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30 cose che mi rendono felice…o che almeno non mi fanno incazzare.

Ho visto un post simile sul blog Serendipity ho voluto riproporlo qui! Cose che mi rendono felice, edizione spelacchiata:

1) Staccare lo scotch da un pacco trovando il punto giusto al primo colpo. Sono Dio

2) Trovare il bagno del locale vuoto, così posso scegliere con un’attenta analisi quale trono usare. Nuova serie HBO: il trono di merda.

3) Infilarti le ciabatte e centrarle senza dover strisciare i piedi un millimetro dopo l’altro. Roba da Olimpiadi.

4) Strappare la carta stagnola senza che si sbraghi alla fine. Senti in lontananza un angelo che applaude.

5) Svuotare le briciole dal tostapane pensando “sono proprio una persona adulta, ordinata e pulita.” Poi ci sono i piatti nel lavandino dal venerdì precedente e le balle di polvere che rotolano qua e là.

6) Entrare in cucina proprio mentre squilla il timer del forno.

7) Entrare in doccia e trovare l’acqua già calda.

8) Prendere al volo qualcosa che stava cadendo. E guardarti intorno per vedere se qualcuno ha visto il tuo momento da supereroe.

9) Aprire un barattolo ostinato senza aiuto. “Non ho bisogno di nessuno”, sussurri al tappo.

10) Centrare un bidone da lontano.

11) Far cadere il telefono sul letto e non a terra. Dio esiste, ed è un materasso Ikea.

12) Strappare un cerotto di colpo riducendo l’agonia.

13) La penna nuova che scrive subito senza che tu debba forare il foglio a furia di grattare. A quel punto vuoi scrivere la Divina Commedia per intero.

14) Girarti nella coperta senza fare un casino: di solito a ogni giro ti scopri i piedi, la capoccia, le braccia, le chiappe. Alla fine sei nudo, non si sa come, a casa di tua madre.

15) Digitare tutti i tasti giusti mentre scrivi una mail al pc.

16) Indovinare una parola del cruciverba con una sola lettera.

17) Staccare un’etichetta senza che rimangano residui di colla. Un momento di pace interiore mai più replicabile.

18) Beccare il semaforo verde due volte di fila.

19) Infilare il filo nell’ago al primo colpo. Poi lo appoggi e non cuci niente.

20) Cercare una cosa in borsa, non trovarla, avere un attacco di panico e solo allora trovarla. Un sollievo impossibile da descrivere.

21) Cercare una cosa in borsa e trovarla prima di avere un attacco di panico.

22) Prendere un carrello della spesa silenzioso. E spingere fiero come un re, finché non ti rendi conto che hai preso quello rotto davanti.

23) Pensare di aver perso il cellulare e poi rendersi conto che ce l’hai in mano.

24) Staccare la pellicola del budino tutta intera. E leccarla senza dignità.

25) Stappare una bottiglia di vino e non far finire il tappo in ammollo nel vino. Chiamatemi Bacca.

26) Acchiappare un insetto e buttarlo fuori: perchè io non ti uccido, ma col cazzo che vivi con me.

27) Scrollare un flacone e sentirlo piena. Lì capisci che la felicità è nelle piccole cose. E nei solventi.

28) Trovare un biscotto extra nel pacco. Subito diffidi: chi l’ha messo? Cosa vuole in cambio? Poi lo ingolli.

29) Lavarsi i denti senza mai far cadere il dentifricio nel lavandino.

30) Camminare a tempo con la tua canzone preferita e sentirti protagonista del videoclip.

31) Vincere una discussione con calma e pacatezza. O comunque prima di arrivare alle mani o agli oggetti contundenti.

32) Far cadere la pizza o una fetta di pane e marmellata dal lato giusto. Non succede mai, quindi non so davvero cosa si provi.

33) Aprire il pacco di pasta pregustando la cena, gioia infinita. Peró poi dimenticare di salare l’acqua.

34) Premere l’interruttore della luce esatto.

35) Chiudere il frigo con una spinta di anca. Gioia che si interrompe quando cade una calamita portata da tua sorella quando era stata su Marte nel ’93.

Continuate voi questa lista spelacchiata con cose che vi rendono felici! Cose serie, cose sceme, non c’è limite al peggio!

Hasta la pastaaaa

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Sfoghi di una persona epilettica: dietro a “sto bene”

“Tranquilli: sto bene.”
Lo dico spesso. Lo dico anche quando non è vero.
Lo dico soprattutto quando non è vero.

Vivere con una disabilità invisibile è una grande, costante rottura di palle.
Non c’è niente di poetico, niente di istruttivo. Non si impara un cazzo, però dopo un po’ sai distinguere un’aura da crisi da quella di un’emicrania. Se c’è una tempesta elettromagnetica hai più crisi. Superpoteri forniti in dotazione.

Diventi più forte? Non credo. Però hai le occhiaie.

Se rido: “Ma dai, allora stai bene!
Se piango: “Dai su, devi reagire.
Se parlo: “È che vuoi attenzioni.”
Se sto zitta: “Poverina, non ha superato il trauma.

A un certo punto non sai più nemmeno tu chi sei.
Una persona malata? Una persona che finge? Una che esagera?
Una guerriera, una debole, una noiosa, un errore di valutazione? Meriti davvero l’invalidità? A lavoro sei la mascotte o sei utile? Dov’è il tuo valore, come si calcola?

Hai una crisi — ma niente convulsioni, quindi niente spettacolo.
Allora non è grave. Allora “pensa a chi sta peggio, tu sei già fortunata.”.
Allora devi distrarti.
Ma se ti distrai, stavi esagerando.
Se non ti distrai, sei troppo fragile.

Se stai in silenzio sei strana.
Se parli troppo sei pesante.

Ogni gesto è una performance sbagliata, ogni risposta è fuori tono.
Ti adatti? Sei un esempio.
Cedi? Sei un peso.

E allora impari a dire la frase magica:
“Tranquilli, sto bene.”
Così tutti possono proseguire la loro vita, traumatica sotto altri punti di vista.

Alla fine non sei mai la versione giusta di te stessa.
Cerchi di essere quella che infastidisce meno.

*
Non vi preoccupate, Spelacchiati, sto bene. Più o meno.
Sono giornate intense per il mio cervello, e mi sembra giusto mettervi al corrente dell’altra faccia della medaglia; sempre spelacchiata, ma non divertente.
I post scemi torneranno presto, appena la mia corteccia cerebrale si sarà stabilizzata.

Voi ragazzi come state? Cosa pensate davvero quando dite “sto bene”?

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Ciance sparse: sono sotto assedio.

Trigger warning: presenza di creature demoniache munite di zampette e ali.

Sono sotto attacco.
Avete presente Pearl Harbor? Ecco.
Non è un’esercitazione, ripeto, non è un’esercitazione.
Houston, abbiamo un problema.
Ho finito le citazioni.

L’altro giorno ero a casa del Batterino, il mio compagno, e la scena è stata questa:
Ci appropinquiamo alla cucina per prenderci da bere e io noto un bislacco esserino appoggiato sul bancone, come se stesse aspettando un cocktail. Marrone, con le ali, delle movenze un po’ sghimbesce… insomma sì un mostro.

“Aspetta, prima di procedere col Defenestrazione di Praga fammi fare una foto! Non ho mai visto un insetto così!” esclamo sentendomi già pronta ad accudirlo e volergli bene come un figlio, avevo già in mente di fargli una stanza decorata con stencil di larve sul muro.

