nessuno di voi abbia avuto un problema simile. Al massimo potete farmi una donazione, perché a breve non avrò più una dimora. 
Però vi chiedo: quali sono le vostre blatte, ovvero cose che vi hanno traumatizzati o che vi spaventano? Clown? Ragni? Zucchine alla parmigiana, che digerisci dopo circa tre mesi?

Hasta la pastaaaaa!

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Ciance sparse: Amici che si lasciano ed estrazioni di denti

La mia amica Bischerina è disperata. 

Si strugge.

Emette suoni lamentosi.

Si accascia sulla sedia e appoggia la fronte sul tavolo.

“Sara, sono disperata, abbattuta, devastata, mi sento come se mi avesse calpestata Adinolfi! Sto maleeee!” 
“Per la miseria, Bischerina, che diamine succede, cosa turba la tua tranquillità? E ora anche la mia, parbleau.”
“Io e Fetuso ci siamo lasciati.”
Io agrotto le sopracciglia, perplessa: “…Di nuovo?”
“Sì.”
Mi gratto il mento, non troppo impressionata: “Ma sarà tipo la sedicesima volta quest’anno.”
“Eh lo so..”
“Ma poi io credevo vi foste lasciati definitivamente mesi fa, pensa te… Ma quand’è che ci sei tornata insieme?”
Lei si butta sulla sedia e appoggia la fronte al tavolo: “Ma che importanza ha, ci siamo lasciati e sono triste, aiutami! Disintristiscimi!” 

Ogni tanto dice parole strane, che ci devo fare.

“Okay, okay, scusa. Posso dire? Era ora. Guarda l’orologio, segna chiaramente le era ora e un quarto. Però cazzo, fai la seria stavolta, non che tra quattro ore mi scrivi oooh abbiamo fatto pace ihihih!”
Lei si affievolisce e si lascia cadere sul pavimento “Non credo succederà, stavolta sembra diverso, definitivo… Ma comunque non è colpa mia, sai che non riesco a stare senza di lui, lo amo troppo…”

STOP.

FERMI TUTTI.

ALLARME CAZZATA, RIPETO, ALLARME CAZZATA, PREPARATE I CACCIA BOMBARDIERI

CODICE CZZT, RIPETO CODICE CZZT, SCHIAFFI IN USCITA

Io la fisso.

Lei mi fissa.

Per poco non le do un calcio: “Tesoro mio. Cara. Tu lo sai che ti voglio piuttosto bene, sì? Però capisci che se sento di nuovo una cazzata di questa entità o ti schiaffeggio oppure ti blocco per sempre sui social e nella vita vera? Il problema non è che lo ami troppo, anche perché come cazzo si fa ad amare troppo quel coso rimasto fermo allo stadio pre-evolutivo? A volte mi sorprende che sappia usare il fuoco.”
“Lui è molto intelligente, a modo suo…”
“Sì, e io a modo mio sono bella quanto Angelina Jolie. Solo che il mio modo fa cagare! E’ l’anello mancante tra un macaco e l’homo herectus. Ascolta, non è colpa tua, è che è una scimmia! Se tu lo lanciassi in un recinto di scimpanzè ne uscirebbe capobranco. Beh, no, forse no perché non riuscirebbe a scalare la piramide sociale nemmeno lì, però sopravviverebbe. Si metterebbe a tirare la sua cacca agli altri. Accettalo! Nel senso che devi prendere un’accetta e staccargli i calcagni, capisci?”

“Sei perfida.”

“Può essere, ma lui è intelligente quanto un sasso.”

“Ah beh tu invece sei Newton, no?”

“Che io sia un microcefalo lo abbiamo appurato molti anni fa, qua stiamo parlando di quel troglodita che ti porti appresso. Ma sa leggere? Me lo sono sempre chiesta.”

Mi guarda inspiegabilmente male.

Io sospiro “Senti, che vuoi che ti dica? Non mi piace. Riconosco che abbia del fascino e che sia figo, esteticamente parlando, ma cazzo… Apre la bocca e sembra di avere a che fare con un orango tango! Hai presente Re Luigi di Il Libro della Giungla? Ecco, uguale.”

“Sì, okay, non brilla per il suo acume…”

“Non brilla per niente, mia cara, è molto opaco. Un monolite di fango. La differenza tra me e lui è che io accetto e riconosco i miei notevolissimi limiti, lui invece se ne va in giro tutto tronfio come se avesse capito tutto e sia più furbo del mondo! Il problema è che pensa che la Terra sia piatta e che in giro ci siano i sosia delle persone famose.”
“Sì…Beh…Okay, però…”
“SENTI IO DEVO SFOGARMI, QUESTO PENSA DI AVER VISTO MICHAEL JACKSON QUANDO ERA AD ALASSIO, OKAY!? E L’ALTRA SERA MI HA PARLATO PER DUE ORE DI COME E PERCHE’ RE CARLO SAREBBE UN VAMPIRO! UN VAMPIRO, CAPISCI!? PENSA CHE OBAMA SIA BIN LADEN, CHE GLI UCCELLI NON SIANO REALI MA CHE SIANO DEI DRONI AMERICANI, E CHE LE STAGIONI NON ESISTANO! COME POSSO COMMENTARE TUTTO QUESTO?!”
Lei emette un suono gutturale indefinito e indefinibile.
Io cerco di ricompormi e tornare alla mia regale eleganza pari a quella di un rinoceronte sdraiato nel fango “Senti mia cara Bischerina, lo sai che comunque un po’ gli voglio bene, anche se mi fa uscire di testa sentirlo parlare di queste cose. Quindi mi dispiace, se vi mollate. Però penso davvero che tu debba imparare a lasciar andare… Litigate da tre anni e state insieme da due! Sicuramente avete vissuto cose molto belle insieme, ma se continuate così finirete con l’odiarvi. Lascialo andare… Lasciatevi andare a vicenda. E tu potresti prenderti questo periodo per concentrarti su di te, iscriverti in palestra, fare quello strano corso di salto sui tappeti elastici che solo tu potevi trovare, fare nuove amicizie, innalzare la tua autostima… Concentrati su di te, mia miserabile amica!”
Lei ride, io mica tanto, poi prende in mano il telefono: “Va bene, ho capito… Mi scarico tinder.”
E io la sprangata gliela do davvero.

