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Ciance sparse: novità mediche e addii difficili


Buonasera miei piccoli Spelacchiati, come state?
Come si suol dire “l’erba cattiva non muore mai” e di fatti io sono ancora qui.
Sono state altre giornate veramente difficili, per non dire impossibili.
Vi avviso, è un articolo scritto di getto, ci sono temi un po’ delicati, spero di non turbare nessuno.

Partiamo con le cose più facili di cui parlare, il che è tutto dire: come sta Anselmo?
Beh, Anselmo se la passa bene nel mio cervellino, è in un luogo piccolo e disabitato da neuroni quindi non ha vicini fastidiosi. Ho passato una settimana all’ospedale neurologico Carlo Besta a Milano perché prima di aprirmi vogliono capire bene cosa stia accadendo nella mia scatoletta cranica.
Secondo me non succede molto visto quanto io sia cretina, eppure qualcosa di stranoa accade.
Per chi non lo sapesse, tipo me prima di una settimana fa, le crisi epilettiche hanno due punti di origine: uno è fisico e l’altro è elettrico.
In genere sti due puntini di merda coincidono, nel mio caso ovviamente no perché sia mai rendermi qualcosa piu facile del necessario…

Dunque ora devono capire se possono operarmi, in quanto dovrebbero acciuffare Anselmo e sfrattarlo, rimuovere la parte intorno ad Anselmo che è rimasta lesionata ed è il punto di origine fisica delle crisi, e poi dovrebbero scavare nel mio cervellino fino a raggiungere l’altro punto che è più indietro e più in profondità. Sto stronzo.
Quindi non si sa se e come potrebbero operare, sicuramente l’intervento è di una complessità decisamente maggiore e i rischi.
Se invece si opta per togliermi solo Anselmo di dosso mi resterebbero le crisi epilettiche, che a quanto pare sono quasi sicuramente farmaco resistenti.
Insomma, tutto alla grande.

Ma la cosa peggiore è un’altra. Una cosa a cui non posso ancora credere, non può essere successo.
Mentre ero ricoverata il mio cane, la mia Wendy, una meravigliosa golden retriever di undici anni, è stata male; i miei genitori non mi hanno voluto dire quanto male per non agitarmi visto che ero legata ad un letto attaccata a dei macchinari.
Il giorno in cui sono tornata a casa ho capito che proprio quella notte era stata molto male, tanto da non reggersi in piedi, ed era ancora dalla veterinaria; saremmo dovuti andarla a prendere da lì a un paio d’ore, e il giorno dopo avrebbe dovuto fare una risonanza magnetica.
I miei genitori sono usciti per andare a prenderla, io mi sono fatta una doccia perché dopo una settimana in cui avevo elettrodi attaccati in testa e non potevo farmi il bagno mi sentivo come se avessi la rogna.
Dopo un po’ mi suona il telefono.
Mia mamma.
“Sara… Se vuoi venire a salutare Wendy ti vengo a prendere.”
Non ho mai perso il controllo come in quel momento, ho cominciato a piangere ed urlare, non era possibile, non stava succedendo, non in quel momento, non così.

Arrivo nella stanza della veterinaria. La mia Wendy è lì, alza la testa quando entriamo ma non è la mia Wendy… Ha le pupille dilatate, non si regge in piedi, non risponde agli stimoli. Credo mi abbia riconosciuta mentre mi avvicinavo tremante.
Non ho pianto mentre ero con lei, l’ho accarezzata, le ho dato un bacio, le ho detto tante cose belle. Volevo che fosse un momento tranquillo. Volevo che sapesse che ero lì.
La veterinaria ha chiesto se volessimo uscire ma non mi sarei mossa da li neanche sotto minaccia, quindi sono rimasta accanto alla mia Wendy mentre le faceva la prima puntura. Si è addormentata tra le mie braccia. Le ha fatto la seconda puntura. Non mi dimenticherò mai quel momento. 

Ora vivo in un mondo parallelo in cui torno a casa e non c’è la mia musona ad aspettarmi e scodinzolare pigramente perché sta troppo bene a dormire sul suo cuscino gigante.
Mangio e non ci sono i suoi occhioni a fissarmi.
Vado a dormire e non le do un bacio sulla fronte come al solito.
Sono frastornata, non so cosa stia succedendo, dov’è la mia cagnolona? Dov’è Wendy? Perché non è qui?
La mattina dopo la sua eutanasia sono scesa in sala alle cinque di mattina, dovevo vedere se c’era o se era stato un brutto sogno. Non c’era.

Non so cosa dire ragazzi, è tutto estremamente difficile ora.
Ho ricominciato a lavorare, di nuovo, ma mi sento una totale imbecille; mi sembra di non saper fare più niente, neanche gli scontrini.
Non so quanto durerà questo periodo di lutto, non so come gestirlo quindi lascio solo che passi il tempo.

Vi lascio una carrellata di foto che ho messo su instagram, l’ho definito “vita in reparto”, spero vi facciano in qualche modo sorridere.

Vi mando un abbraccio enorme, gigantesco, un abbraccio colossale, perché quando sono triste e quando ero in ospedale leggevo i vostri commenti e sorridevo.
Giuro che tornerò ad essere scema come una biglia su questo blog, mi serve solo ancora un po’ di tempo.