Quindi acciuffiamo il fuggiasco, lo scortiamo educatamente al balcone e io agguanto il cellulare tranquilla come una Pasqua; cerco un po’ e faccio la tremenda scoperta.

Mi si è gelato il sangue, è ancora in microonde a scaldarsi.
Era un’Idra a centocinquanta teste? No. Peggio.
Era un basilisco come quello di Harry Potter? Ma magari.
“Batterino” esalo con un filo di voce mentre l’anima abbandona il mio corpo.
“Cos’ho fatto stavolta?” ha chiesto lui già sulla difensiva, pronto a schivare una ciabattata.
Io ho solo scosso la testa e ho mormorato il nome della putrida creatura.
“Cosa?”
Ho alzato gli occhi e l’ho guardato senza vedere nulla “Blatta.”
“Eh?”
Blattaaaa ho detto che era una blatta! mi ha toccataaaaa prendi un coltello staccami immediatamente la falange, la mano, il braccio! dammi il frullatore, mi devo frullare un arto!”

Ho cominciato a cercare freneticamente cose fondamentali su internet: “le blatte possono infestare un corpo umano?” “Come abbandonare tutto e farsi una nuova vita in Nuova Zelanda” “se ho trovato una blatta quanto rischio di morire da uno a dieci?”.

Ora, la mia domanda è solo una: come si da fuoco a un appartamento?
Lo cospargo di benzina e lancio un fiammifero?
Uso la dinamite?
Dirotto un velivolo contro la finestra?
Mi immolo in una pira, portando con me tutte le oscure presenze zampettanti?

Io posso capire il cavernoma al cervello, posso convivere con l’epilessia, posso accettare i farmaci giornalieri ma… con una blatta sul bancone no. Non sono forte fino a questo punto.

Ho cominciato a fare scoperte sempre più raccapriccianti, mi sembrava di essere in un film horror: ho appreso che possono infilarsi in fessure minuscole, questo significa pure nei cassetti delle posate. Delle tovaglie. Della vita.
Leggo le malattie che portano. 
Leggo che possono vivere per settimane senza testa. Prima di tutto perché cazzo non abbiamo ancora studiato un modo per avere un po’ di dna di blatta? E poi cosa cazzo significa che vivono senza testa, ma di cosa stiamo parlando, siamo pazzi? Che mostruosità è, proviene direttamente dall’inferno!? In caso di attacco nucleare indovinate un po’ qual è l’unico essere vivente che sopravviverebbe senza manco avere un fremito delle antenne? esatto, le blatte! ma cosa sono, ma perchè sono, com’è possibile che esistano esseri così indistruttibili? persino berlusconi a un certo punto si è dovuto piegare alle leggi naturali, loro no! loro non si piegano, loro le creano le leggi dell’universo!

Poi penso a tutte le volte in cui ho cenato dal Batterino, a tutte le volte in cui ho usato gli utensili (per fortuna poche, mica so cucinare), e per poco non schiatto lì secca secca sul pavimento.

E poi un altro pensiero mi attraversa: e il Batterino? Cosa faccio con lui? Lo disinfetto? Avrà toccato una blatta? E’ contagioso? Lo abbatto per porre fine alle sue sofferenze prima ancora che inizino? 

Lo lascio, non vedo alternative. 

Lui intanto cercava di mantenere calma e sangue freddo ma col cazzo che mantengo calma e sangue freddo, mica sono Luca Dirisio. Qua c’è blatta e sangue freddo.
Ho cominciato a spruzzare all’impazzata ventidue prodotti diversi, incluso il mio termoprotettore dei capelli e la schiuma da barba del Batterino.

Ora non dormo da notti e notti. Passo le ore costruendo barricate, sigillando cassetti, svuotando il frigo e poi rimettendo le cose a posto senza alcuna ragione logica. Ogni scricchiolio potrebbe essere una zampetta, ogni sogno finisce con me e una blatta a cena insieme: il signor Blatta in smoking a raccontarmi con accento veneto di come una volta abbia vissuto per un mese nella casa di George Clooney nascosto sotto al mobile della sala. 

Ah, ovviamente il Batterino è stato subito rinominato Blatterino. 

Ora se penso all’inferno me lo immagino popolato da blatte, ma penso che anche Satana avrebbe paura di loro per questo sono immortali. Non le vuole manco lui laggiù.

E niente ragazzi, questa è la situazione. 

Ora mi sono finalmente data una calmata, ho addirittura dormito mezz’ora ieri notte, e vedremo come risolvere questo problema.

Che poi stavo pensando… Infestante, orrido, pieno di malattie: non è che la blatta sono io?

Spelacchiati miei questa volta non vi chiedo consigli perché voglio sperare che nessuno di voi abbia avuto un problema simile. Al massimo potete farmi una donazione, perché a breve non avrò più una dimora. 
Però vi chiedo: quali sono le vostre blatte, ovvero cose che vi hanno traumatizzati o che vi spaventano? Clown? Ragni? Zucchine alla parmigiana, che digerisci dopo circa tre mesi?

Hasta la pastaaaaa!

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Ciance sparse: qualcuno mi spieghi cos’è uno skibidipoppi o chiami un esorcista.

Ragazzi, fermi tutti, sono traumatizzata. Inizio in medias res questo post, come le persone serie.
Ho provato a usare Tiktok. O meglio, a imparare ad usarlo.
Mi sono detta “dai Sara, sei ancora vagamente giovane, hai un blog, forse dovresti avere una vita social ogni tanto.
É da tre giorni che sono seduta in un angolo della mia stanza a dondolarmi avanti e indietro tenendomi le ginocchia mentre fisso il vuoto.

Volevo fare un’oculata analisi di mercato, capire i meccanismi che si celano dietro gli algoritmi, avevo addirittura indossato gli occhiali per sembrare più intelligente al mio telefono… Poi ho aperto i tiktok.
Che cazzo significa “skibidipoppi”?! perchè la gente lo urla dopo aver fatto cose strane per poi gridare “forza napoliiiii”?!
Cosa sono le strawberry nails!?!
Perchè vedo gente mettersi dello scotch in faccia tipo maschera di hannibal lecter promettendo che questo scolpirà i loro connotati come se fosse passato Michelangelo buonarroti?

Ma non è solo questo. Io li vedo, nella vita vera. 
Maledetto chiunque abbia inventato i brainrot, che io ancora non capisco cosa siano e perché sono.
Vogliamo spingere i bambini all’uso precoce di droghe? Capisco, però c’erano metodi meno fastidiosi credo.
Frappuccina trottolina? Schiribizzo ballerino? E perché non c’è coglioncello imbecillino?

Ma non è finita qui. Io scorrevo video a caso e c’erano persone che si passavano patate crude sulla faccia dicendo di star facendo skincare, ragazzi che, dopo aver creato un’aspettativa che manco per l’uscita dell’ultimo film del Signore Degli Anelli, aprivano pacchi vuoti, altri che indossano fieramente le scarpe senza calzini, gente che ammiccava alla telecamera mentre in sottofondo c’era una tizia che con accento spagnoleggiante dice “dame un grrrr! Un che? un grrrr”… 

Ma guarda, se vuoi ti dò il numero della neuropsichiatria, piuttosto.