Eccomi tornata, ragazzi miei! Sempre ammaccata, però vivo e vegeto. Proprio i verbi, cioè io vivo e io vegeto.
Potrei essere un po’ nel panico più totale in quanto dopodomani mi devono estrarre sette denti (SETTE CAZZO DI DENTI, CAPITE?! MA COME SI FA, MA PERCHEEE NON HO CAPITO IL GIOCOOO COS’E’ STA COSAAAAA LA MIA DENTATURAAAAAA) e sono vagamente terrorizzata.
Mi compaiono in mente scenari agghiaccianti in cui succederanno cose terribili, proverò dolori inenarrabili e scapperò urlando -o meglio, mugolando senza denti- dallo studio.
Se qualcuno ha delle rassicuranti storie su estrazioni dentali e impianti vari e volesse condividerle con me vi sarei IMMENSAMENTE grata. Sono diventata un po’ pavida, da quando mi hanno operata.
Ma parlando di cose più serie… Regà, ma quando i vostri amici si mettono con dei ramarri voi cosa fate? Glielo dite? Non glielo dite? Aspettate un po’? Perché qua è una tragedia, Bischerina sceglie dei ragazzi che sono uno peggio dell’altro in ottica di una vita insieme. Chi pensa solo ad andare allo stadio e giocare ai videogames, chi conta di vivere con i genitori per sempre perché “almeno risparmio e possiamo andare in vacanza, poi mi lasceranno casa loro!”, chi spende tutto in auto costose -senza potersele permettere-… Ma io dico, una sana via di mezzo? Dove si trova? Come si fa?! Io basita. Non so. E’ lei che pesca in laghetti ammuffiti? Perché secondo me voi Spelacchiati non siete così, per leggere questo blog dovete essere un po’ cretini nell’anima e un po’ più capaci a sopravviere.
Vedremo come se la caverà Bischerina, vi aggiornerò!
Hasta la pasta, Spelacchiatini, fate i bravi!

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Film Brutt: Fabbricante di Lacrime

Allora Spelacchiati, parlare di questo Film Brutt lo sento come un dovere civile, una missione. 
La premessa fondamentale è una: in questo film non si capisce un cazzo.
Niente. Mai.
E non perché sia confusionario eh. Il problema è che i personaggi parlano così piano, così strascicati, CHE NON SI RIESCE A SENTIRE NIENTE, HO DOVUTO METTERE I SOTTOTITOLI COME QUANDO GUARDAVO SQUID GAME IN COREANO CAZZO! MA QUESTO E’ UN FILM ITALIANOOOOO!
E poi i dialoghi non hanno assolutamente un senso logico, è un susseguirsi di frasi deficienti che ti colpiscono come una sequela di proiettili e tu rimani lì granolato dai colpi a soccombere senza la forza di fare niente, nemmeno spegnere e lanciare via lo schermo.

Il film inizia con una marmocchietta, Nica, che è in macchina con la sua famiglia; non si sa dove stiano andando ma stanno percorrendo praticamente la Route 66, una strada chilometrica tutta dritta in cui se anche un moscerino arriva dall’altra parte tu lo avvisti con venti minuti di anticipo (tenete a mente questo particolare).
Nica sta colorando un cerotto che passa alla madre, la quale le fa ripetere tipo mantra “con la delicatezza si cura ogni cosa.”
… Cazzo. A saperlo prima non mi sarei fatta aprire la cucuzza, mi sarei fatta baciare dal chirurgo fico. SIGNORA IO NON LE DICO COME CRESCERE SUA FIGLIA MA PUO’ INSEGNARLE COSE PIU’ UTILI ALLA SOPRAVVIVENZA? 

A un tratto sbuca un lupo e si comincia con le frasi cretine “i lupi fanno paura!”
Ma no Nica, è solo che qualcuno ha deciso che nelle favole sono i cattivi.”
… Mah, quindi vuoi dirle di andare ad accarezzarlo? Poi se la squarta tu con la delicatezza risolvi tutto, giusto? Cretina.

Comunque, stanno percorrendo ‘sto rettilineo infinito con il lupo che corre accanto all’auto -comportamento molto lupesco, a chi non capita di continuo?- e il padre fa “Dov’è sto cazzo di lupo? Non lo vedo…” MA CHIARAMENTE HA MENO SEI DECIMI DA OGNI OCCHIO, FORSE HA ADDIRITTURA UN OCCHIO DI VETRO E UNO DI LEGNO PERCHE’ NON VEDE NEANCHE IL TIR CHE ARRIVA VERSO DI LORO! IN UNA STRADA DRITTA!!! Ma io dico, una cosa dovevi fare, una sola: guidare. Che poi, comunque, almeno ti scansi no? Sterzi. Muovi il volante un cicinin. E invece no, finisce pancake insieme alla moglie. Io basita già da subito.
Nica dunque rimane senza genitori e finisce in orfanotrofio, dove la preside cattivona la accoglie con garbo e gentilezza “Nica, il nome di una farfalla che muore dopo pochi giorni.. strana scelta.” beh anche traumatizzare una bambina già disintegrata dalla vita è una strana scelta, ma faccia un po’ lei.
Qui in orfanotrofio a quanto pare è tutto molto illegale: torturano i bambini, li legano ai letti con le cinghie, li picchiano, fanno torture psicologiche di ogni tipo, li costringono ad ascoltare i comizi della Meloni… Neanche Oliver Twist nel 1800, capite?