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Autore:

Simpatica come una piaga da decupito e fine come un babbuino che si gratta il sedere. Se vi va di scambiare quattro chiacchiere, mandarmi mail minatorie o proporre una bevuta insieme: pensierispelacchiati@gmail.com

15 pensieri riguardo “Ciance sparse: novità mediche e addii difficili

  1. Che dire… Intanto sono felice di leggerti ancora! E poi ho passato la stessa cosa con la mia Abby di 12 anni solo qualche settimana fa, per cui so benissimo come ti senti ed il vuoto che provi quando ti guardi in giro e non la vedi scodinzolare. Io ho un altro cane scemo, che ha deciso di iniziare a farmi il triplo delle feste ogni volta che mi vede o che torno a casa, il che mi fa ancora più effetto…
    Anselmo fallo sparire e fatti attaccare uno spinotto al punto elettrico così puoi ricaricare il telefono anziché avere le crisi epilettiche! 🤪
    Un abbraccio.

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  2. Ehi… ho pianto come una deficiente e che ci posso fare. Mi dispiace tanto per la tua Wendy, ho da soli tre mesi il mio piccolo gatto pigrone di due anni e non saprei cosa fare se gli capitasse qualcosa… posso immaginare come ti senti, spero con il tempo si affievolisca un po’ il vuoto che provi 😶 Spero riescano a mandare Anselmo a calci nel di dietro, perché basta, non se ne può più, questo soggiorno sta durando decisamente troppo.
    Spero davvero che tu stia meglio, fisicamente e mentalmente.
    Buona fortuna per tutto Sara. ♥️🌸

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    1. Non dirlo a me! Ancora ricordo la mia Tigra e i suoi miagolii come a dire “basta Gifter basta, portami via, fammi smettere di soffrire”. Adesso ce n’è un’altra che ha preso possesso della sua cesta (e del mio letto) ma nonostante ciò quel posto è sempre di Tigra. Pochi mesi o quattro anni cambia poco, quando li ami è così.

      E come si fa a non amarli, quando nella loro vita ti danno TUTTO?

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  3. Molto dispiaciuto per quanto ti stia succedendo. I miei migliori auguri di buona fortuna per la tua situazione medica e sull’altra storia cosa dire? Lo so bene cosa significa perdere un amico peloso -cane o gatto che sia- perché la sua condizione ti costringe a decidere di non farlo soffrire più.

    L’estate 2022 ho dovuto prendere la stessa decisione per l’unico amore femminile della mia vita. La gattina -ona- che mi ha visto cambiare da ragazzo irresponsabile e pieno di paure, all’uomo consapevole e (si spera) più attento che sono ora.

    Aveva 17 anni, sembrava con le proverbiali sette vite del gatto anche dopo esser finita per ben due volte sotto un’auto, anche dopo un primo e unico parto difficile in cui ha perso tutti i gattini ma per fortuna sono riuscito a salvare la sua vita… e mi è sempre stata accanto: quando sono stato tradito a oltranza dal mio ex, lei c’era. Quando ho scoperto che lo stesso ex mi aveva dato l’HIV e mi vedevo morto, lei era con me. Non mi ha lasciato mai e mi faceva le fusa le volte in cui ormai 10 anni fa mi ritenevo sporco, infetto, indegno di amare. Quando mi sentivo di non avere più un corpo e arrivavo anche a dieci giorni senza far la doccia, altro che la rogna… Eppure lei sempre a fianco; ora ci rido su e dico povera gatta, e povero virus… Che pene dell’inferno hanno patito per colpa mia tutti e due ma pur sapendo che era una informazione falsa, mi sentivo come “l’alone viola” degli spot anni 80 che hanno accompagnato la mia adolescenza.

    La mia gattona era saggia, ha compreso che quell’amico invadente sempre avanti indietro in casa mia non era uno stronzo ma davvero mi voleva bene, è stata con me quando lui è entrato nel mio letto fregandole il posto. Gelosa come pochi, di chi poi sarebbe diventato mio marito.

    Finché una sera accarezzandola mi rendo conto del suo addome gonfio. Mio marito “non sarà nulla, ha mangiato troppo” invece le si stava sviluppando un tumore che in poche settimane l’ha resa irriconoscibile. Una creaturina vulnerabile aveva preso il posto della mia cicciottona e miagolando per il dolore sembrava dirmi “Gifter fai qualcosa aiutami non lo sopporto più”.

    Egoisticamente dici no, non posso farlo, non posso decidere io. Resta ancora con me, ce la faremo…

    Poi arriva la consapevolezza razionale che amore è anche questo: rendersi conto di quando arriva il momento del saluto definitivo.

    Dopodiché? Arrivo a essere il solito Gifter testardo “io basta! Ho sofferto troppo! Basta gatti!”

    Certo, come no. Dal primo dicembre ne ho un’altra. Giornata mondiale anti-AIDS iniziata col botto.

    Un abbraccio e spero tu possa superare in un modo o nell’altro questo momentaccio. Piangi, sfogati senza vergognartene, prenditi il tuo tempo.

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