Non so regà, qualcuno mi illumini d’immenso: cosa non riesco a cogliere di tutto questo? Qual è il fascino intrinseco che mi sfugge?
E poi questo nuovo linguaggio. Questi fonemi che usano i ragazzi di oggi
Io mi reputo una persona mediamente scolarizzata ma a volte dò ripetizioni ai marmocchi e loro mi sciorinano parole mai sentite prima.
Cosa diamine significa “rizz”? Cos’è, il suono che fa un’ape sotto acidi?
No cap”? Eh? Ma sei deficiente?  A quanto pare vuol dire “lo giuro”. ma allora dì lo giuro, no!?
E “delulu”? Cos’è, una tribù africana? No, significa “delusional”, cioè che ti stai illudendo tu di qualcosa che non succede davvero. Ma cosa cazzo significa?

Boh io chiedo l’aiuto da casa, ma non del pubblico: di un esorcista. Qualcuno vada da queste genti agitandogli un dizionario della Crusca davanti: cominceranno a dimenarsi e sbavare. 

A un certo punto, imperterrita e testarda come un’iguanodonte del deserto, mi sono detta “dai Sara, prova a usare queste nuove conoscenze.
E allora sono andata da uno dei miei marmocchi e gli ho detto “Yo, bro, questa roba è slay, no cap.” E per non far mancare niente l’ho guardato e ho aggiunto “Grrrrr!”
Mi ha fissata come se fossi un escremento di cane sul marciapiede.
Non contenta ho cercato “gyatt” su Google.
Ho letto.
Ho chiuso il computer.
Mi sono arrotolata in un plaid di lana nonostante i centosette gradi.
Ho pianto.

Alla fine ragazzi sono giunta alla triste verità: sono diventata quello che odiavo.

Sono passata da persona cretina ad adulta, una trasformazione che pensavo non sarebbe mai avvenuta.

Ormai ho trent’anni, il mio ruolo sociale non è stare al passo coi tempi ma mettermi in un bar, nella penombra, con un bianchino costantemente in mano e parlare di come si stava meglio quando si stava su MSN e si mandavano i trilli col suono della chitarra elettrica, o quando pagavi per avere Virgola Il Gattino come suoneria del cellulare. Quando abbreviavi le parole non perché eri decerebrato ma per pagare meno i messaggi che se no sarebbero stati divisi in due. 
Sono entrata in quella fase della vita.
Quella in cui vengo chiamata “signora” dai ragazzini e poi attacco loro i pipponi su quanto siano fortunati ad essere giovini ed avere il mondo in mano. Dico cose come “il mondo è la tua ostrica”. 

Spero che qualcuno di loro prima o poi mi schiaffeggi.
Sono diventata quello che odiavo.
Scusate, persone che ho detestato o compatito: ora vi capisco. Faccio parte del club anche io, noi che i giovini non li capiamo ma un po’ li schifiamo e un po’… li invidiamo.


Dai, vi prego, raccontatemi qual è stato il momento esatto in cui vi siete accorti che non capivate più niente dei giovani.
Anche voi siete stati travolti da uno slang assurdo, avete temuto di essere boomer a 28 anni, o avete detto “yo bro” a un bambino e lui vi ha guardato come se foste un sacco della differenziata?
Raccontatemelo nei commenti. Così piangiamo insieme. Con i fazzoletti di stoffa, da anziani.

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Ciance sparse: Scarpe a forma di trota e altre idee discutibili per la mia migliore amica.

ALLORA SPELACCHIATI ALLARME ROSSO, TUTTI IN COPERTA, NON SO QUALE COPERTA PRENDETE LA PRIMA TRAPUNTA CHE VI CAPITI, ALLARME ROSSO, GIALLO, VIOLA, NON SO AIUTOOOO

Cosa sta accadendo? Accade che la persona che sta scrivendo questo post è deficiente, ma non deficiente normale, deficiente deficiente, come i personaggi dei film horror che sentono un rumore e vanno uno alla volta a controllare nel seminterrato cosa sia stato.
MA COSA VUOI CHE SIA STATO, STANNO PER FARTI A BRANDELLI, CRETINO!

Respiro, scusate.
Domani è il compleanno della mia migliore amica, e io non ho il regalo.
Zero.
Nada.
Nadal.

La situazione è questa da quasi due settimane ormai: centoventotto schede aperte sul pc, pagine su pagine aperte: alcune con vestiti, altre con scarpe, per non parlare di videogames, profumi, trucchi, un cero da chiesa con sopra Jared Leto, gli insulti da colorare, una maglietta autografata da DiCaprio, una capra tibetana da compagnia, un formicaio verticale… Tutto. Ho pensato di tutto.

“Troppo caro” “Troppo banale” “Troppo impersonale” “Troppo troppo” 

E sto andando avanti così da giorni e giorni pensando baldanzosamente tra me e me “massì, ho tempo per schiarirmi le idee” 

NO NON E’ VERO IL TEMPO NON C’E’ NON ESISTE E’ UN’ILLUSIONEEE! TRA MENO DI VENTIQUATTR’ORE SARò A CASA SUA A MANI VUOTE COME UN INVERTEBRATOOOO! SONO UN GAMBERETTO SENZA SPINA DORSALEEEE

Le prendo un asino del Guatemala? Un’iguana barbuta? Una gift card da qualunque parte basta che gifti
Boh.
Chissà.
Chi può dirlo.
Assistere a una mia crisi non è già un regalo abbastanza importante? Mi sa di no, considerando che succede una volta al mese da dieci anni a questa parte.

Delle scarpe a forma di trota? Secondo me sarebbero carine.🐟
Un calendario di sexy polli? Solo galli. Sexy. Io lo vorrei.
Un DVD rimasterizzato con l’etichetta “i tuoi momenti migliori!” ma in realtà appare soltanto una gallina che scivola sul ghiaccio in loop per un’ora? 🐔
Un ramarro autografato? (Da me, sulla coda?)

Come biglietto domani le porto uno screen del mio conto in banca con sotto scritto “ecco perché non hai ancora un regalo. Ti voglio poveramente bene.
Cosa le porterò domani quando arriverò a casa sua per cena?
Me stessa impacchettata? Un regalo raccapricciante.
Un guanto con cui schiaffeggiarmi? Possibile.
Una platessa. Morta. Che mi rappresenti: viscida, inutile e fuori contesto.

Oppure arrivo lì e comincio a contare. Alla fine le dico “Scusa, è il pensiero che conta. Io sono il pensiero. E sto contando.”

Se avete dei consigli spelacchiati ragazzi vi mando una platessa a casa. 

Voi come ve la cavate con i regali? Li prendete con mille anni di anticipo? Arrivate all’ultimo? Date buca perché non avete preso niente? Narratemi aneddoti su doni finiti male (o bene, così mi torna un po’ di speranza).

Hasta la pastaaaaa, vado a capire se posso ordinare un capibara da combattimento con consegna super veloce.

(Ps: immagini create dall’AI con medio-basso livello di impegno: bocciate o promosse?)

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Ciance sparse: Decespugliamento estivo: diario tragicomico di una pelosa in piscina

Avete presente quando c’è un bambino piccolo e tutti cominciano a chiedere “oooh va che begli occhi, da chi li ha presi? Dalla mamma o dal papà?”

Allora, prima di tutto ti calmi perché è una domanda raccapricciante che mi fa pensare a ‘sto infante che colleziona bulbi oculari e ci gioca palleggiando, ma poi chettenefrega? Ha due occhi? Ci vede bene? A posto.