Qua al Grave (orfanotrofio chiamato dai bambini “la tomba dell’anima”… ma andate a cagare dai) Nica sente una storia assolutamente inutile: la favola del Fabbricante di Lacrime, una storia che non ha senso alcuno e racconta di un posto in cui la gente non riesce a piangere e provare emozioni quindi vanno tutti da questo artigiano bislacco per farsi iniettare negli occhi delle lacrime… Così possono piangere e sfogare emozioni varie.
… Eh? Ma qual è il senso di questa storia? Poi i bambini hanno paura che il Fabbricante di Lacrime vada a prenderli se non fanno i bravi, insomma non si capisce un cazzo di ‘sta storia.

Nica cresce, diventa adolescente e all’alba dei suoi diciassette anni una coppia di mentecatti decide di adottarla; già questo è molto credibile, no? Chi non smania dalla voglia di mettersi in casa una ragazza che in un anno diventa maggiorenne e può fare quello che le pare, anche farli a pezzetti e intascarsi l’eredità?

Ma non solo, mentre sono lì a prendere Nica succede qualcosa di straordinario, sconvolgente, inaudito: qualcuno comincia a suonare un pianoforte. 
Sarà Allevi? Sarà Einaudi? Beethoven risorto? No, è solo Rigel -pronunciato esattamente “Rigel”, che cazzo di nome è- un orfano pazzo/problematico/bad guy che si è messo a suonicchiare e tutti impazziscono al punto che la coppia decide di adottare pure lui insieme a Nica.
“E’ a questo che serve il periodo di prova no?” fa Norman, il padre, quando la direttrice cattivona gli fa presente che sono un po’ idioti ad approfittare del 2×1 sui marmocchi “a vedere come va.”
Mah, non so come dirglielo signor Norman, ma lei mi sembra un po’ poco serio su questa cosa dell’adozione; nemmeno io quando vado a prendermi dei vestiti faccio così, di solito parto carica a pallettoni e mi sento strafiga in camerino poi torno a casa e urlo di orrore guardandomi allo specchio: paro un insaccato. E corro a cambiare tutto.

Fabbricante di lacrime è il film italiano di Netflix più visto nel mondo:  cosa ha visto l'estero che non abbiamo visto noi | Vanity Fair Italia

Va beh, Rigel e Nica vanno a casa e non si sa perché ma hanno un rapporto strano, non si capisce mai se questi si odiano o vogliono solo limonare duro. Quella roba lì, fanno finta di detestarsi, lui “le fa paura”, le parla sempre a un millimetro dalla faccia, la minaccia, però chiaramente vogliono saltarsi sulle piume e slinguazzarsi.
Lui sempre simpatico comincia “se vuoi che le cose funzionino stammi alla larga, non avvicinarti nè ora nè mai, bla bla bla” tutto sussurrato che non si capisce NIENTE.
A cena Rigel stringe a caso la coscia di Nica sotto al tavolo -io ti pianto una forchetta nel braccio, lo sai vero?-,vanno in bagno e lei parte tutta melodrammatica:
“un giorno capiranno chi sei veramente.”
“Perchè, chi sono?”
MAH COSI’ A NASO MI SEMBRI UNO STRONZO, NICA DIGLIELOOOO DIGLI CHE E’ UN FARABUTTOOOOO, UN MICROCEFALO, UN MAGIKARP CHE NON DIVENTERA’ MAI UN GYRADOS, DIGLI QUALCOSA CHE LO OFFENDA NELL’ANIMAAAAAA!
E lei “Tu sei il fabbricante di lacrime.”

Regà io vi giuro che sono scoppiata a ridere perché non me l’aspettavo una frase così cretina, COSA VUOL DIRE, COSA SIGNIFICA, COSAAAA QUALCUNO MI SPIEGHIIIII COSA FABBRICA QUESTOOOO, COSA CAZZO DITEEEEEEEE!?! MA POI NELLA FAVOLA IL FABBRICANTE DI STOCAZZETTO ERA UNA FIGURA POSITIVA NO!? PERCHE’ ORA SEMBRA UN INSULTO?! MA NON POTETE DIRE “SEI UN RINCOGLIONITO” COME FACCIAMO TUTTI?

Genovesi, 'un Fabbricante di Lacrime gotico e fantasy' - Notizie - Ansa.it

Basta andiamo oltre a ‘sta cazzata che ce ne sono molte altre; questi due inetti cominciano ad andare a scuola, Nica fa amicizia con una tizia -Billie-,che vorrei solo prendere a sprangate perché è completamente pazza, parla a machinetta, è una sciroccata insomma, e la sua amichetta Miky, una darkettona stramboide pure lei.