Nel mio caso specifico invece posso dire di aver ereditato solo una cosa, e no, non è la bellezza magnetica o l’intelligenza sopraffina…

Sono i peli.
Ho i peli di mio padre.

Il mio bisnonno era un grizzly. Non in senso metaforico, era proprio un orso, un quadrupede del parco nazionale, un mammifero che andava a pesca con le zampe nei torrenti.
E io ho ereditato questa folta peluria che mi sovrasta, ho peli lunghi come capelli, capelli lunghi come peli, a volte inciampo mentre cammino perché mi attorciglio nei peli delle ascelle.

Tutto questo preambolo per dire cosa?

Che domani devo andare in piscina, dunque sono armata fino ai denti da sei ore circa: un rasoio tra i denti, uno in mano, un altro in mezzo alle dita dei piedi, e sto cercando di decespugliare il decespugliabile.

Credo mi serva un tagliaerba, di quelli che usano per i campi da golf.
Mi sono anche tagliuzzata tutta, ho pezzettini di carta igienica attaccati qua e là per tamponare le ferite.

Andare in piscina…ma che stolta idea è mai questa. Pazzia totale proprio.

Perché diciamocelo, la piscina è il male assoluto.
Io l’Inferno me lo immagino esattamente come una piscina d’estate: bambini urlanti dappertutto, marmocchi che fanno i tuffi mentre tu ormai sei così abbrustolito che appena una goccia d’acqua ti tocca fa “sfffff” e sfrigoli come quando si mette dell’olio in padella, genitori che chiaramente ormai detestano i loro pargoli e li lasciano fare quello che vogliono urlando ogni tanto un “GIANGIACOMOOOO TI SPACCO LA FACCIAAAAA SCENDI DA Lì ENTRO TRE SECONDI! UNOOOOO… DUEEEEEE…. VIENI QUAAAAA TREEEEEEE!” e tu che al “tre” ti aspettavi si scatenasse l’inferno guardi ‘sta donna che conta e poi si ritrae sul suo asciugamano come se suo figlio non avesse appena scalato il tetto del bar per tuffarsi in acqua con un doppio salto carpiato, finendo sul cemento e probabilmente restandoci secco lì.

Poi ci sono loro: gli uomini che fumano. 
E basta.
Non è che fanno una nuotata, mangiano un gelato, e di tanto in tanto fumano una sigaretta. No, la loro attività primaria è fumare, poi capita che durante la giornata facciano delle piccole pause per fare altro.

Poi ci sono quelle ragazze bellissime, la cui unica occupazione nella vita chiaramente è essere bella. 
Non fanno altro. 
Non credo neanche sappiano parlare, io le guardo solo sorridere e il mondo sembra un posto migliore. 

Ma tu, maledetta figlia di madre influencer, come ti permetti di venire alla piscina comunale a due euro e mezzo per fare il bagno nel piscio, e farlo mentre hai quel ventre piatto, quella terza soda di tette, quel sedere che se fosse un po’ più alto e sodo di così farebbe il giro del tuo corpo in altezza? Un po’ più alto e te lo trovi dall’altra parte. Oplà, su una spalla. Un altro squat e olèpà, su una tetta. E niente, questa parentesi era solo per dire che comunque sono una vecchia bisbetica invidiosa.

Infine ci sono i fichi da spiaggia, ovvero i baldi giovani estremamente fighi che ogni tanto bazzicano in questi luoghi tra i comuni mortali. Sono come i pokémon leggendari, compaiono una volta ogni tanto in luoghi diversi: una volta alla piscina del centro, poi quando ti sei ormai dimenticata di loro appaiono alla piscina dell’università e così via finché pur di beccarli vai a fare un giro delle piscine di Roma. 

E invece in un angolino oscuro tra le siepi ci sono io, mimetizzata con l’ambiente circostante come un camaleonte: chiazze bianche di protezione solare qua e là perché non so sparpagliarmela decentemente, peli superstiti che sbucano in anfratti non meglio identificati -e va bene così, non identifichiamoli-, il gelato che mi si scioglie praticamente addosso fino a rendermi tutta appiccicosa e per di più… Non so nuotare.

Credo che nessuno sia sorpreso perché ormai mi conoscete, vi pare che io possa saper nuotare? Ma va. Al massimo annaspo. 

Non tocco? Bon, è finita, mi lascio andare aspettando di finire al Creatore. Nessuno nasce imparato e io è già tanto che sia nata.

E voi come state affrontando l’estate? Come me con più peli che forza d’animo o siete agguerriti e pronti ad abbronzarvi fino a raggiungere quella bella sfumatura color Carlo Conti? Raccontatemi tutto, anettodi,incubi, deliri da piscina. E soprattutto se anche voi avete zone da decespugliare non meglio identificate perché ho bisogno di validazione e sapere che va bene avere più peluria del mio cane, che è incrociato con un maremmano. 

Hasta la pastaaaaaaa

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Film Brutt: “E’ colpa mia?” sì, per averlo guardato.

Era da un po’ che non mi guardavo qualche film per adolescenti fastidiosi e abominevoli, urgeva rimediare quindi eccomi qua, immolata per voi! C’è da dire che già il titolo comunque lasciava presagire che ci fosse una colpa da espiare.

La protagonista è Noah -per l’amor di Dio è un nome maschile per quanto lei voglia dire che è unisex- la cui madre si risposa quindi devono trasferirsi a casa del nuovo patrigno.
Ora.
Casa… Cosa sarà, un normalissimo bilocale? Un appartamento al terzo piano di un palazzo fatiscente con vista discarica, come tutti noi? No, ovviamente no: lei va in una villa enorme con piscina, sauna, spa, palestra, chef personale, camerieri, macchine lussuose a sua disposizione, stanza arredata da un arredatore famoso, cabina armadio grande quando un quadrilocale pieno di vestiti nuovi… Non so a voi ma a me parte già il “vaffanculo”.

“Vaffanculo” che aumenta di intensità quando Noah comincia a lamentarsi di qualsiasi cosa perché “lei è una ragazza semplice”, capite? A lei fanno schifo la ricchezza e il lusso. Senti, decerebrata… ti metto le mani addosso.

Io ti picchio.

Comunque lei è tutta uno sbuffo e una scenata, non fa che dire cose imbecilli tipo “non sopporto tutta questa ricchezza, profuma di barboncino! In cucina non c’è neanche un sandwich!” oooohhh ma hai lo chef personaleeeee ti prepara un panino di carne umana se glielo chiedi, cosa cazzo vuoiiiii
Io quando ho fame mi rosicchio la crosta del formaggio, tu rompi il cazzo perché c’è di tutto tranne che un panino?! Qualcuno mi dia dei motivi per non menarla.

Il fratellastro, Nick, è ovviamente un coglioncello da quattro soldi. Un totale cretino, una scimmia glabra con il QI di una mosca morta, un essere insopportabile che meriterebbe solo unghie incarnite.

I due -mai incontrati prima, capite? I loro genitori si sono sposati ma loro non si sono mai visti…Molto credibile- iniziano a rompersi le balle a vicenda con insulti molto gravi, per esempio “hai sbattuto la testa quando eri piccolo?” e lui che la minaccia di aizzarle il cane da guardia contro.
Tra l’altro cane così ben addestrato che quando lui finalmente dice “Thor, seduto. il cane si sdraia.

Minchia.

Nemmeno la mia cagnotta, che non spicca di acume, conosce i comandi base.

Cambiamo scena, la famigliola deve andare ad una cena di gala su una nave e Noah, essendo una ribellina, indossa una maglietta dei Ramones (non ti permettere mai più di indossarla, ti smolecolo) a mò di vestito -quindi sì, le copre a malapena le ovaie- e durante la cena scassa ‘o cazz come se non ci fosse un domani. “Ci sono molti incendi boschivi, qui, che schifo.” 

Ma tu cosa cazzo ne sai degli incendi boschivi che per te “boschivo” è il nome di un cocktail.

Comunque lei è ovviamente odiosa, Noah rompe le palle a tutti, i genitori costringono Nick ad accompagnarla a casa ma durante il tragitto continuano a litigare e lei fa un’uscita infelice sul fatto che lui non conosca l’amore di una madre… Al che lui ferma la macchina e la costringe a scendere, per poi mollarla lì in mezzo al nulla.
Ma brutto encefalogramma piatto, sei una persona normale? Tu molli a piedi una diciassettenne su una strada desolata in una città che non conosce? Quanto puoi essere troglodita da uno a Nick?

E lei essendo un genio fa l’autostop. Segue proprio il manuale su come essere rapita e potenzialmente finire in obitorio. 

Arriva a ‘sta festa in cui ovviamente ci sono gang rivali -divise per colori, tipo Power Rangers- gente ubriaca mezza nuda, gente che si picchia, gente che si droga… E lei cosa fa? Prende un bicchiere a caso e beve. Secondo capitolo del manuale come finire ammazzata dopo atroci sofferenze; per fortuna Nick se ne accorge e purtroppo deve smettere di leccare una ragazza mezza nuda per andare a strappare a Noah il bicchiere di mano urlando “A quello piace drogare le ragazze alle feste!” e lei tutta sconvolta. In due non fanno un cervello.

Arriviamo ad un’altra pazza pazza serata: corse clandestine di auto, Nick pilota di punta.
Originale.
Aerton Senna in versione imbecille.

Ovviamente vince, anche se distratto dalla bellezza di Noah che intanto scopre che il suo ragazzo e la sua migliore amica hanno limonato duramente, quindi anche lei prende uno a caso e se lo slinguazza fino a che non arriva Nick che si incazza senza alcuna ragione e la “salva” -da cosa? boh, una lingua nell’esofago- quindi si baciano loro due per mandare una foto all’ormai ex di Noah.

Altra gara clandestina, Noah gareggia al posto di Nick, impegnato usare il suo gingillo, e ovviamente vince perché lei è una donna pazzeska che sa pure guidare, incredibile.

Poi ci sono ovviamente scene di altre feste pazze pazze pazzissime in cui scattano risse, si scopre che Nick partecipa a combattimenti clandestini come John Cena, tutti bevono come spugne, gang rivali che si odiano ma non fanno niente, e intanto ci sono cene di gala, la madre di lei pensa solo ai vestiti, il padre di lui dice solo frasi fatte, Nick e Noah slinguazzano, si strusciano… Insomma, uno schifo. Stanno insieme? Boh, non ho capito.

Ma poi passiamo alla parte clou, e io vi giuro ragazzi che dovete vedere gli ultimi dieci minuti di questo film, sono qualcosa di assurdo, di incomprensibile, non sapendo se ridere o piangere mi sono messa a pippare cocaina per la confusione.

Viene fuori infatti che il padre di lei era uno psicopatico violento che picchiava la moglie e la figlia ma era stato arrestato grazie alla testimonianza di Noah; ora il papy è uscito di galera e vuole vendicarsi, come i peggiori cattivoni dei film di mafia.

Quindi cosa fa, il malvagio? La rapisce per chiedere un riscatto da un milione di dollari -letteralmente-.

E ora ragazzi vi devo lasciare il video di questo capolavoro. Non ci sono parole per descrivere queste scene. E’ la cosa più imbecille del mondo, sembrano scene scritte da un piccione sotto LSD, ha la logica di un mouse usato come ferro da stiro, è sensata come i ragionamenti di chi in mezzo al traffico comincia a suonare il clacson pensando che le macchine davanti spariranno per magia.

Vi prego di guardare questo video e commentarlo come vi pare, più sarete cattivi più vi vorrò bene.

Gran finale: loro due vanno a letto insieme e subito dopo lui le dice ti amo.
“Te l’ha detto Jenny di dirlo in questo momento?”
“No, no… Beh me l’ha detto Lion.”

Ma cosa cazzo vuol direeeee ma perchèèèè ma ti devono anche suggerire quando dichiararti, ma non capiscoooooooo
L’unica cosa positiva di questo film è che si schiera apertamente contro la violenza: Noah è la prima protagonista trash che dice al bad boy di turno “io con te non ci sto perché ho già avuto una persona violenta nella mia vita. Addio.” Poi ovviamente lui la salva e tornano insieme, però smette di combattere. ‘Sto Rocky dei poveri. Anzi, dei ricchi.

E ora miei cari spelacchiati io mi metterò in vigilante attesa dei vostri commenti al film ma soprattutto al video, perché io non c’ho capito un cazzo. Fatemi sapere cosa ne pensate, ve ne prego enormemente.
Intanto vi auguro una buona serata, ci risentiremo presto su questi schermi spelacchiati!
Hasta la pastaaaaaaaaa

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Ritorni strampalati: Ciance sparse, visita dal chiropratico. Spoiler, 800 euro per saltellare su un gomito…non ho capito un ca.

Buonasera miei cari Spelacchiati e Spelacchiate, se ce n’è ancora qualcuno all’ascolto 💜

Oggi vi racconto della mia mistica esperienza dal chiropratico, ovvero quell’essere mitologico metà fisioterapista e metà persona pazza che incontri in stazione intenta a urlare contro un piccione.
Le percentuali potrebbero essere variabili.
Allora.

(Disclarimer: abbiate pazienza, ma io che sono iper razionale in ogni cosa faccio fatica a credere in medicina non tradizionale. E’ un mio limite, ne prendo atto, ne sono conscia.
Sono pronta a provare e ricredermi su ogni cosa, ma questo incontro del terzo tipo non ha aiutato il mio vile scetticismo cronico. Non ce l’ho con chiropratici, pratici, non pratici, chiri, non chiri e non escludo l’idea di riprovare in futuro.)

Io non sapevo bene cosa aspettarmi quando sono andata dal chiropratico per la prima seduta, mi aspettavo di scricchiolare come le scale di mia nonna quando ci poggi sopra un mignolo, mi aspettavo di essere stritolata da un boa costrictor versione umana, di fare CRICK CRACK come un grissino che si spezza quando tocchi qualunque tonno che non sia Riomare.

Mi ci sono recata spinta dalla speranza di trovare sollievo per dei dolori cronici alla spalla destra, visto che sono millenni che vado a fare fisioterapia due volte al mese ma mi ritrovo comunque rannicchiata in un angolo a imprecare senza sosta per il dolore. E sempre più povera, tipo sul lastrico. Una scena deprecabile, credetemi. Divento anche di umore mesto e mefitico, avere a che fare con me quando ho male alla spalla credo sia un’esperienza mistica molto simile all’incontrare Satana. O Netanyahu.