Rigel dopo quattro secondi netti fa a botte, ovviamente; la sera a casa Nica lo raggiunge mentre lui si sta medicando le ferite e per aiutarlo prende un panno umido e fa per metterglielo sul mento sanguinante ma lui sbotta “NON TOCCARMI CON QUESTA CASUALITA’!”
AHAHAHAHAHAHAH
MA COSA CAZZO SIGNIFICA RAGAZZI VI PREGO ILLUMINATEMI COSA C’E’ DI CASUALEEEEE!? STA CERCANDO DI TAMPONARTI UNA FERITA! Ma quindi se gli passi accanto e lo sfiori inavvertitamente cosa fa questo, ti uccide? Boh.
“Perché, altrimenti?”
“Altrimenti non mi fermo.”
… Senti, Godzilla, vedi di stare calmo e prenderti del Valium o dell’eroina come fanno le persone problematiche come te, okay? Comunque non so, a me sembra che lui parli una lingua sconosciuta agli esseri umani, non capisco cosa dice né il significato di quello che dice. ET l’Extraterrestre era più comprensibile. Parole in libertà.
Vorrei provare anche io a fare come lui: cipiglio incazzoso e poi parto con cose a caso “Tastiera dito cane letto cielo!!! TASMANIAAAAA! BANDIERA VALIGIAAAAA!”

E infatti lui prosegue: “Io sono il lupo della storia, sono il fabbricante di lacrime, hai paura di me ti spaventa pure la mia voce…” ma sei normale? E poi le parla a mezzo centimetro dalla faccia, ma io dico una ginocchiata dritta dritta tra le zampe? 

Nica intanto fa amicizia con un figo incredibile, Lionel; al loro primo incontro Lionel ha una lumaca sulla spalla -sorvoliamo ‘sta cazzata per favore- e parte il momento National Geo Nica: “lei è una creatura piccola, indifesa, il guscio è la sua casa ma se si scheggia lei muore…” 
Cioè capite che Rigel sarà psicopatico ma lei è deficiente, ma puoi non fare Piero Angela e parlargli come si fa tra persone adulte e normali?
Poi Nica va dalla madre adottiva,Anna, che sta mettendo a posto i fiori “tutti tolgono le spine ma io le lascio sempre, mi ricordano che anche le cose belle possono fare male” 

MA ALLORA DITELO CHE E’ UNA CONGIURA, CHE SIETE TUTTI STRANI, MA COSA STRACAZZO DICI PURE TU?!

Comunque mentre Rigel le regala rose nere -boh- Lionel il figo si comporta finalmente come una persona normale e le chiede di uscire, di andare a prendere un gelato. Lei torna, c’è Rigel che ha un attacco di non si sa cosa -mal di testa?-, lei si avvicina e lui salta su urlando “NON TOCCARMIIIIII!” e poi va a pestare Lionel perché ha osato uscire con Nica e trattarla bene.

Ma io non capisco una cosa, un passaggio logico mi sfugge: ma perché questi non si limonano? Perché continuano così, ma cosa vuol dire? Si avvicinano, si quasi baciano, sono tutti trepidanti però non fanno niente. Ma allora siete dei buffoni, vi detesto.
Flashback del Vietnam dove Rigel in orfanotrofio letteralmente si accoltella da solo, si infilza una mano a mensa per distogliere l’attenzione della preside cattivona da Nica che si era alzata a prendere il sale senza permesso (…vi odio tutti) perché lui è innamorato di lei da sempre. Bel modo di dimostrarlo, BRAVO.
Frasi a caso:
“Non esistono favole in cui il lupo prende per mano la bambina” 
“Forse ci siamo rotti in mille pezzi per incastrarci meglio”
“Sei abbastanza coraggiosa da immaginarti una storia senza il lupo?” mah onestamente sì, Rigel.
“Non puoi entrare nella tana del lupo e pretendere che non ti mangi” ma se tu al massimo sei Lupo Lucio della Melevisione, cosa minchia diciiiii perché mi devi dare così fastidio!?
Vanno alla festa della scuola e c’è l’amichetta Billie che ha scoperto che a lasciarle le rose nell’armadietto da duemila anni è la sua amica dark Miky, quindi è sconvolta e fa “voglio solo bere e perdere la conoscenzaaaa

La conoscenza? Tu vuoi perdere LA conoscenza? Ma come cazzo parli pure tu?

(Tra l’altro questa cosa dell’amore saffico non verrà mai più menzionata, non si saprà più niente per dare spazio alle minchiate)
A questa festa comunque succede la solita cosa orribile cioè Lionel completamente impazzito cerca di violentare Nica ma arriva Rigel a salvarla. Queste scene mi disgustano sempre molto, c’è poco da dire, prima o poi smetteranno di usare la violenza sessuale come pretesto per far avvicinare dei personaggi spero.
“Se tu sei il lupo io non posso immaginare una favola senza di te”
“Io sono pieno di spine” ehllamadonna ma sei un lupo o un’istrice?
“Non ho mai avuto paura di farmi male.” e finalmente si slinguazzano, fanno l’amore su un banco, si ribaltano come ricci. Tra l’altro avete aspettato seicento anni per poi farlo nel posto più scomodo del mondo, bravi.

Se ne vanno dalla festa e mentre sono su un ponte arriva Lionel che sclera male e qua parte la scena più stupida che io abbia mai visto: Lionel comincia a seguirli in auto ma va tipo a passo d’uomo, non sembra voglia investirli, ma loro cominciano a scappare come dei deficienti, tutti terrorizzati senza alcun motivo, e poi all’improvviso di botto si prendono per mano e si lanciano giù dal ponte, nell’acqua.
Così. A caso.

MA COSA CAZZO FATE?! MA PERCHE? MA NON POTEVATE METTERVI SUL CIGLIO DELLA STRADA COME LE PERSONE DOTATE DI UN QUOZIENTE INTELLETTIVO NELLA NORMA? NO LORO NON SAPENDO COSA FARE SI LANCIANO DAL PONTE! MA IO SPERO MORIATEEEEE!
Bon, basta cerchiamo di arrivare alla fine di questa cosa che non è un film ma una merda: Nica si risveglia in ospedale, sta bene ma… RIGEL E’ IN COMA AHAHAHAH PERCHE’ NEL LANCIARSI DAL PONTE LUI HA FATTO IN MODO DI FARLE DA SCUDO COL SUO CORPO AHAHAHAHAHAH COSA CAZZO SIGNIFICAAAAA NON HA SENSOOOOO!!! COSA VUOL DIRE CHE LE HA FATTO SCUDO?! MA POI NON E’ VERO NELLA SCENA NON E’ COSI’! MA OOOHH MI PRENDETE PURE PER IL CULO!?

Mentre Rigel è lì tra la vita e la muerte Nica, disperata, sporge denuncia contro la preside cattivona dell’orfanotrofio insieme a tutti gli altri orfanelli maltrattati e vanno al processo; dopo domande incalzanti dall’avvocato tipo “lei è innamorata di Riger Wilde?” (laurea in giurisprudenza trovato nell’uovo di Pasqua, suppongo) vincono la causa, Rigel si sveglia dal coma e zack, salto temporale: anni dopo Nica, Rigel e loro figlia sono tranquilli beati a farsi gli affari loro.
Ma io mi chiedo… Se la figlia lo tocca con casualità cosa succede?

… Posso dire “che schifo”, “che disagio”, “non ho capito niente” e “PARLATE A VOCE ALTAAA SCANDITE LE PAROLE PER L’AMOR DI DIO!”? No perché qua abbiamo raggiunto nuovi livelli di disagio, non so che altro dire.
Vi prego, se l’avete guardato fatemi sapere cosa ne pensate e se avete avuto i miei stessi momenti di risate isteriche e nervosismo acutissimo!
Hasta la pastaaaaa

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Ciance sparse: compleanni e paturnie!

Buonasera miei piccoli, cari Spelacchiati, come state? Non so se voi potete vederlo ma io pubblico sempre a orari bizzarri, stanotte sono le due e zero quattro.

Sono un po’ una capra insonne, che vi devo dire.

Regà, sono stressata.

Madonna regà, si avvicina il compleanno del Batterino e io sto andando il sbatterino
In ansia.
In modalità “follia estrema oddio corro da tutte le parti sbattendo la testa qua e là”.
Non so bene perché ma quando arriva il compleanno del Batterino sento di dover dare il mille per cento di me, perché sono un essere microcefalo che il signor Batterino (detto anche Mr Batterio, proprio come i batteri) deve sopportare e supportare soprattutto negli ultimi anni perché diciamo che tra il venirmi a trovare in ospedale ogni volta che ero ricoverata, stare con il patema dell’intervento, viversi le mie angosce e tutto quanto non so come abbia fatto a non mollarmi o sganciarmi un pugno fortissimo in faccia.

Quindi regà, acqua in bocca eh perché ve lo dico in confidenza: gli sto organizzando una festa a sorpresa.
Il che può anche essere una cosa carina, direte voi.
BEH NON LO E’ LA MIA ANSIA SOCIALE MI STA UCCIDENDO DATEMI DEL VALIUM ORA BERRO’ DELLA CANDEGGINA ADDIO
…Volevo dire, con calma e pacatezza, che scrivere a cinquanta persone che conosco solo di vista per invitarle a una festa che sto organizzando mi mette un filino di disagio addosso. 
Cioè, capite, io sono un piccolo essere che fa come i paguri, cerco la mia conchiglietta in cui raggomitolarmi e me ne sto tranquilla tranquilla senza dare fastidio a nessuno.

Soffro un pochino di ansia sociale, quando ero più piccola molto di più: per me era un’impresa titanica anche solo alzare la mano per chiedere di andare in bagno, diventavo viola alle interrogazioni, ero abbastanza imbarazzante; per fortuna col tempo sono migliorata molto ma ci sono ancora rimasugli di ‘sta roba qua che ogni tanto fanno capolino. Soprattutto se devo scrivere a persone che non conosco.
Ho inviato i primi messaggi e stavo lì col telefono in mano ad aspettare che qualcuno rispondesse per assicurarmi che non mi mandassero a cagher in gruppo, tutti quanti.

Ora sto anche cercando di decidere cosa regalargli, e sarebbe più facile dar un antibiotico al mio gatto. 
Per chi non lo sapesse, dare le medicine ai gatti è praticamente andare incontro alla morte correndo, più che altro diventa una rissa in cui il gatto ti conficca le unghie ovunque riesce e tu pur di tenerlo fermo e infilargli al siringa in bocca vorresti dargli una padellata sulla capoccia pelosa.
La mia gatta poi diventa un’arpia, fa dei versi mostruosi, si contorce come se fosse posseduta dal Maligno, una roba agghiacciante. ‘Sta cretina. 
La dovrei lasciare senza medicine, poi vede lei se schiattare o lasciarsi sparare in gola l’antibiotico, le lascio libero arbitrio.

Comunque, dicevo, fare un regalo al Batterio è come muovere un orecchio solo alla volta (ditemi che ci state provando, dai, mi ribalto. Tanto non ci riuscite), è come vedere me votare Lega, è come… Non so, non mi viene altro, penso di aver reso l’idea ma continuate voi nei commenti a fare paragoni impossibili.