Entro nello studio, mi accoglie con un sorriso rassicurante e uno sguardo da “tra poco ti allineo pure le reincarnazioni passate, ti sistemo pure le colpe karmike dei tuoi antenati”.
Comincia il check-up: “Metti la mano destra sulla gamba sinistra, ora alza il braccio sinistro, adesso la gamba destra, il piede sinistro, saltella su un gomito e portami un caffè. Ora spingi in su con il piede, intanto mano destra sullo sterno mentre con l’indice sinistro ti gratti il mento e con il medio- no, non fare quel gesto, mettilo sul gomito. L’altro gomito, così ti dislochi un’articolazione, cretina.”
Io obbedisco, anche se a metà visita ho iniziato a chiedermi che cosa stracazzo stessi facendo io, donna di trent’anni, a fare movimenti apparentemente inutili mentre lui mi parlava di flussi di forza ed energia. Cioè, in base a dove io mettessi gli arti sarebbe cambiato il mio flusso energetico e di conseguenza la mia forza muscolare.
… Meglio che no comment, perché, se comment, brutto comment.

E questa è stata la visita, signori e signore. Il tutto si è concluso con lui che dava del pazzo al mio neurochirurgo, mi ha detto che sono un po’ sghimbescia, mi ha prescritto delle RX e ha decretato che tutti i miei problemi partono dalla dura madre.

A parte che dura madre sarà tua madre, signor Chiropratico.

Ha promesso di rimettermi come nuova in sole dieci sedute. E guarda che fortuna, lui “vende” pacchetti di dieci sedute al modico prezzo di 800 euro, ma se le pago tutte in anticipo mi fa lo sconto del 10%.
… Mi sto sforzando molto di non essere maleducata, Spelacchiati, perché hanno eletto da poco il Papa e non voglio partire con il piede sbagliato.
Infine mi ha fatto un discorso su quanto sia importante allenare i due emisferi del cervello, soprattutto per me, e come si può fare secondo voi? Ascoltando musica jazz dall’orecchio sinistro e goth metal dal destro. Giuro. Se non era goth metal era tekno punk.

“Mi sembri un po’ scettica, devi credere in questo tipo di medicina se vuoi che faccia effetto.”
Ma scusami, quindi se io non credo negli antiepilettici posso evitare di prenderli? Funziona come per le fate? Se ci credi bene, se non ci credi muoiono?
Secondo me non è proprio così ma se vuole proviamo, io stasera non prendo i miei farmaci: scommetto ottocento euro che mi trova a terra con le convulsioni e la bava alla bocca come la bambina di L’Esorcista.

Sinceramente, mi sento un po’ presa per il… coccige.

E voi miei cari Spelacchiati come state?
Beh regà, mi sembra di essere tornata un po’ alla grande con le mie incredibili avventure. Ma vi prego, vi supplico, ditemi: c’è un chiropratico tra voi? Avete mai fatto sedute di questo tipo? Ma soprattutto, FUNZIONA?! Avete mai fatto visite per le quali inizialmente eravate scettici e poi vi siete ricreduti su tutta la linea? E soprattutto, che faccio, spendo ‘sti 800 euro e non mangio per tre settimane o vedo di spenderli in fisioterapia e borse in finta pelle che mi danno più soddisfazione del sentirmi insultare la dura madre?

Detto ciò ragazzi vi saluto, e se c’è ancora qualcuno disposto a leggere degli scleri ho qualche post pronto da pubblicare nei prossimi giorni. Mi piacerebbe tornare finalmente con costanza 💜
Hasta la pastaaaaaaaa

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Ciance sparse: Deliri di una recruiter pazza e senza esperienza.

Caro amico mio,

Ti scrivo perché ho bisogno di un testimone. Non oculare e non di nozze. Qualcuno che possa dire, quando inevitabilmente verrò ricoverata o assunta come soggetto di studio in un esperimento sulla follia umana, che ero abbastanza normale prima di iniziare questo lavoro.

Sì, perché ora sono una recruiter. Io. Recruiter. Cioè capisci? Io recruito la gente. Che cazzo vuol dire? Non ne ho idea. Pensavo fosse una frase che, se pronunciata al contrario tre volte al contrario stando davanti a uno specchio con una candela in mano con sufficiente convinzione, potesse aprire portali dimensionali verso universi paralleli in cui i petauri dello zucchero governano il mondo e gli stipendi sono decenti. Ma ahimè non è così. Mi tocca andare a lavorare tutti i giorni con uno stipendio piuttosto miserabile, con tre settimane di ferie all’anno e una crescente sensazione di morte nel cuore.

Immaginati la scena: primo giorno di lavoro, io entro baldanzosa (ovvero in preda al panico più totale) e con l’eleganza di un pinguino mentre cade sul ghiaccio, convinta che “sì dai, cosa sarà mai trovare persone per un lavoro? Basta leggere un CV e fare due domande, no?”. NO. SBAGLIATO. PRIMA BUGIA. IL COLLASSO DELLA REALTÀ.

Perché nel meraviglioso mondo del reclutamento, niente è come sembra. Alle domande piace cambiare, come alle scale di Hogwarts.

Ho ascoltato gli altri fare domande per giorni. Domande a chi entra, domande a chi esce, domande al telefono, domande ai colloqui di persona… Tutte diverse. Ognuno chiede cose diverse. Mi hanno detto che col tempo troverò il mio stile, e beh, penso che il mio stile sarà più o meno questo:

💬 “Se potesse reincarnarsi in un utensile da cucina, quale sceglierebbe e perché?”

 💬 “Mi elenchi i suoi difetti, ma in ordine alfabetico.” 

💬 “Se il suo capo fosse un dinosauro, quale specie sarebbe e come lo convincerebbe a darle un aumento?” 

💬 “Mi esplichi il suo stile lavorativo attraverso pittogrammi rupestri.”

Ora, potresti pensare: “Ma che azienda è questa?” Una normale. Sono io che sto facendo casino. 

Perché, capiamoci, io non so nulla di questo lavoro. ZERO. Io sono entrata credendo che il muletto fosse un piccolo asinello su cui i magazzinieri saltano e lo lanciano al galoppo per trasportare le merci qua e là.

Mi chiedono se so cosa sia un report e io penso alla trasmissione. I software alfanumerici? Gli ATS? Per me “ATS” è l’imprecazione che dico quando inciampo.

Ma il meglio arriva con i candidati.

📄 “Ci mandi il CV in formato cartolina natalizia musicale.” 

📄 “Allora, mi parli un po’ di lei. Come si chiama, dove vive, che squadra tifa… Sa giocare a scacchi? Vorrei ricominciare ma non ho nessuno con cui allenarmi.”

📄 “Va bene, allora mi racconti un po’ delle sue esperienze ma non troppo, ho ancora i neuroni addormentati.”

📄 “Bene, bene… Allora, lei si vede più come un leader o come una fotocopiatrice umana? Io mi sento un po’ un fermacarte, ora che ci penso, se può esserle d’aiuto.”

📄 “Ora mi racconti un po’ di un suo fallimento, e se riesce a farlo in rima darò dieci punti a Grifondoro.”

📄 “Preferisce i cani o i gatti? Non è rilevante per l’azienda ma solo per me, per giudicarla come persona.”

📄 “Sa usare Linkedin? Perfetto, perché io no: mi spiega come funziona?”

📄 “Se il suo capo anticipa la scadenza di domani a ieri, lei cosa fa?”

📄 “La posizione è per un ruolo d’ufficio, ma cerchiamo qualcuno che sappia guidare una nave da guerra. E che abbia fatto il marines.”

📄 “Sa usare Excel?”

“Sì, molto bene.”

“Capiamoci, con ‘molto bene’ intende come me che so scrivere nelle caselle di testo o come un hacker di Anonimous?”

“… Caselle di testo.”

“Capisco. Beh, dipendesse da me sarebbe assunto.”

📄 “Okay, ora le chiedo di mandarmi una mail e allegare il suo CV al suo CV.”

“… Come scusi?”

“Allegare il CV. Al suo CV.”

📄 “Facciamo un gioco, mio caro candidato. Per ottenere questo lavoro deve risolvere un enigma inventato adesso da me medesima. Allora: si sveglia in un ufficio vuoto. Davanti a lei c’è un telefono con un solo tasto e una cartelletta con scritto “non aprire”. Lei cosa fa?”

📄 “Sa cosa potrebbe servire? Una lettera di presentazione, scritta su pergamena e con penna d’oca, possibilmente usando sudore e fatica come inchiostro. Anche lacrime, ora che ci penso.”

📄 “Abbiamo quasi finito: mi può mandare il suo codice fiscale, la carta di identità, l’iban e la password del suo account Netflix?”

📄 “Lei è una persona puntuale? Se sì, mi spiega come diventarlo?”

📄 “Sa lavorare in team? Sì? Ah peccato, qua lavorerà da solo.”

📄 “Okay allora le chiedo cortesemente di mandarmi il suo CV in PDF. Anzi no, in Word. Possiamo fare in Powerpoint con le animazioni e la musica? Apprezzerei molto. Cerchi di essere accattivante e divertente.”

📄 “Scriva una lettera di presentazione in stile thriller psicologico.”

📄 “Mi può mandare il CV in formato cartolina natalizia musicale?”

📄 “Ci serve un candidato bravo con le lingue straniere. Mi può dire il suo livello di inglese, spagnolo e klingon?”

📄 “Se un collega le ruba il pranzo dal frigorifero aziendale, qual è la vendetta più creativa che ordisce ai suoi danni?”

📄 “Sì, sì, l’azienda ha un orario molto flessibile. Intendo che l’azienda ti detta l’orario cambiandolo quando vuole e tu ti fletti senza contestare.”

📄 “Mi servirebbe una foto, ma non di lei. Preferirei un cucciolo estremamente carino, ma stia attento: cani, gatti e animali domestici sono molto inflazionati. Mi sorprenda.”

E intanto i colleghi mi parlano di pitch, di pal, ti recall, di video conference about anything, di clienti pazzi, di ordini urgenti e io… Io li guardo. Ogni tanto annuisco. Faccio un piccolo cenno, come per dire “ma certo ho capito tutto, ci penso io” quando la verità è che non ho capito un cazzo e sto pensando alla cena.

Avrò tre settimane di ferie all’anno, questa cosa mi turba l’anima. Non che io sia mai andata da qualche parte negli ultimi quattro anni, ma l’idea di non poterlo fare mi strugge. E se io volessi farmi un coast to coast in America? E se volessi farmi tre mesi in Giappone per imparare l’arte del tè matcha? Niente, sogni infranti prima ancora di sognarli.

“Sara, mi sembri un po’ sclerata. Il tuo epilettologo ti darebbe una craniata, a vederti così. Sai che puoi sempre andartene, vero? Lo stress non fa bene al tuo piccolo cervello martoriato.”

“Ma ho appena cominciato, datemi tempo di carburare. O di morire. E poi… Il delirio mi diverte.

Vedere la faccia dei candidati quando chiedo “Come gestirebbe una rissa tra colleghi nel bagno aziendale?” non ha prezzo. Immaginarmi che da qualche parte ci sia qualcuno che sta davvero scrivendo una lettera di motivazione in stile Edgar Allan Poe solo per me mi scalda il cuore. E se non posso andarmene, almeno posso rendere questa esperienza un’esperienza mistica per tutti.

Quindi, caro amico mio, ti prego: se un giorno sparisco e trovi solo un biglietto con scritto ‘Colloquio finale, non tornerò’, sappi che è successo. Il reclutamento mi ha reclutata.

Ora vado, c’è un candidato che devo valutare in base alla sua capacità di sopravvivere a un attacco di gabbiani affamati. Ti aggiorno.

Con affetto,

La Recruiter Pazza e Senza Esperienza

*
Buonasera miei cari spelacchiati, dopo questa carrellata immane di stupidità che fluisce da me come se nulla fosse direi che passo la palla a voi: come state? Come procede la vostra vita lavorativa, sentimentale, vitale? Ragguagliatemi, che mi fate sempre tanta compagnia e mi date la forza e la voglia di continuare sparare cazzate e affrontare la vita senza fuggire innanzi a ogni minimo turbamento!
Hasta la pastaaaaaaa

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Ciance sparse: racconti di avventure epiche di insetti spericolati.

Il tutto nato da un incontro troppo ravvicinato con una cimice.

Immaginatevi questo bar, un posto semplice, carino, un po’ rozzo, in stile irish pub. Tutto in legno scuro: bancone, sgabelli, tavolini, sedie, panche… C’è pure un minuscolo camino in un angolo. 
All’inizio fuori c’era stata un’insegna luminosa, ma la proprietaria, una coccinella di una certa età, tarchiata e tostissima di nome Lady Puntini, aveva dovuto toglierla perché tutti i clienti -mosche, zanzare, falene e simili- finivano con l’incantarsi lì fuori e non entrare a consumare. 
Aveva dovuto togliere anche i distillatori per riempirsi da soli il bicchiere di gocce di sangue poichè un paio di zanzare e Rino “à Sanguisuga” -una zecca così tirchia che cerca di farsi offrire tutto da chiunque- era finito in collasso globulare, ovvero un globulo rosso di troppo gli era andato di traverso rischiando di stecchirlo.

Quella sera la porta si aprì e dai presenti si levarono urla di giubilio, applausi e fischi di approvazione: era entrato un signor cimice soprannominato Er Piuma, chiamato così perché era Er Più Matto: “E sono ancora quiii stronziii! Sopravvissuto anche stavoltaaaaa! Lady Puntini fammi una Puzza Colada!”.
“Allora, raccontaci! Cos’è successo?”
Er Piuma si appollaiò su uno sgabello e dopo un sorso del suo disgustoso drink cominciò a raccontare con aria solenne “Ero lì in bagno come mio solito, mi stavo sgranchendo le zampette camminando avanti e indietro sul muro. Tutto tranquillo, una giornata come tante. Poi a un certo punto entra lei, la più orrida creatura che io abbia mai visto. E’ la giovane umana della casa. Beh, giovane… Insomma, entra questa cosa disgustosa e si mette a lavarsi i capelli, io ero ancora lì a fare un po’ di camminata veloce per tenermi in forma. Solo che a un certo punto il vapore dell’acqua calda ha reso le pareti scivolose, e  io ho cominciato a perdere la presa! L’immonda creatura sotto di me stava per cominciare ad asciugarsi i capelli quando io ho sentito la zampetta anteriore slittare, poi l’altra. Dovevo prendere una decisione: rischiare di cadere nella vasca piena d’acqua e morire annegato oppure… Passare alla storia.
E io ho scelto la gloria.
Mi sono lasciato cadere di schiena nel vuoto. Mi sono girato a mezz’aria con una manovra da fuori di testa e poi ho iniziato una picchiata da paura, ero un F-16. ero una saetta, ero il peggior incubo di ogni umano. Giù in picchiata, nel vuoto per almeno quaranta centrimeti ragazzi, non scherzo, giuro su mia madre… Pace alla corazza sua. Traiettoria perfetta.
SBANG! Capelli ovunque, un urlo isterico, panico totale. Ho fatto il delirio, regà, er panico. Poi qualcosa di enorme mi ha colpito: una mano! Ho chiuso gli occhi un istante e quello dopo ero di nuovo in aria, fuori controllo! L’ala destra era in avaria, quella sinistra si era incastrata, stavo perdendo quota troppo rapidamente… Sapevo che era questione di un attimo prima dell’impatto! Allora mi sono preparato: ho chiuso le ali, mi sono raggomitolato su me stesso. La collisione con il pavimento è stata dura, durissima, quasi letale, ma sapevo di non avere tempo: l’umanoide avrebbe potuto spiaccicarmi con una scarpa da lì a un secondo quindi senza neanche guardarmi intorno ho cominciato a strisciare via, un millimetro alla volta, per chilometri, ero nella linea nemica! Sono sgusciato dietro al water e ho aspettato, pronto a esalare il mio ultimo puzzo… Ma il colpo non è arrivato. L’umana non mi stava dando la caccia, era scappata a gambe levate! Ma sapevo di non poter ancora considerarmi salvo, sarebbe potuta tornare con i rinforzi, con un’ammazza mosche o peggio ancora uno spray insetticida. Allora mi sono inerpicato sulla parete fino a raggiungere la finestra… E sono qua, stronzi!”