Perché lui è una rottura di balle, non capisce.
Non capisce che l’essenza del regalo è “una cosa bella che da solo non ti compreresti ma ti fa piacere ricevere”.
No, per lui i regali sono solo “cose utili”. MA ASSOLUTAMENTE NO, COSA CAZZO DICI BATTERINO! I REGALI DEVONO ESSERE BELLI, LE COSE UTILI ME LE COMPRO DA SOLA DURANTE L’ANNO! Qualcuno glielo dica, vi prego.
Io lo so già che diventerò una di quelle donne a cui il fidanzato/marito regala cose come la scopa elettrica per il pavimento o un forno nuovo, o porta la macchina a lavare come regalo di anniversario.

Io in cambio gli regalerò tanti di quei pugni che col cazzo che suonerà mai più la batteria, gli spezzetto le dita così le bacchette potrà solo infilarsele nel naso e imitare i trichechi.

E quindi sono qua, con centoquarantadue schede di google aperte, che navigo da una all’altra all’impazzata guardando set Lego che costano quanto un mio rene rinsecchito, piatti per la batteria (che poi che cazzo vuol dire, per me i piatti si dividono in “fondi” e “piani” a seconda di quello che devi mangiare, qua si dividono per dimensioni! Ma io che ne so cosa cambia da un piatto da 19 a uno di 18, quale abnorme differenza potrà mai esserci?), microfoni, biglietti per concerti.
Regà, sono stremata.

A breve mi accascerò al suolo, oppure mollo il Batterino per lo stress.

Mi ci rimetto insieme dopo il suo compleanno.

Per ora comunque le adesioni al compleanno sono tantissime, più di quelle che mi aspettavo! Lo organizzerò al pub dove andiamo di solito, il mio malefico piano è portarlo a una cena romantica e poi andare lì dove ci saranno circa quaranta persone nascoste che salteranno fuori e gli faranno venire un infarto.
Nel mio caso mi verrebbe davvero, un infarto, ma conto che a lui non succeda.

Stavo anche pensando con un po’ di tristezza che se qualcuno dovesse organizzare una festa a sorpresa a me ci sarebbero tipo quattro persone più il mio cane e il porcellino d’india (il gatto no perché è troppo altezzoso per queste cose e la nostra massima dimostrazione d’affetto è quando ogni tanto mi si avvicina e mi annusa il naso, figuratevi se viene a una festa per me). Però se qualcuno vuole organizzarmi una festa e noleggiarmi anche degli spogliarellisti a me va benissimo, non mi offendo mica neh!

Detto questo regà, voi come siete messi a feste a sorpresa? Vi piacciono? Vi fanno schifo? Siete dei draghi nell’organizzarle? Perché io più che un drago mi sento una lucertola, se avete consigli da dispensare dispensate pure. 
Narratemi le vostre esperienze sicuramente illuminanti o quantomeno divertenti (siete troppo cretini, adoro i vostri commenti regà) così prendo spunti!

Hasta la pastaaaaaaaaaaaa! 

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Ciance sparse: cambiare lampadine e aggiustare tubi

Buongiorno miei cari Spelacchiatini, come state?
Oggi ho voglia di lamentarmi di una cosa che secondo me non ha abbastanza risonanza mediatica ma la meriterebbe tutta.
Una cosa tipicamente maschile, per quanto riguarda la mia esperienza. Ce l’hanno mio padre, il Batterino, i miei amici. So che mi capirete o che vi ritroverete in questa fastidiosa cosa, fatemi sapere le vostre esperienze a riguardo vi prego!
Non credo abbia un nome, quindi glielo do io: ILSOFARETUTTISMO.

C’è una lampadina da cambiare? “Ci penso io!” disse il batterino.
C’è da aggiustare il lavandino del bagno, che perde? “Ci penso iooooo” disse nuovamente il Batterino, col risultato finale di fare un disastro, incazzarsi e poi chiamare l’idraulico.
C’è da smontare la serratura e rimontarla perché non si sa per quale ragione si è sminchiata? “CI PENSO IOOOOOOOOOOO” urlò agguerrito il Batterino armato fino ai denti, non sapendo neanche cosa fosse una serratura. Non so cosa sia successo, so solo che ha bestemmiato in quindici lingue diverse per parecchie ore, poi esausto e sudato si è arreso e mi fa “chiama il fabbro, io vado in saletta.”

E pensare che non viviamo nemmeno insieme, figuratevi.

Giuro, l’altro giorno lo tenevo per i pantaloni mentre si è arrampicato sul davanzale della finestra aperta per cercare di rimettere a posto le tapparelle che si erano incagliate.

Ora.
Io dico.
Batterino mio, luce dei miei occhi, sola e unica gioia in un mondo di tristezza, MA SEI DEFICIENTE?
Ma perché ti devi appendere come uno scimpanzè rischiando di sfracellarti dal terzo piano, per fare qualcosa di cui non hai la minima competenza? Ma ti chiami Tarzan per caso? Sei Re Luigi de Il Libro della Giungla?
Io la prossima volta gli do una spintarella. Un colpetto piccolo piccolo, poi vado a raccattarlo con il cucchiaino dalla strada.
Anche perché non so voi come siate messi coi vostri compagni tuttofare ma mentre si improvvisano carpentieri, elettricisti, idraulici e quant’altro il mio Batterino si incazza come un orso, non si sa bene con chi, e comincia a sbraitare qua e là senza alcun motivo.
Batterino mio, posso dirti una cosa? Ti metto le mani al collo.
Ma ci sarà un motivo se non mandano me a suonare, no? Se chiamano te, che hai anni e anni di esperienza e studio alle spalle. 