Un silenzio sconvolto accolse il racconto e venne interrotto soltanto dal fastidioso “fzz fzz” di Gloria Abbagliante, un’anziana falena sciroccata. Poverina… si era bruciata le antenne contro una lampada troppo calda quando era ancora giovane. Non era più tornata come prima. 
Saveria Briciola, un’anziana formica rossa annuì teatralmente “Io una volta sono rimasta intrappolata in una maglietta. 
So cosa significa l’oscurità. So cosa significa la disperazione. Le ho provate. Le ho vissute.
E so cosa significa essere scaraventati via cun un urlo alle sei di mattina e finire in una goccia di rugiada.”

Poi prese la parola Tony Rimbalzo, un grillo verde completamente matto in culo. Prendere il brevetto di salto gli aveva dato alla testa.
Cominciò a parlare con il suo accento bizzarro e strascicato, tipico dei grilli benestanti, e ammiccò ad un paio di giovani locuste sedute sul divanetto “Io me ne stavo lì, sul davanzale, con Celine Grillon, Jack lo Stridulo e Chirpez quando… l’ho vista. Io non volevo, giuro. Ma il richiamo del brivido era troppo forte, per uno spericolato come me… D’altronde la vita è una sola, va vissuta fino in fondo. Meglio morire rapidamente spiaccicato da una ciabatta che avvelenato lentamente col Vape… Beh insomma, ho visto quel piatto di insalata sul tavolo, ho visto l’umano che parlava distratto… e ho saltato. BOOM! A gambe tese, tutte e sei, sono atterrato dritto dritto in mezzo al pomodoro. Gli umani hanno urlato, una scena meravigliosa! Mi hanno lanciato contro delle posate, ho schivato tutto quanto, poi ho saltato di nuovo. Stavolta ho centrato un bicchiere, sono quasi affogato, poi io odio la Fanta…” le giovani locuste ridacchiano “allora ho cominciato a tossire all’impazzata mentre il bicchiere si rovesciava, sono atterrato sulla tovaglia, intorno a me ormai regnava il caos e ho pensato “è arrivato il mio momento, lo accetto.” Poi il colpo di scena: la nonna umana ha detto ‘Ma che schifo, buttatelo fuori! E non fate ‘ste scene per un insetto, eccheccazzo.’. Sono stato scaraventato in giardino. Ne è valsa la pena, ragazzi. Ne è valsa la pena.”

Un ragno nell’angolo stava fumando una pipa reggendola con una zampa mentre con le altre continuava a tessersi uno scialle; era Ruggero Ottomano, un grosso ragnone nero e peloso assuefatto alla nicotina e al tabacco. Aveva l’aria molto vecchia ma i suoi innumerevoli occhi erano vispi e lucenti, anche se una benda con un teschio sopra gli copriva uno dei tanti occhi. Anche una delle sue zampe era storta e malridotta.
“Hanno cercato di uccidermi tante, tante volte…” iniziò con voce bassa e tenebrosa.
Nino, un giovanissimo moscerino squilibrato con attacchi d’ansia e ipocondriaco, lo guardava con aria di venerazione “E’ vero che tu odi gli umani?
“Odiarli? L’odio è per i giovani, per gli incauti, per gli stolti… Io non odio. Io provo solo rancore e sete di vendetta.”
Un brivido percorse tutti quanti.
“Anni fa me ne stavo in una bella casa in campagna. Gli umani erano tranquilli, io vivevo una vita pacifica con loro, me ne stavo in un angolo dietro l’armadio e loro mi lasciavano stare lì. Ci tolleravamo vicendevolmente. Ogni tanto ci scambiavamo un cenno di saluto. Una notte però… Avevo fame. Volevo controllare se sotto al letto ci fosse una carcassa di qualche stupida mosca -non guardarmi così, Al Moschino, non siete la specie più brillante e lo sai anche tu- quindi ho cominciato a calarmi dal mio filo, un pochino alla volta, con grazia ed eleganza, ero il re dell’aria. Stavo per atterrare morbidamente sulla coperta quando lei mi ha visto e ha fatto un singulto: mi ha fissato per un istante lunghissimo, e io ho fissato lei. Dicono che se guardi a lungo nell’abisso, l’abisso guarderà te: è ciò che è successo. Non ho avuto tempo di spiegarle che volevo solo mangiarmi una mosca secca, ha cominciato a urlare come una pazza. Ho cercato di battere in ritirata, stavo risalendo rapidamente sul mio filo ma lei ha lanciato un cuscino: il filo si è spezzato. Sono atterrato sul suo cellulare. Ha urlato ancora di più. Sono rotolato giù dal letto, lei ha cercato di lanciarmi una ciabatta puzzolente ma mi ha mancato. Anche lei è sulla mia lista nera.”
Nino lo guardava con gli occhietti spalancati “E come pensi di vendicarti?”
“Renderò la loro vita un inferno. Lei sta cucinando? Corro vicino ai fornelli. E’ al telefono? Mi arrampico sulla gamba del tavolo. Sta per mettere il cellulare in carica? Sbuco da dietro al comodino. Prima o poi riuscirà ad ammazzarmi, ma solo con la morte considererò compiuta la mia vendetta.”

*

Insomma Spelacchiati miei, una cimice mi ha assalita mentre mi lavavo la capoccia, sono rimasta traumatizzata e questo è ciò che la mia mente malsana ha partorito. Mi sono divertita molto a scrivere questa cosa e penso potrei andare avanti per sempre a narrare aneddoti insettosi dal punto di vista degli insetti.
E voi come state? Come state vivendo l’arrivo della primavera, del caldino, delle belle giornate e di quelle creature immonde chiamate cimici?
Sara per il sociale: se trovate insetti vari abbiate la pietà di cercare di acchiapparli e buttarli fuori di casa. Non serve ammazzarli. Non fanno niente di male. Se dovessimo spiaccicare qualunque essere insulso e bruttino io sarei la prima della lista a finire a zampe all’aria, e gli insetti servono sicuramente più di me. Fate i bravi!
Hasta la pastaaaaaa