E ALLORA PERCHE’ PER FARE UNA CAZZO DI CANALINA CHE NON SO NEANCHE COSA SIA TU NON VUOI CHIAMARE UNO CHE FA ‘STE COSE NELLA VITA DA TRENT’ANNI E CI METTEREBBE MEZZO SECONDO, PER DI PIU SENZA IMPRECARE?
Ma questa totale mancanza di senso critico e di umiltà è solo degli uomini della mia vita? No perché io lo so che sono anche tra di voi questi qui, questi esseri che pensano -non si sa per quale motivo- di saper fare tutto. ‘Sti artigiani della qualità, sti guru della manualità, ‘sti cosi che provano a fare del loro meglio, solo che il loro meglio fa cagare e poi bisogna risolvere un problema più grande di quello di partenza.
Io prima o poi gli prendo quella capoccia e gliela sbatto contro qualcosa, così mentre lui è tramortito chiamo l’elettricista a metterci tutto a posto e al suo risveglio è tutto sistemato.

Lui, dal canto suo, dice che sono una capra.
Ed è assolutamente vero, come dargli torto, a volte belo pure.
Non so neanche mettere un chiodo alla parete o avvitare una vite per unire due assi di legno, quindi spendo il mio miserabile patrimonio (un numero a tre cifre con una virgola in mezzo) in persone che aggiustano cose.

Per non parlare di quando ci sono problemi all’auto.
Lì è finita.
Non c’è ritorno.
“Amore mio unico della vita, MA VUOI ANDARE A FAR CAMBIARE STE CAZZO DI VENTOLE CHE CI SONO SEICENTOVENTI GRADI ALL’OMBRA?” chiedo io dopo aver fritto due uova sul cofano.
Non dire sciocchezze, piccola, ci penso io.” dice lui mangiando le uova miste a tetano.
Sono passati due anni.
Va beh non mi chiama “piccola” e non comunichiamo così, però era per rendere l’idea. Che poi io un po’ comunico così, ora che ci penso.
Insomma, la sua auto non vede un meccanico dal Millenovecentoventi se non per fare le cose principali, poi che non funzioni l’aria condizionata, ci siano ventotto spie accese e faccia un rumore bizzarro quando mette la retro è un problema secondario. No?
Io giuro che prima o poi gli metto le mani addosso.

Quando sto per farlo però mi ricordo che lui è il Batterino che ogni volta che mi hanno ricoverata in ospedale veniva sotto la finestra della mia camera e mi telefonava perché voleva sentirmi più vicina, e allora chissenefrega della ventola, della serratura, dei tubi e della casa allagata.
Va bene così.

Hasta la pasta (un po’ annacquata e scotta ma quella è colpa mia che non so cucinare). 

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Estate 2023, bellammerda: aggiornamenti vari

Buonasera miei Spelacchiati amici, come state?
Io… sto. Il che è già qualcosa. Giungo da un ennesimo ricovero ospedaliero, comincio ad essere un pochino frustrata, e con “un pochino” intendo parecchio ma cerchiamo di tenere alto almeno il morale.

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Negli ultimi mesi di latitanza dal blog ho più che altro lavorato e avuto crisi epilettiche, quindi niente di entusiasmante fino a settimana scorsa in cui sono arrivata in negozio, mi sono messa a smagliare un orologio e ho fatto appena in tempo a dire “ohibò, schiatto” che ho perso i sensi; a quanto pare ho avuto una crisi epilettica di quelle vere e potenti, con convulsioni, schiuma alla bocca e tutto quello che ne succede. Per fortuna c’erano le mie colleghe meravigliose che mi hanno soccorsa, io ho ripreso i sensi solo quando c’era un paramedico inginocchiato accanto a me che mi chiedeva domande difficilissime tipo “come ti chiami?”.


Mi hanno ricoverata per cinque giorni per capire cosa diamine stesse succedendo nel mio piccolo cervellino, perché ovviamente il pensiero di tutti quel giorno era “okay, Sara sta avendo un’altra emorragia cerebrale, ce la siamo giocata”.
Ma come si suol dire l’erba cattiva non muore mai quindi sono ancora qua, non era un’emorragia cerebrale solo il mio cervello mezzo rotto che mi ricorda di non essere in gran forma. Non si è ancora capito cosa fare a riguardo, stanno rivalutando l’idea dell’intervento, mi hanno aggiunto dei farmaci, io intanto sospiro e annuisco.

Cerchiamo di vedere il lato positivo, cioè che il neurologo era un figo imperiale, aveva un sorriso che Patrick Dempsey in Grey’s Anatomy levati; il lato negativo è che io ero in condizioni pietose, piena di elettrodi ovunque e la faccia da triglia lessa, quindi non penso di aver fatto colpo.

Durante le convulsioni mi ero pure morsa la lingua così forte che non sono riuscita a mangiare per due giorni. Ora. Io posso accettare tutto, però non toglietemi il cibo perché ribalto qualcosa. Mi hanno nutrita a caffè latte e crostatina, come quando andavo a scuola. Sempre meglio del pranzo comunque, credo che gli gnocchi col tonno che mi hanno proposto in ospedale invaderanno i miei incubi per molte notti.

Insomma ragazzuoli mi sembrava giusto aggiornarvi, e visto che per un po’ non lavorerò -non aprirò una parentesi sulla collega infame che ha raccontato tutto alla capo area nella speranza di farmi licenziare e far assumere una sua amica al mio posto- avrò un bel po’ di tempo libero per scrivere le mie cazzatine.

Questa estate 2023 se la sta giocando bene per aggiudicarsi il primato di “estate più demmerda de tutte”, è in lizza con quella in cui ho avuto l’emorragia e l’estate del Coviddimmerda.

Ora che ho finito di lamentarmi come gli anziani che elencano i propri malanni passo la palla a voi: come state? Ditemi che la vostra estate sta andando alla grande, fatemi sognare un po’! Io mi sono fatta un paio di giorni a Firenze col Batterino prima di questo tracollo fisico, mi sa che per i prossimi vent’anni ho finito di andare in giro.

Hasta la pasta!

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Ciance sparse: novità mediche e addii difficili

Buonasera miei piccoli Spelacchiati, come state?
Come si suol dire “l’erba cattiva non muore mai” e di fatti io sono ancora qui.
Sono state altre giornate veramente difficili, per non dire impossibili.
Vi avviso, è un articolo scritto di getto, ci sono temi un po’ delicati, spero di non turbare nessuno.

Partiamo con le cose più facili di cui parlare, il che è tutto dire: come sta Anselmo?
Beh, Anselmo se la passa bene nel mio cervellino, è in un luogo piccolo e disabitato da neuroni quindi non ha vicini fastidiosi. Ho passato una settimana all’ospedale neurologico Carlo Besta a Milano perché prima di aprirmi vogliono capire bene cosa stia accadendo nella mia scatoletta cranica.
Secondo me non succede molto visto quanto io sia cretina, eppure qualcosa di stranoa accade.
Per chi non lo sapesse, tipo me prima di una settimana fa, le crisi epilettiche hanno due punti di origine: uno è fisico e l’altro è elettrico.
In genere sti due puntini di merda coincidono, nel mio caso ovviamente no perché sia mai rendermi qualcosa piu facile del necessario…

Dunque ora devono capire se possono operarmi, in quanto dovrebbero acciuffare Anselmo e sfrattarlo, rimuovere la parte intorno ad Anselmo che è rimasta lesionata ed è il punto di origine fisica delle crisi, e poi dovrebbero scavare nel mio cervellino fino a raggiungere l’altro punto che è più indietro e più in profondità. Sto stronzo.
Quindi non si sa se e come potrebbero operare, sicuramente l’intervento è di una complessità decisamente maggiore e i rischi.
Se invece si opta per togliermi solo Anselmo di dosso mi resterebbero le crisi epilettiche, che a quanto pare sono quasi sicuramente farmaco resistenti.
Insomma, tutto alla grande.

Ma la cosa peggiore è un’altra. Una cosa a cui non posso ancora credere, non può essere successo.
Mentre ero ricoverata il mio cane, la mia Wendy, una meravigliosa golden retriever di undici anni, è stata male; i miei genitori non mi hanno voluto dire quanto male per non agitarmi visto che ero legata ad un letto attaccata a dei macchinari.
Il giorno in cui sono tornata a casa ho capito che proprio quella notte era stata molto male, tanto da non reggersi in piedi, ed era ancora dalla veterinaria; saremmo dovuti andarla a prendere da lì a un paio d’ore, e il giorno dopo avrebbe dovuto fare una risonanza magnetica.
I miei genitori sono usciti per andare a prenderla, io mi sono fatta una doccia perché dopo una settimana in cui avevo elettrodi attaccati in testa e non potevo farmi il bagno mi sentivo come se avessi la rogna.
Dopo un po’ mi suona il telefono.
Mia mamma.
“Sara… Se vuoi venire a salutare Wendy ti vengo a prendere.”
Non ho mai perso il controllo come in quel momento, ho cominciato a piangere ed urlare, non era possibile, non stava succedendo, non in quel momento, non così.

Arrivo nella stanza della veterinaria. La mia Wendy è lì, alza la testa quando entriamo ma non è la mia Wendy… Ha le pupille dilatate, non si regge in piedi, non risponde agli stimoli. Credo mi abbia riconosciuta mentre mi avvicinavo tremante.
Non ho pianto mentre ero con lei, l’ho accarezzata, le ho dato un bacio, le ho detto tante cose belle. Volevo che fosse un momento tranquillo. Volevo che sapesse che ero lì.
La veterinaria ha chiesto se volessimo uscire ma non mi sarei mossa da li neanche sotto minaccia, quindi sono rimasta accanto alla mia Wendy mentre le faceva la prima puntura. Si è addormentata tra le mie braccia. Le ha fatto la seconda puntura. Non mi dimenticherò mai quel momento. 

Ora vivo in un mondo parallelo in cui torno a casa e non c’è la mia musona ad aspettarmi e scodinzolare pigramente perché sta troppo bene a dormire sul suo cuscino gigante.
Mangio e non ci sono i suoi occhioni a fissarmi.
Vado a dormire e non le do un bacio sulla fronte come al solito.
Sono frastornata, non so cosa stia succedendo, dov’è la mia cagnolona? Dov’è Wendy? Perché non è qui?
La mattina dopo la sua eutanasia sono scesa in sala alle cinque di mattina, dovevo vedere se c’era o se era stato un brutto sogno. Non c’era.

Non so cosa dire ragazzi, è tutto estremamente difficile ora.
Ho ricominciato a lavorare, di nuovo, ma mi sento una totale imbecille; mi sembra di non saper fare più niente, neanche gli scontrini.
Non so quanto durerà questo periodo di lutto, non so come gestirlo quindi lascio solo che passi il tempo.

Vi lascio una carrellata di foto che ho messo su instagram, l’ho definito “vita in reparto”, spero vi facciano in qualche modo sorridere.

Vi mando un abbraccio enorme, gigantesco, un abbraccio colossale, perché quando sono triste e quando ero in ospedale leggevo i vostri commenti e sorridevo.
Giuro che tornerò ad essere scema come una biglia su questo blog, mi serve solo ancora un po’ di tempo.